Processi “aggiustati” a Catanzaro, fissato l’appello per il giudice Petrini e altri due imputati

Sia la Direzione distrettuale antimafia di Salerno che i difensori dei tre imputati avevano fatto ricorso contro la sentenza emessa dal gup del Tribunale salernitano

di Mimmo Famularo – E’ stato fissato per il prossimo 17 dicembre il processo di secondo grado nei confronti del giudice Marco Petrini e degli altri due imputati Emilio Santoro, detto Mario, e Francesco Saraco, coinvolti nell’inchiesta “Genesi”. Lo ha deciso con apposito decreto la Corte d’appello di Salerno, competente per territorio essendo coinvolto nel procedimento penale un magistrato del distretto giudiziario di Catanzaro. Sia la Direzione distrettuale antimafia di Salerno che i difensori dei tre imputati avevano fatto ricorso contro la sentenza emessa dal gup del Tribunale salernitano nel novembre dello scorso anno.

Il verdetto di primo grado

Il verdetto di primo grado

Il primo capitolo giudiziario della nota vicenda sui presunti processi aggiustati in Corte d’appello a Catanzaro si era conclusa con la condanna in abbreviato dei tre imputati. In particolare il giudice Vincenzo Pellegrino aveva condannato Marco Petrini a quattro anni e quattro mesi di reclusione; Emilio Santoro, detto Mario, a tre anni e due mesi di reclusione e Francesco Saraco ad un un anno e otto mesi di reclusione. Il giudice ha inoltre interdetto dai pubblici uffici Petrini a tre anni e 6 mesi, Santoro a tre anni e Saraco per la durata di un anno e sei mesi. Oggi l’ex presidente di sezione della Corte d’appello di Catanzaro si trova detenuto in un monastero di Decollatura mentre sono ai domiciliari l’ex medico dell’Asp Santoro e l’ex avvocato Saraco.

Operazione “Genesi”

Le indagini avviate nel 2018 e interamente coordinate dalla Dda di Salerno hanno permesso di ricostruire una sistematica attività corruttiva del presidente della Sezione della Corte di Appello di Catanzaro nonché presidente della Commissione provinciale tributaria del capoluogo di Regione. Gli imputati avrebbero promesso e consegnato al magistrato, a più riprese, consistenti somme di denaro contante, gioielli e altri beni ed utilità, in cambio del suo intervento per ottenere provvedimenti favorevoli in processi penali, civili e cause tributarie. “In taluni casi – secondo quanto ipotizzato dalla Procura di Salerno – i provvedimenti richiesti al magistrato e da quest’ultimo promessi e/o assicurati erano diretti a vanificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciate in primo grado dai Tribunali del Distretto di Catanzaro, provvedimenti di misure di prevenzione, già definite in primo grado o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa antimafia, nonchè sentenze in cause civili e accertamenti tributari”. 

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