Ponte sullo Stretto, bocciata l’idea del tunnel a causa dell’elevato rischio sismico

L’unico progetto disponibile è quello presentato all’epoca dal governo Berlusconi, obsoleto e totalmente da rivedere dal punto di vista normativo
Ponte sullo Stretto

Un ordine del giorno approvato questa settimana “impegna il governo a individuare le risorse necessarie per realizzare un collegamento stabile, veloce e sostenibile dello Stretto di Messina estendendo, così, la rete dell’alta velocità fino alla Sicilia”. Il Ponte sullo Stretto riparte da qui, a quasi due mesi dalle “profonde motivazioni” che una commissione di esperti messa in piedi dal ministero delle Infrastruture e dei Trasporti vide nella necessità di realizzarlo. Poi, il nulla. Era stato il ministro Enrico Giovannini a ereditare il dossier lasciato da Paola De Micheli, che aveva retto il dicastero fino all’arrivo del nuovo governo e insediato la commissione, e ad annunciarne l’esito. Nella relazione del gruppo di lavoro (Gdl), pubblicata nei primi giorni dello scorso maggio, si legge che la soluzione aerea a più campate appare potenzialmente più conveniente di quella a campata unica.

No al tunnel a causa dell’elevato rischio sismico

No al tunnel a causa dell’elevato rischio sismico

Il Gdl inoltre “ritiene di sconsigliare le soluzioni dei tunnel subalveo e in alveo soprattutto per l’elevato rischio sismico a esse collegato e per la mole di indagini geologiche, geotecniche e fluidodinamiche necessarie per verificarne la fattibilità tecnica, ma anche per l’eccessiva lunghezza necessaria per il tunnel subalveo e la presumibile durata degli approfondimenti necessari per la nuova soluzione del tunnel in alveo, per la quale mancano riferimenti ed esperienze”. Tenuto conto della complessità e dello stato di conoscenza delle problematiche sismiche, geotecniche, geologiche, ambientali e meteo-marine a esso relative, gli esperti suggeriscono di sviluppare la prima fase del progetto di fattibilità limitando il confronto ai due sistemi di attraversamento con ponte a campata unica e ponte a più campate, anche ipotizzando diverse soluzioni progettuali per i collegamenti a terra e, nel caso del ponte a più campate, per la localizzazione e la struttura. La prima fase del progetto di fattibilità delle diverse soluzioni tecniche possibili “dovrà essere sottoposta a un successivo dibattito pubblico”. Resta chiaro, afferma la relazione, che la commissione “ritiene più efficiente finanziare il sistema di attraversamento interamente e trasparentemente a carico della finanza pubblica, anche in relazione ai benefici diffusi che l’opera ha sull’intero Paese”.

Non sono previsti finanziamenti per l’opera

Il Ponte sullo Stretto di Messina, dunque, resta al momento protagonista dell’Atlante delle infrastrutture immaginarie, e la speranza di tirarlo fuori da lì, per coloro che lo desiderano fortemente, è affidata per il momento all’ordine del giorno, riformulato dal governo e approvato dalla Camera il 30 giugno scorso, al decreto Fondone. Lo hanno siglato anche diversi parlamentari del Pd e alcuni del Movimento 5 Stelle, che al proprio interno ha messo in piedi un mese fa una commissione per mediare tra i favorevoli all’Infrastruttura, come il sottosegretario al Mims Giancarlo Cancelleri, e l’ala dura, che resta ferma alla posizione ideologica del ‘no’. Tra l’altro, il Movimento stesso ha provveduto a minimizzare il voto sull’odg: “Non cambia lo stato dei fatti”, ha detto Paolo Ficara, vicepresidente della commissione Trasporti. “Sia nel Pnrr sia nel Fondo complementare – ha proseguito – non sono previste risorse per il collegamento dello Stretto e, a oggi, l’unico progetto disponibile è quello presentato all’epoca dal governo Berlusconi, obsoleto e totalmente da rivedere dal punto di vista normativo. Il ministero ha completato uno studio sulle varie possibilità di collegamento stabile ed ha chiesto un ulteriore studio su tutti i miglioramenti possibili per quanto riguarda l’attraversamento dinamico, studio attualmente in corso. Quando avremo tutti gli elementi potremo fare i confronti e avviare gli studi di fattibilità”.

Previsto potenziamento traghetti

Intanto, si devono “mettere in campo mezzi di trasporto compatibili ed ecosostenibili per l’intera area dello Stretto, a cominciare dall’acquisto e potenziamento di nuovi traghetti di collegamento tra le due sponde, così come assicurato dal ministro Giovannini e dalle risorse previste nel Pnrr”. La Lega, dal canto suo, si inoltra tra le campate ipotizzate: “Nessuno potrà più provarci con soluzioni assurde tipo ‘ponte a 3 campate’ – dicono in una nota i deputati Alessandro Pagano (vice capogruppo), Edoardo Rixi (responsabile nazionale Infrastrutture) – utili solo a far guadagnare tempo al fronte di una certa sinistra ideologizzata”. Il Ponte sullo Stretto, per il momento, resta, più che una grande scommessa ingegneristica e di sviluppo del Sud o una disastrosa sfida alla Natura e alla Logica (a seconda delle posizioni pro o contro), un ulteriore banco di prova dei rapporti dentro la maggioranza di governo e nelle coalizioni: “Sul voto – ha sintetizzato con efficacia Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia – la maggioranza è allo sbando: i grillini hanno votato in ordine sparso, i renziani non hanno partecipato, Leu ha votato contro, il Pd è spaccato, le forze di centrodestra hanno detto sì”.

Il contro-dossier degli ambientalisti

Ai primi di giugno è arrivato il contro-dossier degli ambientalisti. “Il General Contractor Eurolink – hanno affermato le organizzazioni, tra cui Legambiente e Wwf – non ha mai prodotto gli approfondimenti tecnici ed economico – finanziari sul progetto del 2010 del ponte sospeso, che il Governo Monti aveva richiesto entro l’1 marzo 2013, progetto che non ha mai superato la fase di conclusiva di valutazione di impatto ambientale. Mentre il ponte a più campate è solo una mera ipotesi, senza nemmeno uno studio di fattibilità”.
Le associazioni ambientaliste contestano, poi, che nella relazione “manchino aspetti indispensabili per poter valutare la necessità di un’opera pubblica quali i costi di realizzazione, manutenzione e gestione delle due ipotesi di attraversamento stabile che vengono accreditate e siano assolutamente superficiali le descrizioni degli effetti sociali e territoriali e lacunose le valutazioni degli impatti sulle componenti ambientali in un’area di grandissimo pregio che presenta una delle più alte concentrazioni di biodiversità al mondo e dove sono stati registrati i terremoti più devastanti avvenuti in Italia. Per questi motivi le associazioni ritengono che sia necessario: a) considerare e sviluppare l’alternativa progettuale costituita dal traghettamento; b) procedere, eventualmente, a valutare le diverse ipotesi tecniche indicendo una gara europea, basata su chiari parametri di trasparenza e indipendenza, per evitare ogni conflitto di interesse”. Il traghettamento, per le associazioni, è “l’alternativa migliore dal punto di vista economico-finanziario, sociale e ambientale che assicura già oggi, senza ulteriori impatti, tempi di attraversamento di 20-35 minuti con corse per le persone con le auto al seguito che avvengono con una frequenza di 40 minuti o 1 ora, a seconda delle compagnie di navigazione, e con tempi per il traghettamento dei treni che, con migliorie relative all’imbarco di convogli interi, possono essere portati da 1 ora e 10 a 40 minuti. Ma su cui occorre investire anche per la ricerca di soluzioni innovative, con nuove tecnologie che riducano ulteriormente i tempi di percorrenza e migliorino i servizi nell’area dello Stretto”.

Ignoto il costo dell’opera

La relazione del Gdl del Ministero delle Infrastrutture (mutato nell’acronimo, intanto, da Mit Mims, Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile) non indica il costo dell’opera, che, negli anni, a seconda dei progetti avanzati, ha oscillato tra i 5 e gli otto miliardi di euro. Nel Pnrr non è stato inserito, poichè andrebbe realizzato entro i sei anni previsti dalle condizioni di finanziamento previste dal Recovery Plan: pochi, se si considera che di questa opera si discute da 50 anni e che di grandi e piccole incompiute l’Italia, e in particolare il Mezzogiorno, è pieno. Così, dal giorno della pubblicazione della relazione nessuno ha avuto più notizie dal governo del Ponte e anche quel ‘dibattito pubblico’ chiesto dalla commissione sulla prima fase del progetto non sembra mai stato avviato. Il silenzio è stato rotto, occasionalmente, dai presidenti della regione Siciliana e della Regione Calabria, rispettivamente Nello Musumeci e Nino Spirlì, e dal pressing di Forza Italia e della Lega. “Che fine ha fatto il Ponte?”, aveva chiesto la deputata azzurra Matilde Siracusano a Giovannini un paio di settimane fa lamentando il mutismo dell’esecutivo, che emerge, tra l’altro, dalla risposta data dalla commissaria europea ai Trasporti, Adina Ioana Valean, alla parlamentare europea leghista Annalisa Tardino il 18 maggio scorso: il collegamento con la Sicilia, afferma Valean, “è già parte della rete di trasporto trans Europea (Ten-T) e del corridoio Scandinavo-Mediterraneo, e, come tale, rappresenta il segmento di una rete considerata dall’Europa della massima importanza”, ma “la valutazione di un progetto riguardante questa rete può essere fatta solo se da uno Stato membro arriva una proposta concreta, che ne dimostri il valore aggiunto” nell’ambito dell’obiettivo generale del “Green Deal”. “Questa è la precondizione per un possibile finanziamento europeo. Finora – è la conclusione della commissaria – le autorità italiane non hanno interessato la Commissione proponendo piani concreti per quel collegamento. La scelta degli strumenti di finanziamento per progetto spetta all’Italia, e dipende dalla natura del progetto e dalla sua sostenibilità finanziaria”.

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