Poliziotto e assistente sociale, i postini nel carcere di Catanzaro per il clan dei rom e il sodale degli Arena

Nelle intercettazioni allegate agli atti dell'inchiesta della Dda i presunti favori ai detenuti: tra messaggi criptati e telefonate

Non solo “messaggero” per conto del clan degli zingari di Catanzaro, non solo un “postino”, che avrebbe portato dietro le sbarre un po’ di tutto: dai liquori ai telefoni cellulari fino alle ‘mbasciate per consentire le comunicazioni tra i capi e i sodali del clan, in cambio di soldi o altre utilità. Domenico Sacco, 57 anni, agente penitenziario in servizio nel carcere di Siano, destinatario di una misura cautelare agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha portato la Mobile a notificare 62 misure cautelari, avrebbe veicolato informazioni anche a presunti appartenenti al clan Arena. Innumerevoli le conversazioni intercettate riportate nella richiesta della Dda tra l’agente, il detenuto Costantino Lionetti, all’epoca dei fatti recluso nel carcere di Catanzaro e la madre di quest’ultimo, adoperandosi ad inviare alimenti e alcolici vietati dal regolamento dell’Ordine penitenziario, in cambio della promessa da parte dello stesso Lionetti di fargli acquistare un’auto con un trattamento di favore sulle modalità di pagamento. Intercettazioni che vanno da 4 ottobre 2018 fino al 12 marzo 2019 e che per la Procura distrettuale antimafia, coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri sulla base dei risconti effettuati dalla pg, delle analisi delle conversazioni telefoniche e delle dichiarazioni rese dalla collaboratrice Annamaria Cerminara, fanno quadrato per ipotizzare la corruzione  in un atto contrario ai doveri di ufficio da parte del pubblico ufficiale. 

L’assistente sociale recapitava telefonini in carcere

L’assistente sociale recapitava telefonini in carcere

 “Posso riferire di un’assistente sociale che ha un asilo privato a Catanzaro e che nel periodo in cui Giovanni Passalacqua (ex convivente della pentita) fu detenuto nel 2003- 2004 fece entrare un telefono simile a una penna che poi consegnò a Giovanni. So che la donna fu poi sospesa. Questo me lo disse Giovanni”. Agli inquirenti la collaboratrice Cerminara parla di un agente della polizia penitenziaria Mommo O Rey di corporatura robusta e di circa 50 anni “che tende ad aiutare i detenuti facendo uscire ambasciate, consegnando loro bottiglie di liquori e facendo altri favori, quali la introduzione di pennette video. In cambio di questa attività voleva essere pagato, una volta chiese un’auto, che avrebbe dovuto procurare Toni il Bulgaro, nipote di Giovanni, che importa auto usate in Bulgaria. Inoltre O Rey  è riuscito a far ottenere un impiego alla moglie tramite Giovanni e Cosimino Abbruzzese in un supermercato” di proprietà di un uomo che attualmente è proprietario di macellerie “e che lo ha rilevato da un soggetto petilino”.

I rapporti tra l’agente e Lionetti

Cerminara va avanti nella deposizione e riferisce che questo macellaio  era in rapporti con “Lionetti, Mimmo veniva spesso a casa e sono in grado di riconoscerlo”. Ma chi è Lionetti di cui parla la pentita? E’ imputato nell’operazione Jonny,  condannato in primo e secondo grado per associazione mafiosa, la Cassazione però ha rispedito gli atti a Catanzaro annullando la sentenza di secondo grado per un nuovo processo di appello. I pm Paolo Sirleo e Debora Rizza nella richiesta di misura cautelare che ha portato il gip Filippo Aragona a firmare 38 misure cautelari in carcere e 24 ai domiciliari riporta quanto scritto nel decreto di fermo.  “Lionetti è considerato elemento di rilievo della cosca Arena, componente della cellula catanzarese del sodalizio, con rapporti diretti con l’attuale vertice del clan, con compiti di controllo della zona di Germaneto di Catanzaro. Partecipa ai summit di ‘ndrangheta per i quali mette a disposizione del sodalizio, quali luoghi di incontro, le villette in località Germaneto, in fase di ultimazione dove egli ha in corso lo svolgimento dei relativi lavori, programmando le strategie di espansione del sodalizio e le specifiche attività delittuose, ricomprese nel programma associativo, con l’ampio controllo del territorio, conservando e accrescendo la forza economica della cosca”. Dagli accertamenti effettuati tramite la banca dati in uso alle Forze dell’ordine denominata Sidet (Ministero della Giustizia) la pg ha verificato che Costantino Lionetti è stato detenuto nella casa circondariale di Catanzaro-Siano, dove ha prestato servizio l’agente della Polizia penitenziaria Domenico Sacco.

Le informazioni veicolate in cambio di un’auto

Una premessa necessaria per la Dda per spiegare la serie di conversazioni registrate  dal 4 ottobre 2018  sino al 12 marzo 2019  dal telefono in uso all’assistente capo della polizia penitenziaria Domenico Sacco ed intestato  al provveditorato regionale amministrazione penitenziaria tra l’agente e la madre di Lionetti. Sacco, secondo le ipotesi accusatorie, si sarebbe mosso per fare arrivare le informazioni di Lionetti alla madre e a far recapitare al detenuto degli effetti personali, alimenti e bevande  vietate. Il 4 ottobre 2018 viene registrata una conversazione telefonica tra Sacco e la madre di Lionetti, nel corso della quale il poliziotto riferisce alla donna con un linguaggio dissimulato che dovevano incontrarsi, i due si davano appuntamento a casa di Sacco, raccomandando alla donna di “portagli due uova”. Nel corso del dialogo l’agente le rimarca il disagio nello spostarsi con l’auto, affermando di possederne soltanto una e che questa veniva utilizzata dalla moglie. Sul punto il pubblico ufficiale riferisce alla donna che questa sua difficoltà l’aveva già rappresentata a terza persona e lei lo rassicura dicendogli di non preoccuparsi.

Il messaggio criptato: “Devo badare al bambino”

Il 10 novembre 2018 il poliziotto intende vedere personalmente la donna: avrebbe dovuto comunicarle direttamente delle informazioni per conto del figlio, su cui non poteva parlare al telefono, sottolineando l’urgenza dell’incontro e cercando di celare il vero motivo della visita, “a Lionetti serve l’olio”. Il 22 dicembre 2018 la mamma del detenuto chiede all’assistente capo della Polizia Penitenziaria di recarsi da lei, ma Sacco risponde dicendo di aver terminato il suo turno di lavoro e che doveva badare al “bambino”, facendo capire metaforicamente che avrebbe dovuto interessarsi di alcune questioni afferenti il figlio Costantino Lionetti. Il giorno dopo  in una conversazione spiata, gli investigatori comprendono che l’assistente capo “ha rapporti di riguardo con il detenuto e che veicola messaggi tra Lionetti e la madre”. Sacco, infatti, avrebbe dovuto portare un messaggio, molto probabilmente una risposta scritta alla mamma per conto del figlio, una missiva non urgente che l’agente afferma che avrebbe potuto consegnarla l’indomani. Nel corso del dialogo la donna chiede al poliziotto lo stato di salute del figlio e Sacco le risponde in maniera criptica che in quella giornata aveva bevuto “l’ultima bottiglia di acqua”. Il giorno seguente il poliziotto riferisce alla mamma che le avrebbe recapitato la missiva del figlio e in quell’occasione le rimarca di non avere la disponibilità della macchina.  Arriviamo al 29 dicembre 2018 e Sacco avvisa la donna che il 31 dicembre e l’1 gennaio 2019 sarebbe stato in servizio proprio nel braccio del carcere nel quale era detenuto il figlio, chiedendo due bottiglie d’acqua che secondo gli investigatori contenevano alcolici, molto probabilmente del distillato che il poliziotto avrebbe introdotto all’interno della struttura carceraria eludendo i controlli. L’ultimo dell’anno, Sacco rassicura la donna che avrebbe fatto recapitare al figlio tutto ciò che aveva consegnato, ma un po’ alla volta per non destare sospetti: “ un pò alla volta, quello gliel’ho passato, quell’altro gliel’ho passato che devo fare? Miracoli non ne posso fare”.

Il favore urgente per evitare il pignoramento dello stipendio

In un’ulteriore conversazione del 22 gennaio 2019, la donna rimprovera il poliziotto di non essersi fatto vivo per diversi giorni e lui gli fa capire, senza dirglielo espressamente, che è stato impegnato con Lionetti, la donna comprende e la conversazione poi scivola sull’auto che Sacco avrebbe voluto, dialogo che prosegue il 12 marzo 2019  quando l’agente chiede alla donna una somma di denaro da versargli su uno dei suoi conti correnti per non incorrere in un possibile pignoramento dello stipendio e chiede di contattare un tizio e riferirgli se poteva anticipargli i soldi : “Mi serve un favore urgente però gliene devi parlare tu, altrimenti mi fanno un pignoramento sullo stipendio hai capito, caso mai l’anticipa, li mette sull’altro conto che poi me la vedo io piano piano, altrimenti mi pignorano lo stipendio”.  Per la Dda sussistono sussistono gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell’agente, “una persona pronta in cambio di remunerazioni a favorire detenuti”. 

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