Quinta Bolgia, l’ombra della ‘ndrangheta sull’Asp di Catanzaro: chieste 11 condanne in appello (NOMI)

Invocata dal magistrato anche la conferma della condanna di primo grado per un ex dg dell'Asp di Catanzaro
corte d'appello catanzaro

 Undici condanne sono state chieste nei confronti di altrettanti imputati, tra personale dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia,  funzionari, dirigenti dell’Asp del capoluogo calabrese e società, che erogano servizi sanitari o di ambulanza, articoli medicali e ortopedici, servizi di pompe funebri, coinvolti nella duplice inchiesta della Dda di Catanzaro Quinta Bolgia e Gerione, scattata il 12 novembre 2018 in esecuzione di 24 misure cautelari. Il sostituto procuratore generale Raffaela Sforza ha chiesto davanti ai giudici della Corte di appello di Catanzaro la conferma della sentenza di primo grado pronunciata il 12 febbraio 2011 e “l’accoglimento dell’appello laddove non sia stata disposta la confisca del prodotto profitto- prezzo del reato nei confronti delle figure apicali, degli amministratori delle società condannate in primo grado” .

Le richieste di condanna

Le richieste di condanna

In particolare il magistrato ha invocato per l’ex dg dell’Asp di Catanzaro Giuseppe Perri, 1 anno e 4 mesi e mille euro di multa; per Pietro Putrino, 14 anni di reclusione, per Diego Putrino (40enne) 11 anni; per Diego Putrino (54enne), 11 anni; per Vincenzo detto “Enzino” Torcasio, 10 anni e 10 mesi di reclusione; per Ugo Bernardo Rocca, 12 anni; per Franco Antonio Di Spena, 6 anni; Chiesta inoltre la conferma della condanna di primo grado nei confronti delle società La Pietà Putrino Srl, difesa dall’avvocato Michele Cerminara, Croce Rosa srl, difesa dall’avvocato Ottavio Serranò, che difende anche la Putrino Service srl e Rocca Servizi sas di Pietro Rocca. L’udienza è proseguita con la discussione dell’avvocato Cerminara e il 15 febbraio seguiranno le arringhe difensive degli avvocati Salvatore Staiano, Francesco Gambardella, Livio Muscatiello, Giusy Caliò, Massimiliano Carnovale, Antonio Larussa, Renzo Andricciola, Giuseppe Senese.

Le accuse

Gli imputati a vario titolo rispondono di associazione a delinquere di stampo mafioso, turbata libertà dell’industria o del commercio, frode nelle pubbliche forniture, illecita concorrenza con minaccia o violenza, abuso di ufficio, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, peculato e induzione indebita a dare o promettere utilità.

L’inchiesta e l’illecita concorrenza

Al centro dell’inchiesta della Dda due gruppi imprenditoriali, i Putrino e i Rocca legati alla cosca confederata Iannazzo- Cannizzaro- Daponte, che si sarebbero accaparrati negli anni il mercato delle autoambulanze sostitutive del servizio pubblico, delle onoranze funebri, della fornitura di materiale sanitario, del trasporto sangue, escludendo dal mercato le altre ditte, operando attraverso un’illecita concorrenza e cercando di turbare, mediante atti illeciti la regolarità delle gare  di affidamento delle ambulanze. Pietro Putrino, Diego Putrino (53 anni), Vincenzo Torcasio, Giuseppe Perri, avrebbero turbato il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando, (il cui iter avrebbe avuto decorrenza dal 26 marzo 2015) sull’affidamento del servizio ambulanze, occasionale o su chiamata del 118 dell’Asp di Catanzaro.

Lo scambio di favori con la ‘ndrangheta 

Secondo le ipotesi di accusa Pietro Putrino, in qualità di capo indiscusso dell’omonimo gruppo imprenditoriale, riconducibile alla famiglia di ‘ndrangheta Iannazzo confederata con le famiglie Cannizzaro-Daponte, in diretto contatto con il capo cosca Vincenzino Iannazzo, dopo l’esecuzione dell’operazione Andromeda, avrebbe assunto una propria autonomia di azione, mantenendo alta la tensione concorrenziale col gruppo Rocca. Sarebbe ricorso anche alla assunzione di persone con rapporti di parentela con la criminalità organizzata lametina, quali Pierdomenico Iannazzo, figlio del capocosca Francesco, alias “Cafarone”, nonché di Luigi Notarianni, figlio di Aldo, detto “Piluosci”, per mantenere la propria posizione dominante nel settore e salvaguardare i propri interessi economici, a discapito dell’economia di libero mercato.

Pietro Putrino inoltre avrebbe amministrato la “cassa comune” nella quale sarebbero confluiti i proventi derivanti dall’attività dell’illecita concorrenza. Da questa cassa venivano dati, secondo la Dda, i compensi illeciti a ciascun dipendente che con violenza o minaccia procurava committenze di onoranze funebri o forniture sanitarie per il gruppo imprenditoriale Putrino, a discapito della concorrenza di libero mercato. Putrino sarebbe risultato essere il promotore insieme con Vincenzo Torcasio ed altri della turbativa della gara di appalto per l’affidamento del servizio ambulanze.

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