Recovery Fund, Sculco: “Al Sud solo il 34% dei fondi”

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“Che Paese vorremmo tra dieci anni? Questa è la domanda che si fanno tutti, da cui partire per definire come utilizzare al meglio le ingenti risorse del Recovery Fund. Una riflessione che dovrebbe coinvolgere tutti i livelli istituzionali e soprattutto le rappresentanze degli interessi (associazioni di categoria, sindacati, associazioni datoriali, ordini professionali), ed invece il dibattito latita. Ed in questo silenzio, calato soprattutto nel meridione e specialmente in Calabria, si sviluppano tesi “romane” al livello governativo che, nuovamente, puntano a promuovere uno “sviluppo duale” che tanti drammi ha già creato, nei decenni passati, all’Italia e alle regioni del sud in modo particolare”. È quanto afferma in una nota il consigliere regionale Flora Sculco.

“Eppure – continua la Sculco –, dal corretto utilizzo di queste risorse, oltre 200 miliardi di euro, dipenderà il futuro della nostra nazione ed in modo particolare anche del nostro futuro. La situazione economica è gravemente peggiorata a causa degli effetti della pandemia che ha depresso la produzione industriale e pesantemente colpito le dinamiche economiche e sociali di ogni singola comunità. Ovunque. Nel nostro caso, poi, la pandemia si è abbattuta violentemente su un’economia gracile basata proprio sul quello “sviluppo duale” creato nel periodo postbellico, che ha visto lo Stato agire sulle “primarie” infrastrutture al sud, e farsi, invece, imprenditore al nord dove ha realizzato e guidato per decenni i processi di sviluppo economico”.

“Eppure – continua la Sculco –, dal corretto utilizzo di queste risorse, oltre 200 miliardi di euro, dipenderà il futuro della nostra nazione ed in modo particolare anche del nostro futuro. La situazione economica è gravemente peggiorata a causa degli effetti della pandemia che ha depresso la produzione industriale e pesantemente colpito le dinamiche economiche e sociali di ogni singola comunità. Ovunque. Nel nostro caso, poi, la pandemia si è abbattuta violentemente su un’economia gracile basata proprio sul quello “sviluppo duale” creato nel periodo postbellico, che ha visto lo Stato agire sulle “primarie” infrastrutture al sud, e farsi, invece, imprenditore al nord dove ha realizzato e guidato per decenni i processi di sviluppo economico”.

“Riparare danni e ripartire”

“Oggi – aggiunge il consigliere regionale -, proprio grazie all’utilizzo di questi 208 miliardi di euro, non solo possiamo “riparare” i danni creati dalla pandemia ma possiamo, finalmente, anche sanare il gap infrastrutturale, economico e sociale tra le due Italie, e suscitare, in tal modo, sviluppo e occupazione. Possiamo, concretamente, riaprire e dare una definitiva soluzione alla “Questione Meridionale”, messa da parte con troppa facilità negli ultimi anni. Una strada questa che non nasce da una semplice rivendicazione territoriale, ma che ci viene indicata direttamente dalla Comunità Europea. L’Europa nel definire la dimensione del finanziamento italiano riconosce ben 111 miliardi, dei 208, alla condizione in cui versa il nostro Mezzogiorno. La Comunità Europea, infatti, utilizza tre parametri per la definizione del Recovery Fund Italia: popolazione; Pil pro capite; tasso di disoccupazione”.

“Solo il 34% al Sud”

“Peccato però, che il Governo, così come ha ben evidenziato l’economista Antonio Corvino, direttore dell’Osservatorio Banche-Imprese, invece di utilizzare tutti e tre i parametri definiti dall’Europa per la redistribuzione delle risorse, applica solo quello numerico legato alla popolazione. Un criterio – continua Sculco – che quindi farebbe destinare al Sud soltanto il 34% delle risorse del Recovery Fund, quando, invece, questa percentuale dovrebbe essere intorno al 70%. Una bella differenza direi. Un’ennesima, assurda e intollerabile beffa! Ancora una volta tutta a nostro danno. Potremmo dire di essere alle solite, ma non possiamo in alcun modo rassegnarci. Perdere questo ulteriore “treno” per il meridione, ed in modo particolare, per la Calabria potrebbe significare l’addio a qualsiasi ambizione di sviluppo economico.

E ritornando alle indicazioni della Comunità Europea, le strategie individuate sono chiare: nei documenti di Bruxelles si invitano gli Stati membri ad intervenire nelle aree più in ritardo per appianare i gap tra i diversi territori, per realizzare, finalmente, quella congiunzione tra i nord e i sud. È paradossale che, invece, si voglia perpetuare l’errore che da 70 anni ha squilibrato e negato uno sviluppo armonico dell’Italia. Pensare che un’economia nazionale a due velocità possa, ancora oggi, essere competitiva in Europa e nel mercato globale è del tutto demenziale. È come se qualcuno volesse gareggiare nei cento metri, magari partecipando alle Olimpiadi, con una gamba sana e l’altra azzoppata. E non posso che, nuovamente, richiamare le tesi del direttore Corvino quando dichiara che “un’economia duale deprime l’intero Paese”.

“Modificare la ripartizione dei fondi”

“Ecco perché – conclude Sculco – mi sento non solo di sottoscrivere convintamente le tesi di Corvino, ma anche di promuovere il manifesto della Aim (Alleanza Istituti meridionalisti), che chiede di modificare quanto annunciato dal Governo italiano per la ripartizione, nell’ambito di sette anni, dei fondi Next Generation EU, alias Recovery fund, deliberati dall’Europa e di cui al Pnrr (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza). L’obiettivo è quello di correggere il palese strabismo del Governo italiano nella distribuzione dei fondi che non risulta assolutamente in linea con la determinazione europea. Non possiamo stare con le braccia conserte, magari girando e rigirando all’infinito i pollici, è tempo di darsi da fare per andare oltre”.

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