“Si ritiene dimostrata la sussistenza di un sodalizio di natura ’ndranghetista operativo sul territorio del Comune di Carmagnola e zone limitrofe, ravvisandosi tutti gli elementi tipici del fenomeno dell’associazione di stampo mafioso”. Sono le conclusioni cui perviene il Tribunale di Asti nelle motivazioni della sentenza del processo ‘Carminus’ che ha ad oggetto anche la costituzione di una cellula ’ndranghetista del clan Bonavota di Sant’Onofrio nel paese della provincia astigiana.
Il controllo del territorio
Il controllo del territorio
I giudici rilevano che nel corso dell’istruttoria dibattimentale sono stati acquisiti plurimi elementi indicativi del “ricorso da parte dei membri dell’associazione alla forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo tale da determinare uno stato di soggezione delle persone che sono venute a contatto con il sodalizio e da consentire all’associazione di conseguire il controllo del territorio e di realizzare il proprio programma criminoso di infiltrazione nel tessuto economico locale e soprattutto nelle piccole e medie imprese e nella vita politica del Comune di Carmagnola”.
Membri del clan Bonavota già imputati in ‘Rinascita-Scott’
Gli elementi acquisiti nel corso del dibattimento consentono, dunque al Tribunale, di sostenere che “l’associazione ‘ndranghetista insediata a Carmagnola, seppur dotata di autonomia organizzativa e operativa, fosse collegata con la cosca Bonavota operativa sul territorio di Sant’Onofrio i cui membri, gravemente indiziati del delitto associazione mafiosa, sono imputati nel processo ‘Rinascita-Scott’ in corso di celebrazione avanti al Tribunale di Vibo”. Durante il processo, evidenziato come gli agenti del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Genova abbiano “dato atto delle numerose trasferte effettuate dagli esponenti del clan Bonavota (Salvatore Francesco e Gaetano Lo Schiavo) in Piemonte nel 2015, al fine di gestire affari nel settore dell’edilizia con Vincenzo Colosimo e Carmelo Griffo.
I ruoli di Fortuna e Lo Schiavo
Fortuna e Lo Schiavo, verosimilmente appartenenti al sodalizio di stampo ‘ndranghetista facente capo alla famiglia Bonavota, hanno svolto le funzioni di anello di collegamento tra la cosca madre e, da un lato, Francesco Mandaradoni e Antonio Serratore nella zona di Carmagnola e dintorni, dall’altro lato, in territorio ligure con Onofrio Garcea, condannato per il reato di associazione di stampo mafioso con sentenza passata in giudicato nel 2020 quale capo della locale di Genova nel periodo compreso tra l’anno 2009 e l’anno 2012”.
Le trasferte al Nord dei membri del clan Bonavota
Vengono poi riportate in sentenza le trasferte al Nord di membri del “clan Bonavota e gli incontri tra gli esponenti del sodalizio carmagnolese e tra questi ultimi ed altri appartenenti alla ‘ndrangheta dimoranti in Piemonte, quali ad esempio Rocco Zangrà, e in Liguria, quali Antonio Barilaro; tali elemento possono essere assunti quale elemento di valutazione e riscontro dell’esistenza di un sodalizio di matrice ‘ndranghetista a Carmagnola e zone limitrofe e dell’appartenenza ad esso di taluni imputati.
I collegamenti con esponenti piemontesi
Si ritiene dunque che, in assenza di dimostrazione dell’esistenza di rapporti familiari, amicali e lavorativi tra esponenti del clan Bonavota e gli appartenenti al sodalizio ‘ndranghetista investigato, i contatti intervenuti tra esponenti di vertice dell’associazione carmagnolese e gli esponenti del clan Bonavota o soggetti ad esso legati e ancora con altri soggetti di elevata caratura criminale costituiscano elementi da valutarsi ai fini della prova dell’esistenza dell’associazione di cui al capo a) e della partecipazione ad essa di taluni imputati, le cui posizioni verranno analizzate nella parte successiva della presente pronuncia”.
L’esistenza di questo collegamento tra esponenti del sodalizio ‘ndranghetista di Sant’Onofrio ed esponenti piemontesi, rileva ancora il Tribunale di Asti, viene “chiaramente percepita dai soggetti coinvolti nella vicenda nel cui contesto si collocano le otto trasferte di Fortuna e Loschiavo”.
“Colosimo e Griffo erano perfettamente consapevoli dell’appartenenza dei loro interlocutori al contesto criminoso di matrice ‘ndranghetista della cosca Bonavota, con collegamenti in Liguria e in Piemonte, ove esercitano un forte controllo del territorio” e al riguardo viene riportata una conversazione tra Griffo e Colosimo del 10 febbraio 2015 Griffo: “f..J sono del paese di Onofrio (Garcea n.d.r.) no?”, Colosimo: “e si, di Sant’Onofrio sono…” … “ma come no… questi sono di Stefanaconi…” … “di Stefanaconi sono… di Vibo Valentia Carme…” (…)” “comandano tutta la Calabria e tutto Torino comandano”; cfr conversazione tra Colosimo Vincenzo e il padre progr. 2502 del 25.02.2015 “Sono pericolosi questi… ma veramente questi…”} “ci sono loro!… a Davide… con una squadra” … “Porca… (ine)… di Torino sono!” … “comandano tutta la Calabria e tutto Torino comandano papa!…””.
L’assunzione di Pasquale e Nicola Bonavota
Altro indice giudicato di collegamento del clan Bonavota agli esponenti del sodalizio carmagnolese è rappresentato inoltre dall’assunzione di Pasquale e Nicola Bonavota “alle dipendenze della società Build Up Srl riconducibile a Francesco Mandaradoni senza che costoro abbiano lavorato alle dipendenze di tale società. Risulta altresì provato l’utilizzo da parte dei membri dell’associazione del metodo mafioso il quale non si è manifestato in maniera eclatante attraverso la commissione di reati fine a base violenta o attraverso l’esercizio massiccio dell’uso della forza, ma in modo più pacato in considerazione dell’autorevolezza dei soggetti che se ne sono avvalsi per acquisire il controllo del territorio e perseguire gli scopi dell’associazione”. (f.p.)