Fa un passo indietro la Dda di Salerno nell’inchiesta che ha visto coinvolti tra gli altri, a vario titolo, due giudici e un avvocato, per corruzione nell’esercizio della funzione, corruzione in atti giudiziari e abuso di ufficio. Il procuratore aggiunto Luca Masini, il sostituto procuratore Maria Benincasa, sotto il coordinamento del procuratore capo Giuseppe Borrelli, hanno chiesto e ottenuto dal gip l’archiviazione nei confronti del giudice Maria Vittoria Marchianò, attualmente in servizio al Tribunale di Crotone, l’avvocato Giuseppe Carvelli, Alfonso Mannolo,padre del collaboratore di giustizia Dante, Vincenzo Arcuri, Emilio Santoro e l’ex giudice Marco Petrini per fatti accaduti a Catanzaro nel 2001 e a Crotone “in epoca da accertare”.
“Inesistente il traffico di influenze illecite”
“Inesistente il traffico di influenze illecite”
Secondo i magistrati “la notizia di reato è infondata per insussistenza del fatto, non emergendo condotte di rilevanza penale sia in riferimento alla ipotizzata corruzione sia in riferimento all’abuso di ufficio”. Per la Dda campana non sussiste alcuna prova “che i privati Santoro e Arcuri tramite Petrini abbiano avvicinato o abbiano tentato di avvicinare Marchianò che non era nemmeno assegnataria del procedimento penale nel quale era coinvolto lo stesso Arcuri, e non avrebbe potuto influire sul giudizio”. A detta della Dda, il fatto non può qualificarsi come traffico di influenze illecite, “non vi sono elementi dai quali poter trarre la conclusione che Petrini sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale, in questo caso con la collega Marchianò, si sia fatto consegnare o promettere denaro o altra utilità quale prezzo per aver mediato”. In altri termini difetta il requisito che la mediazione potesse essere indirizzata nei confronti del pubblico ufficiale “in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri”.
Stralciate le posizioni di altri magistrati
Quanto alla corruzione, i magistrati scrivono nella richiesta di archiviazione, che il reato è estinto per intervenuta prescrizione e a prescindere “manca il patto sceleris”. Perché? Il collaboratore di giustizia Dante Mannolo, che con le sue dichiarazioni ha fatto scattare l’inchiesta, ha affermato che l’avvocato Carvelli avrebbe chiesto e ottenuto una cospicua somma di denaro, pari a 30mila euro per la difesa di suo padre Alfonso Mannolo, assolto con rito abbreviato, aggiungendo “per averlo appreso da suo padre”, che il legale gli avrebbe fornito rassicurazioni sull’assoluzione perché aveva parlato con la Marchianò. La Dda nella richiesta di archiviazione precisa che “rispetto alle ulteriori dichiarazioni rese da Mannolo e che coinvolgono in vicende illecite altri magistrati, si è proceduto a stralciare le relative posizioni trattandosi di fatti autonomi e non connessi con quelli per cui si procede” (g.p.)