Politiche 2022, il decalogo contro la masso-‘ndrangheta: dai Tribunali distrettuali all’ora antimafia

I dieci impegni chiesti da Wikimafia a partiti ed aspiranti parlamentari per ridare centralità alla lotta alle mafie nella legislatura 2022-2027

Inasprimento delle pene per combattere il groviglio che unisce mafia, politica e imprenditoria, ma anche una più incisiva ed efficace “pulizia” dei partiti che parta dall’etica e vada oltre il penalmente rilevante emarginando chi “puzza” di mafia. Il coraggio di inserire in Costituzione il carattere antimafioso della Repubblica Italiana al fianco di quello antifascista. Non solo repressione ma pure tutela del diritto dell’informazione e soprattutto prevenzione con un’ora a settimana nelle scuole per studiare e approfondire il fenomeno mafioso. Sono alcuni dei dieci impegni chiesti dall’associazione Wikimafia a partiti e aspiranti parlamentari per la legislatura 2022-2027. Dieci semplicissime regole inserite nel dossier intitolato “La mafia ignorata”, una dettagliata analisi che conferma come la delicata tematica sia sparita da quasi tutti i programmi elettorali (LEGGI QUI). Il decalogo di Wikimafia è quindi un modo concreto per riportare il contrasto alle mafie al centro del dibattito politico per una maggiore diffusione della cultura antimafia scomparsa dall’agenda politica dell’ultimo governo e dagli argomenti trattati in questa campagna elettorale. Dieci impegni da sottoscrivere per ripartire e con i quali mettere all’angolo le principali organizzazioni criminali che nel micidiale mix che combina pandemia, inflazione, guerra rischiano di diventare più ricche e potenti che mai.

Regola 1: colpire i “colletti bianchi”

Regola 1: colpire i “colletti bianchi”

Affrontare la questione morale, non solo inasprendo le pene per tutti quei reati alla base del rapporto tra mafia, politica ed imprenditoria, ma anche lavorando affinché all’interno del proprio partito si escludano dalle liste personalità in conflitto di interesse e aduse a pratiche clientelari e frequentazioni non specchiate. “La vera forza della mafia – si legge nel dossier di Wikimafia – è fuori dalla mafia. Finché non colpiremo in maniera dura i rapporti che i mafiosi hanno con politici, imprenditori e colletti bianchi, non riusciremo mai a sconfiggerla. A livello politico, i partiti devono cominciare a fare pulizia al loro interno, anche se questo significa perdere i c.d. ‘Mr preferenze’. Come diceva Paolo Borsellino, non ci si può nascondere dietro lo schermo della sentenza: un comportamento penalmente irrilevante, può esserlo politicamente. La lezione di Enrico Berlinguer è ancora attuale e finché i partiti non affronteranno in maniera seria la questione morale, sarà sempre più difficile arginare l’avanzata “culturale” della mentalità mafiosa, e quindi delle organizzazioni mafiose, anche al Nord”.

Regola 2: Repubblica “antimafiosa”

Wikimafia suggerisce l’approvazione di una legge costituzionale che inserisca il carattere antimafioso della Repubblica italiana nella Costituzione, accanto a quello antifascista. “Essere mafiosi in Italia oggi è illegale. Noi pensiamo – spiega – che debba essere incostituzionale, dato che il potere mafioso costituisce una minaccia costante per la democrazia e i diritti sanciti dalla Costituzione”.

Regola 3: potenziare la legislazione antimafia a livello europeo

Tra i punti salienti spicca la difesa e il potenziamento dell’impianto legislativo antimafia, in gran parte ideato da Giovanni Falcone (dal 41bis all’ergastolo ostativo, fino allo scioglimento dei comuni per mafia), sollecitando il Governo italiano a intraprendere ogni iniziativa utile per sensibilizzare l’Unione Europea sull’urgenza del contrasto alle mafie a livello comunitario. “Da tempo – osservano gli attivisti di Wikimafia – si sta cercando di svuotare di efficacia i fondamentali pilastri della legislazione antimafia, pagata col sangue di tanti servitori dello Stato. Complice anche la colossale ignoranza sul tema, anche a livello comunitario il pericolo mafie viene ignorato, col risultato che oggi abbiamo quasi più ‘ndrangheta in Germania che in Calabria. Crediamo che la legislazione antimafia italiana, in gran parte ispirata da Giovanni Falcone, debba essere adottata da tutti gli Stati membri dell’Unione Europea”.

Regola 4: i Tribunali distrettuali antimafia

Approvazione di una legge che istituisca Sezioni Distrettuali Antimafia nei Tribunali della Repubblica, composte da giudici con comprovata e certificata esperienza e conoscenza del fenomeno mafioso, che abbiano la medesima competenza territoriale delle Direzioni Distrettuali Antimafia. “L’Italia, grazie all’istituzione 30 anni fa delle Direzioni Distrettuali Antimafia e delle Direzioni Investigative Antimafia, ha la miglior magistratura inquirente e le migliori forze di polizia – si legge nel dossier – specializzate nel contrasto alle mafie del mondo. Tuttavia, gli sforzi investigativi, soprattutto al Nord, vengono spesso vanificati da giudici che in vita loro non si sono mai occupati di mafia e scrivono sentenze fantasiose, frutto di stereotipi e ignoranza sul tema. Crediamo sia ora di specializzare anche la magistratura giudicante sul fenomeno mafioso, per una migliore e più efficace repressione del fenomeno criminale, istituendo delle sezioni specializzate presso i Tribunali della Repubblica, come è accaduto per la gestione delle misure di prevenzione”.

Regola 5: valorizzazione dei beni confiscati alle mafie

Un altro punto del decalogo di Wikimafia riguarda la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, potenziando l’Agenzia Nazionale, snellendo le procedure di assegnazione e facilitando il riuso sociale da parte di enti del terzo settore composti perlopiù da giovani under 35 prevedendo specifici fondi per l’iniziale messa in sicurezza, ristrutturazione e avvio attività, anche attingendo dal Fondo Unico Giustizia. “I beni confiscati sono un patrimonio economico e sociale che può e deve essere uno strumento di “bonifica” culturale e di rilancio dell’occupazione nei territori più difficili delle nostre città. L’attuale iter di assegnazione, tuttavia, rende molto difficile impegnarsi per questa opera fondamentale, soprattutto per realtà giovanili più attive sui territori, anzitutto per i costi iniziali. I mafiosi, infatti, spesso devastano i beni che lo Stato dovrebbe mantenere così come sono stati sequestrati e servono centinaia di migliaia di euro, se non milioni, per rimetterli in piedi. Lo Stato dovrebbe rimuovere tutti gli ostacoli alla rinascita dei beni, anche potenziando l’Agenzia Nazionale per istituire un servizio di mentoring che aiuti le realtà con progetti credibili e concreti a
spiccare il volo”.

Regola 6: smascherare gli “incappucciati”

Altro impegno, il sesto: introduzione dell’obbligo di dichiarazione del titolare effettivo in bandi, gare, convenzioni pubbliche e quant’altro presupponga impegni economici da parte delle amministrazioni pubbliche. “Se vedeste un Sindaco o un Presidente di Regione firmare un contratto – si chiede Wikimafia – con un tizio incappucciato, di cui non si vede il volto, non avreste nulla da dire? Oggi non c’è alcun divieto per un’azienda che non comunica il proprio titolare effettivo di stringere rapporti economici con le Istituzioni. Serve una revisione profonda dell’art. 80 del Codice degli Appalti. E bisogna far entrare in funzione, emanando i decreti attuativi, il registro dei titolari effettivi al più presto: rischiamo che “incappucciati” di cui non sappiamo nulla aggrediscano le risorse del PNRR senza che lo Stato possa far nulla”.

Regola 7: stop a rapporti con società “offshore”

Introduzione del divieto per la pubblica amministrazione e per gli enti territoriali dello Stato di contrarre rapporti di natura economica con società aventi residenza fiscale nei c.d. paesi offshore e/o con i titolari effettivi aventi residenza fiscale nei medesimi paesi e/o siano controllate da società schermo o da reticoli societari opachi. “Questa modifica – si precisa –  è complementare a quella richiesta al punto sopra. Perché se anche conosciamo il titolare effettivo, spesso o ha residenza fiscale in un Paese dove non è perseguibile, in caso di contenzioso, oppure il reticolo societario che controlla l’azienda di cui conosciamo il titolare effettivo è disperso tra paradisi fiscali, societari e bancari e rende di fatto inutile l’obbligo richiesto al punto

Regola 8: Tutela dei giornalisti minacciati dalle querele temerarie

Approvazione di una disciplina di tutela per giornalisti, ricercatori e cittadini che punisca severamente il ricorso alle querele temerarie, nuovo strumento di intimidazione per colpire la libertà di stampa e di ricerca in Italia. “Se le mafie sparano di meno, questo non vuol dire che siano ben disposte verso chi le racconta e le studia. Oramai la piaga delle querele temerarie, denunce per diffamazione totalmente infondate, è troppo estesa per far finta di nulla. Il problema – si evidenzia –  è che sono utilizzate anche da molti politici e imprenditori per intimidire quei giornalisti che parlano delle loro condotte non proprio specchiate. C’è addirittura chi ha querelato per delle domande cui non è mai stata data risposta. Ci sono stati diversi tentativi negli anni di approvare una legge seria che punisca le querele temerarie, tutti falliti. Chiediamo ai prossimi parlamentari di impegnarsi con urgenza su questo tema”.

Regola 9: diritto all’informazione e alla ricerca

Tutela del diritto all’informazione e alla ricerca accademica, introducendo limiti al diritto all’oblio per quei personaggi i cui comportamenti, pur non penalmente rilevanti, mantengano una rilevanza pubblica, storica e politica nella storia della lotta alla mafia e del movimento antimafia. “Altra piaga che mette a rischio il diritto all’informazione e la libertà di ricerca accademica è il diritto all’oblio. Soprattutto per enciclopedie online come la nostra, che raccontano la storia del fenomeno mafioso e delle sue collusioni con politica e imprenditoria, c’è il rischio che nei prossimi anni pezzi interi della storia del rapporto tra mafia e politica e mafia ed economia vengano rimossi, poiché il politico x o l’imprenditore y non sono mai stati condannati (si pensi a Salvo Lima). Chiediamo ai futuri parlamentari di tutelare il diritto all’informazione e alla libertà di ricerca, per non consegnare ai posteri una storia delle mafie e del movimento antimafia, a livello nazionale e nei singoli territori, mutilata”.

Regola 10: Un’ora di antimafia a settimana nelle scuole

Introduzione nelle offerte formative delle scuole primarie e secondarie di almeno un’ora alla settimana dedicata allo studio del fenomeno mafioso e alla storia delle principali organizzazioni mafiose e del movimento antimafia, introducendo nell’organico docenti un insegnante specializzato in materia, come previsto per l’insegnamento della religione cattolica. “Alcuni diranno: ma c’è l’ora di educazione civica. Sì, ma non è la stessa cosa. Noi – sottolinea Wikimafia – crediamo che serva invece insegnare la storia del fenomeno mafioso e del movimento antimafia, non lasciando alla buona volontà di singoli insegnanti la fondamentale formazione delle nuove generazioni sulla prima minaccia alla Repubblica Italiana. Servono figure con un preciso curriculum di studi, che insegnino, anche spaziando tra diversi tipi di linguaggio multimediale, un pezzo di storia rimosso del nostro Paese. Perché purtroppo nei manuali di Storia alle mafie non viene riconosciuto il ruolo di principali attori della politica e dell’economia nonsolo del Mezzogiorno ma dell’Italia intera”.

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