di Felice Foresta – Il passato e il futuro non esistono. Diceva S. Agostino. C’è solo il presente. Il presente del presente. Il presente del passato e il presente del futuro. E, così, 50 anni non sono una misura del tempo. Ma un dittongo che consacra la nostra memoria. E il dovere del ricordo. Per chi c’era quel giorno. Per chi c’era quel giorno e oggi non c’è più. E per chi, quel giorno, era solo un’ipotesi di Dio. Un intreccio del destino non compiuto. Perché tutti, chi c’era e chi non era ancora nato, abbiamo un vicolo torto, e di risulta. Dove rimani appeso all’elegia dell’eterno, e al suo ritorno. Un tempo atteso, che ora rimane lungo e appeso.
Alla filigrana di una fotografia, e un groppo in gola. Un alito di vita, e di tormento. Una nuvola di fumo, e due occhi persi. Luci di lacrime, e lei che sfugge. Bianca come la pace, e spicchi neri di more d’oltrestate. Darle un colore non ha senso. Il colore ce l’ha dentro. Appena gonfia i quadretti di una rete tersa, candida e grande come l’amore di tua madre. E che ti accoglie. E fra i quadretti di quel quaderno fido, a tempera ci scrivi un giorno, e la sua storia. Il Catanzaro il 27 giugno 1971, mezzo secolo fa, è nato fra i vicoli di Napoli. Per dirci che il paradiso lo ha fatto Dio, per chi non ha il sorriso.
Alla filigrana di una fotografia, e un groppo in gola. Un alito di vita, e di tormento. Una nuvola di fumo, e due occhi persi. Luci di lacrime, e lei che sfugge. Bianca come la pace, e spicchi neri di more d’oltrestate. Darle un colore non ha senso. Il colore ce l’ha dentro. Appena gonfia i quadretti di una rete tersa, candida e grande come l’amore di tua madre. E che ti accoglie. E fra i quadretti di quel quaderno fido, a tempera ci scrivi un giorno, e la sua storia. Il Catanzaro il 27 giugno 1971, mezzo secolo fa, è nato fra i vicoli di Napoli. Per dirci che il paradiso lo ha fatto Dio, per chi non ha il sorriso.