Nella foto mappa dei terremoti avvenuti nell’ultimo anno in Calabria ed aventi magnitudo maggiore di 2
di Antonia Opipari – La Calabria è una regione ad elevato rischio sismico. E già la sola presa di coscienza di questo può servire a salvarci la vita. Dal 1184 in poi – anno in cui si è cominciato, in linea di massima, a “tenere il conto” dei terremoti che hanno devastato la regione – la terra calabra non ha mai smesso definitivamente di tremare. E quando dico mai, intendo MAI; i terremoti si verificano con una cadenza assai più frequente di quella che percepiamo, poiché avvengono a distanze dalla crosta terrestre tali e, ad entità talmente basse che li registrano i sismografi ma per fortuna non le persone. Però ci sono. Succede poi, come ieri alle 00.37.09, che una scossa di magnitudo 3.8 ha luogo nel comune di Albi (Cz) e, la si avverte chiaramente non tanto per la magnitudo (medio – bassa), piuttosto per la poca distanza dell’epicentro dalla superficie terrestre (otto km).
di Antonia Opipari – La Calabria è una regione ad elevato rischio sismico. E già la sola presa di coscienza di questo può servire a salvarci la vita. Dal 1184 in poi – anno in cui si è cominciato, in linea di massima, a “tenere il conto” dei terremoti che hanno devastato la regione – la terra calabra non ha mai smesso definitivamente di tremare. E quando dico mai, intendo MAI; i terremoti si verificano con una cadenza assai più frequente di quella che percepiamo, poiché avvengono a distanze dalla crosta terrestre tali e, ad entità talmente basse che li registrano i sismografi ma per fortuna non le persone. Però ci sono. Succede poi, come ieri alle 00.37.09, che una scossa di magnitudo 3.8 ha luogo nel comune di Albi (Cz) e, la si avverte chiaramente non tanto per la magnitudo (medio – bassa), piuttosto per la poca distanza dell’epicentro dalla superficie terrestre (otto km).
Nella foto le faglie attive
«Niente di preoccupante» ci spiega Michele Folino Gallo, responsabile dell’unità organizzativa rischi ed emergenze della Protezione Civile calabrese. «Il terremoto di due notti fa rientra nella normale attività sismica a cui è soggetta la Calabria, attraversata da tutta una serie di spaccature della crosta terrestre, le cosiddette faglie, che proprio per questo loro essere ancora in grado di generare movimenti tellurici, sono definite “faglie attive”» continua. E questa regione ne è piena e, c’è anche un perché: la Calabria si trova lungo la zona di contatto tra l’Europa e l’Africa. I due continenti si stanno avvicinando tra loro ad una velocità di sette millimetri all’anno… in parole povere, è come se la regione fosse “schiacciata” in una morsa che vede da un lato la placca africana e dall’altro quella europea e, ogni volta che la crosta si rompe lungo una faglia provoca un terremoto. La faglia che si è mossa nel territorio di Albi fa parte di un sistema di fratture che attraversa la Calabria Centro – Settentrionale con direzione NW-SE, le stesse che l’8 giugno del 1638, generarono una scossa di magnitudo 6.6 che devastò la zona di San Giovanni in Fiore (Cs).
Ora, senza fare inutili allarmismi, bisogna però essere obiettivi: «I terremoti non si possono prevedere – dice Folino Gallo -. Non c’è modo di sapere quando e quanta energia può sprigionare un sisma, ma possiamo sapere dove. Per questo l’informazione e la prevenzione restano le uniche vere armi che abbiamo per cercare di ridurre il rischio sismico. Però dobbiamo ricordarcelo tutti i giorni, non solo quando la terra trema, perché ci si può difendere benissimo da ciò che si conosce. E allora informiamoci sulla pericolosità del territorio in cui viviamo evitando di costruire nelle zone meno sicure; quando compriamo casa o la ristrutturiamo assicuriamoci che vengano rispettati i parametri delle normative antisismiche (esistono dei sisma bonus che prevedono detrazioni fino all’80% per chi mette in sicurezza la propria abitazione), facciamoci dire dal nostro Comune quali sono e come raggiungere le aree sicure in caso di terremoto e impariamo a comportarci prima, durante e dopo un terremoto: fissare gli armadi ai muri, ad esempio, è una cosa semplice, che tutti possiamo fare in casa nostra e che può salvarci la vita». Tutti consigli che si trovano sul sito iononrischio.protezionecivile.it
Quando si parla di sisma, quello che preoccupa di più sono le condizioni delle scuole. La Calabria ha circa 2000 edifici scolastici, 700 dei quali sono già stati adeguati alle normative antisismiche, su 300 si sta lavorando, gli altri 1000 rientreranno nella nuova programmazione dei fondi UE.
La Protezione Civile non è un Ente. È un compito al quale hanno il dovere di collaborare tutte le componenti dello Stato: dai Comuni, che diventano autorità in caso di emergenza, all’amministrazione centrale attraverso il Dipartimento Nazionale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai Vigili del Fuoco alle forze dell’ordine in generale, fino ai cittadini. La Protezione Civile ha l’oneroso compito di coordinare le attività che possono salvare le vite di molti in una miriade di circostanze che non sono il solo terremoto e, per poter far questo ha bisogno dei Piani di Protezione Civile, ovvero protocolli che regolamentano le attività qualora avvengano terremoti, alluvioni e quant’altro. Ogni comune è obbligato dall’art.18 del decreto legislativo 1 del 2 gennaio 2018 del Codice della Protezione Civile a redigere il proprio Piano che diventa, di fatto, uno strumento imprescindibile per gestire il territorio ed applicare le norme di auto protezione dei cittadini. E questo Piano va anche periodicamente aggiornato tenendo conto dell’evoluzione dell’assetto territoriale e delle variazioni negli scenari attesi; ebbene «In Calabria quasi tutti i Comuni hanno un Piano di Protezione Civile ma molti di questi vanno aggiornati e soprattutto comunicati ai cittadini» spiega ancora Folino Gallo. «È basilare contribuire a sviluppare una cultura di Protezione Civile e capire che viviamo in una regione dinamica che ci espone a dei rischi. Lei sa cos’è il “balletto delle cifre” che i media rimbalzano quando succede qualcosa di catastrofico? Ha presente quando si dà il numero dei dispersi che alle volte aumenta, alle volte diminuisce?». No rispondo. «Bèh, quello è in realtà il numero delle persone che non sappiamo che fine ha fatto, semplicemente perché, non sapendo che nel piano di Protezione Civile del proprio Comune è indicata un’area di sicurezza in cui radunarsi, ha pensato bene di andare un po’ dove le pare. Quindi noi non sappiamo se cercarli sotto le macerie, se sono vivi o morti, che fine hanno fatto. Fortunatamente se stanno bene prima o poi vengono rintracciati. Solo che così si perde un sacco di tempo utile a salvare vite. Non è Protezione Civile questa?!». Certo. E dobbiamo farla noi in prima persona. Informiamoci, dunque, chiediamo, pretendiamo di essere addestrati se vogliamo sopravvivere all’imprevedibilità della Natura.