Rapporto BCC Mediocrati: “Reddito cittadinanza prima agli italiani”

Circa la metà degli imprenditori si dichiara favorevole all’istituzione del contributo economico ma oltre il 65% di loro manifesta una contrarietà a erogarlo agli stranieri o, comunque, a condizioni diverse dagli italiani.

Ad oggi, la misura avrebbe raggiunto ben 9 famiglie calabresi su 10 in povertà assoluta. E, intanto, per il 2019, cala l’indice di fiducia degli imprenditori sull’andamento economico regionale. Lo si evince dal 15° rapporto sull’economia del territorio del nord della Calabria, presentato dalla BCC Mediocrati di Cosenza. Dal rapporto si evince che il Reddito di Cittadinanza avrebbe raggiunto, in questi primi mesi, poco meno di 9 famiglie calabresi su 10 della platea potenzialmente più bisognosa.

Ad oggi, la misura avrebbe raggiunto ben 9 famiglie calabresi su 10 in povertà assoluta. E, intanto, per il 2019, cala l’indice di fiducia degli imprenditori sull’andamento economico regionale. Lo si evince dal 15° rapporto sull’economia del territorio del nord della Calabria, presentato dalla BCC Mediocrati di Cosenza. Dal rapporto si evince che il Reddito di Cittadinanza avrebbe raggiunto, in questi primi mesi, poco meno di 9 famiglie calabresi su 10 della platea potenzialmente più bisognosa.

Su circa 78mila famiglie stimate da Demoskopika, che ha curato la ricerca, in condizione di povertà assoluta in Calabria nel 2018, infatti, il numero dei nuclei percettori del Reddito di cittadinanza, ossia le domande accolte, – secondo gli ultimi dati disponibili aggiornati allo scorso 8 ottobre – è stato pari a 67mila, coinvolgendo oltre 160mila individui. A fare da contrappeso al tasso di successo, però, il possibile “condizionamento” del lavoro irregolare al crescere del quale sembrerebbe aumentare anche il numero delle domande per il reddito di cittadinanza. Non è un caso che la Calabria, oltre a registrare il più alto tasso di lavoro irregolare in Italia, pari al 22,3%, si posizioni anche in cima per numero di domande presentate ogni mille cittadini residenti, con un valore doppio a quello nazionale: 49 domande presentate a fronte delle 25 richieste rilevate in Italia.

Ma quanti sono i favorevoli e quanti i contrari al reddito di cittadinanza? Il campione degli imprenditori appare sostanzialmente diviso con una leggera prevalenza per il primo gruppo. Complessivamente un imprenditore su due, precisamente il 53,5%, si schiera a favore del provvedimento giudicandolo “utile”, mentre il resto del campione, ovvero il 46,5% lo ritiene una misura “inutile”. L’ago della bilancia, dunque, pende dalla parte del sistema imprenditoriale favorevole all’erogazione del contributo ma ad una condizione: che venga erogato prima agli italiani, secondo il 40% delle indicazioni fornite dai titolari delle aziende.

Sul versante della congiuntura economica, l’indagine continuativa annuale mostra un peggioramento, anche se non rilevante, per il 2018, dopo il migliore risultato raggiunto nel 2017. E, infatti, non si può certo parlare di ripresa economica per la maggior parte delle imprese, se ancora oltre 4 su 10 (43,9%) denunciano un trend negativo, oltre un terzo (36,9%) condizioni di stabilità e solo il 19,3% una crescita dei propri volumi di affari. Nel 2019, infine, l’indice di fiducia generale degli imprenditori, con 90,8 punti, si posiziona ancora in area negativa perdendo 7,7 punti rispetto all’anno precedente. Il rapporto fa anche emergere il dato che i Centri per l’impiego sono poco utilizzati dagli imprenditori. Circa 2 imprenditori su 3 (64,4%)  sono d’accordo a lasciare ai Centri per l’impiego l’arduo compito di aiutare i beneficiari del Reddito di Cittadinanza nella ricerca del lavoro. Ma si scopre che gli intervistati hanno un atteggiamento piuttosto critico verso i Centri per l’impiego che sono visti come strutture non “al passo con i tempi”.

Una convinzione, questa, confermata anche dal loro bassissimo utilizzo da parte delle imprese come canale di ricerca del personale. Nel 2018 solo il 2,1 per cento (circa 23mila persone) tra chi ha trovato un’occupazione alle dipendenze nel settore privato nell’ultimo anno vi è riuscito per il tramite dei Centri per l’impiego. Il basso utilizzo degli uffici di collocamento pubblici e il basso livello di intermediazione trova conferma nello studio di Demoskopika: nessuna impresa del campione intervistato ha affermato di rivolgersi “spesso” o “più volte” e dunque con una maggiore frequenza ai Cpi per la ricerca di personale da impiegare nella propria azienda, il 3,7% qualche volta, mentre la quasi totalità l’87,8% non utilizza mai i servizi del collocamento pubblico (80,1%) o se lo fa solo raramente (8,5%).

Redazione Calabria 7

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