Regione, la denuncia della Cisal: “Dipendenti contagiati sono andati al lavoro”

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“Tamponi scomparsi e figurarsi il vaccino. Sta diventando a dir poco incresciosa la vicenda relativa all’esecuzione dei test per rilevare la presenza del Covid-19 fra i dipendenti della Regione Calabria”. E’ l’incredibile beffa subita dai lavoratori denunciata dalla Csa Cisal. Come si ricorderà, attraverso una comunicazione globale del dirigente del settore “Datore di Lavoro” era stata avviata la procedura per l’esecuzione dei tamponi nei confronti di coloro manifestassero la volontà. Dopodiché si era provveduto a stilare un calendario, suddiviso per giorni e luoghi di esecuzione dei test, ma nel corso della prima giornata (nella sede di Vaglio Lise a Cosenza) l’operazione fu bruscamente interrotta. Era l’11 gennaio e da allora non ci sono state più notizie in merito.

La prima richiesta sui tamponi del 14 gennaio

La prima richiesta sui tamponi del 14 gennaio

A seguito dello stop, il dirigente del settore “Datore di Lavoro” e il direttore generale di “Organizzazione e Risorse Umane” lo scorso 14 gennaio hanno scritto una nota, indirizzata al commissario ad acta Guido Longo e al dg del dipartimento “Tutela della Salute” Francesco Bevere, richiedendo “l’autorizzazione a sottoporre a tamponi molecolari i dipendenti regionali da parte dei servizi dedicati dalle Asp della Regione Calabria”. Nella comunicazione viene precisato che “per la somministrazione dei tamponi ai dipendenti delle Province di Vibo, Crotone e Catanzaro possiamo mettere a disposizione l’ambulatorio della Cittadella regionale in Catanzaro (che purtroppo, ad oggi, non risulta ancora attivo) mentre per la somministrazione dei tamponi ai dipendenti della Provincia di Reggio Calabria possiamo mettere a disposizione l’ambulatorio in Reggio Calabria via Modena 1”. La richiesta è motivata dal fatto che sono stati “numerosi i contagi tra i dipendenti medesimi” e l’esecuzione dei tamponi è una misura preventiva di tutela della salute dei lavoratori. La stima di quanti si sarebbero sottoposti al test era di circa mille lavoratori. “Tuttavia, né il commissario Longo e né il dg Bevere – sottolinea la nota della Cisal – hanno inteso rispondere”.

Il secondo sollecito del 2 febbraio

In assenza di riscontri, il dirigente del settore “Datore di Lavoro” e il dg “Organizzazione e Risorse Umane”, lo scorso 2 febbraio, hanno reiterato la richiesta agli stessi interlocutori. L’intento è di “coinvolgere le Asp di Reggio Calabria e di Catanzaro (o una delle due) per la somministrazione dei tamponi molecolari a tutti i dipendenti quale misura preventiva di tutela della salute dei lavoratori ex Dlgs 81/2008 ed ex articolo 2087 del codice civile”. Veniva ancora puntualizzato come: “Presso le sedi regionali, compresa la Cittadella, sono numerose le segnalazioni di casi positivi di dipendenti che si sono recati al lavoro mettendo a repentaglio la salute di altri”. “Nonostante questo e nonostante i timori che possa ingenerare ad oggi né Longo né Bevere – sostiene il sindacato – hanno inteso dare alcuna risposta. Sono passati invano trentasette giorni dalla prima comunicazione. È veramente desolante come, a fronte di una così grave segnalazione di un dirigente di settore e di un direttore generale di dipartimento non ci sia stato nemmeno il garbo istituzionale di dare riscontro. I due avrebbero potuto anche rispondere negativamente, potevano almeno dare un segnale di vita e di interesse nei confronti della salute dei lavoratori regionali, senza dimenticare che alcuni operano direttamente a contatto con il pubblico. Invece, finora ha prevalso un’immotivata inerzia nonostante il dipartimento “Tutela della Salute” debba costituire il fulcro dell’attività di contrasto alla pandemia in Regione Calabria. Sono note a tutti le criticità di questo dipartimento, peraltro sottolineate in atti ufficiali, dallo stesso commissario Guido Longo, tuttavia avere almeno scrupolo, da parte del direttore generale, di dare una risposta è veramente il minimo sindacale”.

Altissimo rischio negli uffici regionali

“Come messo per iscritto – incalza il sindacato CSA-Cisal – sono stati registrati casi in cui dipendenti positivi si sono recati ugualmente sul posto di lavoro. Una situazione potenzialmente pericolosissima considerando la facilità del virus di trasmettersi in ambienti chiusi. Negli uffici regionali si corre quindi il rischio che possano esplodere focolai da un momento all’altro. Eppure, le autorità istituzionali preposte a dare risposte sull’effettuazione dei tamponi se ne sono lavate le mani. Vorremmo anche ricordare – come pochi giorni fa segnalato dal sindacato – che non sempre il termoscanner è funzionate. Quindi in Cittadella è minacciata l’efficacia delle misure anti-contagio. Inoltre, i dirigenti di settore e i rispettivi direttori generali dei dipartimenti hanno il preciso dovere segnalare la presenza di dipendenti positivi al “Datore di Lavoro”, evitando possibili forme elusive. Non fosse altro perché, una volta noto un contagio devono scattare precise misure. La segnalazione alle Autorità sanitarie per i provvedimenti necessari e, alla luce del tracciamento, occorre attivare lo smart working per quei dipendenti che hanno operato negli ultimi sette giorni continuativi nello stesso ambiente di lavoro condiviso dal dipendente risultato positivo”. Come se non bastasse, proprio nel dipartimento Tutela della Salute, si è appreso della positività di un congiunto di un dipendente che è stato in servizio fino a giovedì 18 febbraio. Nella giornata di oggi verrà effettuata la sanificazione dei locali da parte della Protezione civile. “Magari alla luce di questo, sia Longo e sia Bevere – aggiunge la Cisal – potrebbero svegliarsi”.

Si garantisca la salute dei lavoratori

“Dunque, non si scherza. Pretendiamo – aggiunge il sindacato CSA-Cisal – che sia al più presto data risposta alle richieste formali sull’attivazione delle procedure di esecuzione dei tamponi sui dipendenti regionali, come diligentemente proposto dal dirigente “Datore di Lavoro”.  I rischi che si stanno correndo sono elevati e non possono essere sottaciuti. Nella comunicazione del 2 febbraio, il dirigente di settore e il dg del Personale avevano altresì richiesto di: “Predisporre la vaccinazione dei dipendenti nel più breve tempo possibile al fine di tutelare la salute del personale regionale esposto a continui contatti tra di loro e con l’esterno nell’esercizio di una funzione indispensabile per la Comunità calabrese”. Se sui tamponi è andata come è andata, speriamo che almeno sui vaccini ci sia l’educazione e il senso di responsabilità di dare risposte concrete ai dipendenti che vivono questo periodo difficile a causa della pandemia e vorrebbero almeno qualche sicurezza in più sul proprio posto di lavoro”.

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