Rapina alla Sicurtransport di Catanzaro, chieste nove condanne

Sicurtransport Catanzaro

di Gabriella Passariello

Il pubblico ministero della distrettuale Paolo Sirleo ha chiesto pene dai 2 ai 14 anni di reclusione per i nove imputati, giudicati con rito abbreviato, accusati di aver preso d’assalto il 4 dicembre 2016 il caveau dell’istituto di vigilanza Sicurtransport ubicato nella zona industriale di Caraffa alle porte di Catanzaro, riuscendo a portare via 8 milioni e mezzo dalla sede della società. Davanti al gup del Tribunale di Catanzaro Claudio Paris il pm ha invocato per la collaboratrice di giustizia  Annamaria Cerminara2 anni e 400 euro di multa; per Carmine Fratepietro 14 anni; Matteo Ladogana 14 anni; Mario Mancino 14 anni; Dante Mannolo,13 anni, 4 mesi e 1500 euro di multa; Alessandro Morra 14 anni; Giovanni Passalacqua 14 anni; Leonardo Passalacqua 14 anni, e Pasquale Pazienza 14 anni di reclusione. Il giudice ha aggiornato l’udienza al prossimo 21 giugno, giorno in cui inizieranno le arringhe difensive dei legali Stefano Nimpo, Luigi Falcone, Aldo Casalinuovo, Nunzio Raimondi e Francesco Mancuso. Per altri tre imputati che hanno optato per l’ordinaria udienza preliminare, (Massimiliano Tassone, definito dagli inquirenti l’infiltrato che da responsabile della Sicurtransport avrebbe riferito notizie top secret alla banda per consentire l’accesso nei locali del caveau; Cesare Ammirato, che avrebbe messo a disposizione i locali, dove lasciare i mezzi per la rapina e Nilo Urso, che avrebbe procurato il mezzo dotato di martello pneumatico), è in corso il processo dibattimentale.

Il pubblico ministero della distrettuale Paolo Sirleo ha chiesto pene dai 2 ai 14 anni di reclusione per i nove imputati, giudicati con rito abbreviato, accusati di aver preso d’assalto il 4 dicembre 2016 il caveau dell’istituto di vigilanza Sicurtransport ubicato nella zona industriale di Caraffa alle porte di Catanzaro, riuscendo a portare via 8 milioni e mezzo dalla sede della società. Davanti al gup del Tribunale di Catanzaro Claudio Paris il pm ha invocato per la collaboratrice di giustizia  Annamaria Cerminara2 anni e 400 euro di multa; per Carmine Fratepietro 14 anni; Matteo Ladogana 14 anni; Mario Mancino 14 anni; Dante Mannolo,13 anni, 4 mesi e 1500 euro di multa; Alessandro Morra 14 anni; Giovanni Passalacqua 14 anni; Leonardo Passalacqua 14 anni, e Pasquale Pazienza 14 anni di reclusione. Il giudice ha aggiornato l’udienza al prossimo 21 giugno, giorno in cui inizieranno le arringhe difensive dei legali Stefano Nimpo, Luigi Falcone, Aldo Casalinuovo, Nunzio Raimondi e Francesco Mancuso. Per altri tre imputati che hanno optato per l’ordinaria udienza preliminare, (Massimiliano Tassone, definito dagli inquirenti l’infiltrato che da responsabile della Sicurtransport avrebbe riferito notizie top secret alla banda per consentire l’accesso nei locali del caveau; Cesare Ammirato, che avrebbe messo a disposizione i locali, dove lasciare i mezzi per la rapina e Nilo Urso, che avrebbe procurato il mezzo dotato di martello pneumatico), è in corso il processo dibattimentale.

 Le accuse per gli imputati vanno a vario titolo dal concorso in rapina aggravata, detenzione, porto illegale di armi anche da guerra, alla ricettazione, con l’aggravante della mafiosità per aver agevolato la ‘ndrangheta, “insistente nel territorio di Catanzaro, Mesoraca, San Leonardo di Cutro, Petilia Policastro e territori limitrofi”.

L’inchiesta. Le indagini che hanno portato all’operazione denominata “Keleos”, sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro e condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato insieme alle Squadre mobili di Catanzaro e Foggia. Gli investigatori hanno accertato l’esistenza di uno stretto collegamento tra pugliesi della zona di Cerignola (Foggia), “specializzati” nel settore e basisti calabresi. Questi ultimi, secondo le ipotesi di accusa, si sarebbero occupati di reperire le informazioni dal basista e di procurare le auto ed il mezzo cingolato, oltre che della logistica della permanenza clandestina a Catanzaro del commando composto dai malviventi pugliesi. La rapina sarebbe stata pianificata da molto tempo e la banda armata entrata in azione ha sfondato la parete di recinzione e il muro blindato del caveau grazie ad una grossa macchina cingolata dotata di martello pneumatico. I rapinatori, imbracciando fucili, hanno utilizzato strumenti per schermare i luoghi dalle onde radio facendo irruzione nel deposito tanto da costringere il personale di turno a rifugiarsi in una stanza appartata dell’edificio.

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