di Danilo Colacino – Clima di campagna elettorale per le ormai vicine Regionali sempre più elettrico e arroventato. Le voci si rincorrono e – come nelle migliori tradizioni della politica – ecco spuntare, e rispuntare, fuori nomi in perfetto stile calciomercato.
Gli schieramenti tradizionali, infatti, sono alle prese con il rebus del candidato presidente, che tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra ha creato e sta creando non pochi grattacapi e imbarazzi. Basti ad esempio pensare all’esclusione (dai risvolti assai incerti per l’intera coalizione) del governatore uscente Mario Oliverio, che il Pd nazionale ha bocciato senza appello, anche se la mina più pericolosa da disinnescare pare essere in casa dei rivali più accreditati per la vittoria finale: i moderati e liberali (per dirla con il gergo del passato) o sovranisti (usando i codici contemporanei).
Gli schieramenti tradizionali, infatti, sono alle prese con il rebus del candidato presidente, che tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra ha creato e sta creando non pochi grattacapi e imbarazzi. Basti ad esempio pensare all’esclusione (dai risvolti assai incerti per l’intera coalizione) del governatore uscente Mario Oliverio, che il Pd nazionale ha bocciato senza appello, anche se la mina più pericolosa da disinnescare pare essere in casa dei rivali più accreditati per la vittoria finale: i moderati e liberali (per dirla con il gergo del passato) o sovranisti (usando i codici contemporanei).
Lega e Fratelli d’Italia a riguardo hanno fatto sapere in tutti i modi possibili di non gradire l’ipotesi dell’attuale sindaco di Cosenza Mario Occhiuto. Tesi ufficiale: niente aspiranti governatori con guai giudiziari da fronteggiare. Un diktat – diciamo così ‘scivoloso’ per tante ragioni, anche se condivisibilissimo – che però porta dritto alla figura di Giuseppe Mangialavori for president.
Già, proprio lui, il giovane (in relazione al ruolo da ricoprire e a un Paese gerontocratico come l’Italia) parlamentare forzista che otterrebbe un sì convinto da parte di tutti nel fronte tornato nuovamente berlusconiano. Fatto sta, però, che il diretto interessato sembra abbia più volte rifiutato tale invito (facendo spallucce da circa un anno e mezzo, anche nelle stanze di Arcore e Palazzo Grazioli di fronte alle cortesi richieste del Cav in persona).
E il motivo di tale recalcitranza è presto detto: in almeno 18 regioni essere presidente fa rima con potere, visibilità e trampolino di lancio per futuri incarichi ancora più prestigiosi. Non in Calabria, però. Perché questa terra sembra inserita in una sorta di fantomatica black list in cui al governatore in carica – almeno negli ultimi 20 anni – bene che vada, tocca uscire dall’agone politico.