Processo “Piana” a Lamezia, condannato un imprenditore

L'imprenditore è stato rinviato a giudizio con l’accusa di calunnia ai danni di un suo concorrente

Si è concluso il primo grado del processo celebrato con rito ordinario nei confronti di Antonio Gallo (difeso dall’avvocato Aldo Ferraro) e Francesco Cianflone (difeso dagli Avvocati Stefano Nimpo e Gregorio Viscomi), che erano rimasti coinvolti nella operazione Piana, scattata nel maggio del 2013, ed in cui entrambi erano accusati di concorso interno in associazione mafiosa, per essere stati gli imprenditori di riferimento della cosca Giampà operante, il primo, nel settore dell’impiantistica, ed il secondo nel settore del calcestruzzo.

Secondo l’ipotesi accusatoria, i due imprenditori venivano imposti dalla cosca Giampà quali, appunto, imprenditori di riferimento, e questi, in cambio, versavano alla cosca una parte dei loro guadagni.

Secondo l’ipotesi accusatoria, i due imprenditori venivano imposti dalla cosca Giampà quali, appunto, imprenditori di riferimento, e questi, in cambio, versavano alla cosca una parte dei loro guadagni.

All’udienza di oggi vi è stata la prosecuzione della discussione del legale Aldo Ferraro per Antonio Gallo, che ha completato l’intervento difensivo iniziato alla scorsa udienza del 7 maggio scorso, e sono poi intervenuti gli avvocati Nimpo e Viscomi per Cianflone. Il pubblico Ministero,  Elio Romano, ha poi preso nuovamente la parola replicando a quanto era stato detto dai difensori degli imputati, ribadendo le ragioni per le quali i due dovessero essere condannati ad 8 anni di reclusione ciascuno per avere partecipato a tutti gli effetti alla cosca Giampà, e non per concorso esterno. Sono quindi nuovamente intervenuti per le contro repliche gli avvocati Ferraro e Nimpo, e all’esito il collegio si è ritirato in camera di consiglio, dando poi lettura del dispositivo della sentenza: Francesco Cianflone è stato condannato ad anni 5 di reclusione, oltre alla interdizione perpetua dai pubblici uffici, ed Antonio Gallo è stato assolto dal reato che gli veniva contestato, per non avere commesso il fatto.

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