Prese a calci e a schiaffi moglie e figlia minorenne, catanzarese condannato in appello

Immutata rispetto al primo grado la condanna inferta al 36enne, accusato di una serie di violenze e di soprusi protratti nel tempo

Vessate, minacciate, schiaffeggiate, prese a calci per circa cinque mesi, senza soluzione di continuità. Con l’accusa di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate, la Corte di appello di Catanzaro, accogliendo le richieste dei difensori di parte civile, gli avvocati Eugenio Felice Perrone ed Helenio Cartaginese, ha confermato il verdetto emesso dal giudice del Tribunale monocratico Maria Cristina Flesca per G.C. 36 anni, di Catanzaro, difeso dall’avvocato Domenico Bennato, a luglio dell’anno scorso. La Corte ha inflitto all’imputato 5 anni di reclusione, “reo”, di una serie di soprusi, iniziati ad ottobre 2018 e continuati, secondo le ipotesi accusatorie con cadenza quotidiana fino a marzo 2019, un periodo durante il quale l’imputato avrebbe inflitto alla moglie e alla figlia primogenita una serie di umiliazioni.

Afferrate dal collo e maltrattate

Afferrate dal collo e maltrattate

E dalle parole G. C. sarebbe passato ai fatti: avrebbe afferrato entrambe dal collo, tirando loro i capelli, arrivando a gettare un mozzicone di sigaretta ancora acceso addosso alla moglie e avrebbe insultato e percosso la figlia, colpevole di averlo citato alla Procura dei minori. Per la pubblica accusa l’imputato avrebbe maltrattato la moglie e la figlia “con la consapevolezza di lederne l’integrità fisica e morale costringendole a vivere nel costante timore per la loro incolumità”. Vessazioni fisiche, che sono costate alla moglie “lesioni personali con le aggravanti di aver commesso il fatto contro il coniuge e in presenza di figli minori”. (g.p.)

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