di Vincenzo Imperitura
Erano venuti come ogni anno per la processione ad Acquaro, una manciata di case attorno al santuario di San Rocco, nel comune di Cosoleto, a due passi dal cuore d’Aspromonte: fedeli, turisti e semplici curiosi che nel giorno del Santo – nella diocesi di Oppido-Palmi le feste religiose devono essere celebrate rigorosamente solo nell’anniversario fissato dal calendario ufficiale – affollano il piccolo centro del reggino per una festa che si divide (così come praticamente tutte le feste patronali in questo angolo di sud) tra autentica fede religiosa e tradizione dai risvolti decisamente terreni.
Erano venuti come ogni anno per la processione ad Acquaro, una manciata di case attorno al santuario di San Rocco, nel comune di Cosoleto, a due passi dal cuore d’Aspromonte: fedeli, turisti e semplici curiosi che nel giorno del Santo – nella diocesi di Oppido-Palmi le feste religiose devono essere celebrate rigorosamente solo nell’anniversario fissato dal calendario ufficiale – affollano il piccolo centro del reggino per una festa che si divide (così come praticamente tutte le feste patronali in questo angolo di sud) tra autentica fede religiosa e tradizione dai risvolti decisamente terreni.
Emblema di questa doppia essenza è la processione della statua del Santo che ieri, dopo 180 anni che si ripete praticamente uguale a se stessa, è saltata. Alla base della decisione di tenere l’effige di San Rocco riposta nella teca al centro del santuario, le disposizioni della diocesi di Oppido – Palmi che, dopo “l’inchino” con cui i portatori della statua della Madonna di Oppido Mamertina, omaggiarono il boss Mazzagatti nel 2014, ha fissato regole molto più stringenti nelle manifestazioni di coinvolgimento popolare. E proprio in queste regole è incappata la processione di ieri: tra i portatori della statua infatti, quasi il 90%, è risultato avere precedenti penali o di polizia.
E così, dopo gli accertamenti della questura e dei carabinieri, è arrivato l’altolà decretato dalla curia e comunicato ai fedeli dal reggente del santuario, don Giovanni Bruzzì. Una decisione arrivata inaspettata solo a pochissime ore dall’inizio della processione – tanto che il vescovo Milito che ha celebrato la messa di mezzogiorno, non ne ha fatto cenno durante l’omelia – e che ha lasciato con l’amaro in bocca i tanti che erano accorsi tra le bancarelle di zeppole e i banchetti che vendono ceri votivi. E il rammarico, il giorno dopo la mancata processione, è ancora vivo nei tanti che si affacciano sotto le volte del santuario e che si chiedono se non fosse possibile un’altra soluzione.
La stessa domanda che si pone il sindaco di Cosoleto, Antonino Gioffrè, che dopo avere precisato che nella lista dei portatori «non figura nessun cittadino di Acquaro o del comune di Cosoleto» si dice comunque dispiaciuto della sospensione della processione «anche perché piuttosto che annullarla completamente, si poteva pensare di sostituire il gruppo dei portatori» risultati “inadeguati” in seguito alle indagini delle forze dell’ordine e «probabilmente sarebbe stato opportuno avvisare per tempo i fedeli» che, dopo qualche mugugno iniziale, hanno comunque accettato di buon grado la decisione.
Il giorno dopo la mancata processione, riposti gli addobbi della festa, sul sagrato del santuario restano le ultime bancarelle ancora da smontare, mentre sui banchi della chiesa sono ancora presenti le belle foto a colori formato A4 con la preghiera a San Rocco che il vescovo Milito, appena tre anni fa, dedicava «a quanti si trovano in carcere a scontare una pena per alleanze con un male non compreso nella sua gravità» invitandoli «a essere forti nella prova e sorretti della speranza di una vita nuova».