Processo Miramare, attesa la sentenza di appello per il sindaco Falcomatà e gli assessori

Nel mirino la presunta illegittimità di un atto con cui l’esecutivo affidava per tre mesi la gestione a una Onlus di una parte dell’ex albergo Miramare
Processo Miramare

I giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria si sono ritirati da circa un’ora in camera di consiglio per emettere la sentenza nei confronti di Giuseppe Falcomatà, sindaco sospeso per gli effetti della legge Severino, e di un gruppo di ex assessori della sua giunta e dirigenti, condannati per il reato di abuso in atti d’ufficio, rispettivamente, a sedici mesi di reclusione, e a un anno di reclusione. Il processo era scaturito da una indagine della Procura della Repubblica, rappresentata in aula dal sostituto procuratore Walter Ignazitto, sulla presunta illegittimità di un atto deliberativo con cui l’esecutivo municipale affidava per tre mesi la gestione a una Onlus, presieduta dall’imprenditore Paolo Zagarella, di una parte dell’ex albergo Miramare, chiuso da tempo, per manifestazioni culturali.

L’avvocato Gian Domenico Caiazza, difensore di Giuseppe Falcomatà, che con la sua arringa ha chiuso il dibattimento, ha affermato che “a prescindere dalla pretesa dei motivi di illegittimità dell’atto, che contestiamo, consideriamo l’atto perfettamente legittimo. Quel che è certo – ha sostenuto Caiazza – stiamo parlando di una delibera, comunque la si voglia giudicare, che non ha mai avuto esecuzione. Non sono mai stati licenziati gli atti esecutivi, cioè, la stipula del contratto di comodato d’uso, il verbale di consegna, la verifica dello stato dei luoghi. La fase, necessaria, successiva non è mai avvenuta”.

L’avvocato Gian Domenico Caiazza, difensore di Giuseppe Falcomatà, che con la sua arringa ha chiuso il dibattimento, ha affermato che “a prescindere dalla pretesa dei motivi di illegittimità dell’atto, che contestiamo, consideriamo l’atto perfettamente legittimo. Quel che è certo – ha sostenuto Caiazza – stiamo parlando di una delibera, comunque la si voglia giudicare, che non ha mai avuto esecuzione. Non sono mai stati licenziati gli atti esecutivi, cioè, la stipula del contratto di comodato d’uso, il verbale di consegna, la verifica dello stato dei luoghi. La fase, necessaria, successiva non è mai avvenuta”.

“La Onlus e non l’imprenditore Zagarella – ha sottolineato il penalista – non hanno mai preso possesso del bene, non è mai stato organizzato nulla di nulla, è stato anche emanato il bando di affidamento previsto nella stessa delibera, vinto da altri. Ecco perché poniamo la domanda: di che cosa stiamo parlando perché ci sia un interesse del giudice penale, in assenza, peraltro, di alcun vantaggio patrimoniale del beneficiario che non ha manco preso possesso dell’immobile?”.

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