Processo “Gotha”, la Corte d’Appello di Reggio Calabria conferma l’impianto accusatorio

Dopo il gup, anche la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha confermato l’impianto accusatorio del processo “Gotha” che si è celebrato con il rito abbreviato. Dopo 6 ore di camera di consiglio, la sentenza è stata letta in aula bunker stasera dalla presidente del collegio Francesca Di Landro che ha accolto, in sostanza, le richieste dei pubblici ministeri Walter Ignazitto e Stefano Musolino.

La Corte d’Appello ha rideterminato a 15 anni e 4 mesi di carcere la pena per l’avvocato Giorgio De Stefano (20 anni in primo grado), considerato dalla Dda una delle teste pensanti della ‘ndrangheta reggina. Il processo “Gotha” è nato dalla riunione delle inchieste “Mamma Santissima”, “Reghion”, “Fata Morgana” e “Sistema Reggio” coordinate, oltre che dai pm Ignazitto e Musolino, anche dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dal sostituto Roberto Di Palma.

La Corte d’Appello ha rideterminato a 15 anni e 4 mesi di carcere la pena per l’avvocato Giorgio De Stefano (20 anni in primo grado), considerato dalla Dda una delle teste pensanti della ‘ndrangheta reggina. Il processo “Gotha” è nato dalla riunione delle inchieste “Mamma Santissima”, “Reghion”, “Fata Morgana” e “Sistema Reggio” coordinate, oltre che dai pm Ignazitto e Musolino, anche dal procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo e dal sostituto Roberto Di Palma.

Le indagini dei carabinieri del Ros, della guardia di finanza e della polizia, in sostanza, hanno acceso un faro su quello che la Dda considera il “direttorio” della ‘ndrangheta, una struttura con una strategia programmatica che puntava ad alterare “l’equilibrio degli organi costituzionali”. Dalle carte dell’inchiesta erano emersi anche i rapporti tra la ‘ndrangheta e alcuni politici del Comune di Reggio Calabria. “Il motore immobile del sistema criminale”, per gli inquirenti, erano gli avvocati Paolo Romeo, imputato con il rito ordinario, e Giorgio De Stefano, definiti “soggetti ‘cerniera’ in grado di interagire tra l’ambito ‘visibile’ e quello ‘occulto’ dell’organizzazione”.

Nel processo di appello, tra gli altri, sono stati giudicati colpevoli: Mario e Domenico Stillitano (rispettivamente sono stati condannati a 15 anni e 4 mesi di carcere e 14 anni e 4 mesi di carcere), Antonino Nicolò (13 anni e 10 mesi), Antonino Araniti (8 anni), Roberto Franco (13 anni e 8 mesi), l’imprenditore Emilio Angelo Frascati (8 anni), Domenico Marcianò (9 anni e 4 mesi). È stato condannato a due anni di reclusione anche l’ex sindaco di Villa San Giovanni Antonio Messina per il quale la Corte d’Appello non ha riconosciuto l’aggravante mafiosa. Sono stati assolti, infine, Bruno Nicolazzo, Gaetano Tortorella, Andrea Santo Tortora, Elena Mariaserena Inuso, Maria Antonietta Febbe, Saveria Saccà e Carmelo Salvatore Nucera.

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