di Mario Meliadò – Se non leggessimo coi nostri occhi, se fosse qualcun altro a raccontarcelo, forse avremmo qualche problema a crederci. Eccolo, l’annuncio “lunare” del Presidente del Consiglio regionale Mimmo Tallini: per le Presidenze delle Commissioni consiliari si rivoterà in una nuova seduta d’Assemblea.
IL “BIS”
IL “BIS”
Dopo uno scivolone bestiale sui vitalizi-non-vitalizi, con relativa figuraccia sui media di tutt’Italia, era arrivato il secondo capitombolo, quello sulle Presidenze di Commissione.
Dopo una sequenza interminabile d’incontri di gruppo e di coalizione, dopo aver tentato di limare le unghie alle forze d’opposizione offrendo loro questo e quello a casaccio, dopo 8 ore e mezza di ritardo rispetto al preventivato orario d’inizio della sessione di Consiglio regionale, di fronte alla diserzione della seduta consiliare da parte di una minoranza bistrattata, la maggioranza non aveva trovato di meglio che sbattersene altamente, entrare in Aula e – si capisce, per dotare l’Ente degli irrinunciabili strumenti etc. etc., le stesse ragioni “alte” che avevano portato a istituire un’ulteriore Commissione permanente da immolare come un agnellino sull’altare sacrificale della Lega – votare. Votare non solo i Presidenti ma – si capisce, proprio per non ledere le prerogative istituzionali delle minoranze etc. etc. – persino i loro vice, nomi “fantasia del cuoco” tutti iperdelegittimati perché in realtà mai scelti da quelle stesse forze d’opposizione tutelate dal Regolamento consiliare, ma pure perché eletti con un solo, striminzito voticino di maggioranza davanti agli scranni vuoti dell’opposizione stessa.
Una scelta assurda, rivelatrice di una concezione da “padroni del vapore” delle Istituzioni, di fronte alla quale gli oppositori avevano scelto due percorsi convergenti: dimissioni da tutte le vicepresidenze e ricorso al Tar.Adesso, la retromarcia pure sull’elezione dei vertici degli organismi di Palazzo Campanella: un “bis” beffardo che, però, a soli cinque mesi dal voto non profuma di sorrisi, ma d’improvvisazione allo stato puro. E che il presidente Tallini avrebbe potuto tranquillamente evitare, impedendo alla maggioranza di stravolgere il senso ultimo delle garanzie previste a tutela dei diritti dell’opposizione.
ITER (IL)LOGICO
Clamorosa, poi, la tripla piroetta carpiata reverse con cui Tallini tenta d’eludere l’inevitabile brutta figura personale e soprattutto dell’Istituzione che presiede. Il ragionamento (?) suona più o meno così: visto che non si sono registrati atti illegittimi, visto che i dirigenti ci danno ragione, visto che se si andasse al Tar l’opposizione non avrebbe comunque alcuna chance di vedere accolto il proprio ricorso… beh, “allora” accolgo le censure della minoranza e mi accingo a convocare una nuova sessione d’Aula in cui si rivoterà per le presidenze e le vicepresidenze delle Commissioni consiliari.
Anche queste sembrerebbero freddure in stile Monty Python: invece, sono pagine di vita istituzionale di una Regione Calabria che non sembra aver fatto tesoro del mezzo secolo d’esperienza accumulata.
«Il Segretariato generale del Consiglio regionale ha esaminato con attenzione e scrupolosità la diffida-ricorso proposta dagli undici Consiglieri regionali di minoranza», si legge nella nota diffusa ai media da Mimmo Tallini. «La risultanza più importante di questa puntuale verifica, riassunta in una nota ufficiale firmata dai dirigenti Maurizio Priolo, Maria Stefania Lauria e Sergio Lazzarino, è che il paventato ricorso al Tar in caso di mancato accoglimento della diffida non avrebbe alcun fondamento giuridico in quanto risulterebbe viziato da difetto assoluto di giurisdizione, poiché lederebbe le attribuzioni costituzionali riconosciute ai Consigli regionali». Frangente un po’ rischioso da affermare “a monte” del vaglio della questione da parte dei magistrati amministrativi; ma tant’è.
Soprattutto asserisce Tallini, incurante della lesione delle prerogative sostanziali della minoranza, che siamo davanti a un «atto pienamente legittimo»; e questo, nello specifico, si concreterebbe perché l’elezione dei vertici delle Commissioni «non è un atto amministrativo, bensì una decisione strettamente collegata alla potestà di auto organizzazione del Consiglio ‘con carattere di essenzialità e diretta incidenza, tale che, in sua mancanza, l’attività del Consiglio […] sarebbe menomata o ne sarebbe significativamente incisa’».
Ancòra, viene ravvisata l’esigenza di difendere «la funzione legislativa regionale che il Consiglio deve potere esercitare ‘in piena autonomia politica», per cui «‘il sindacato del giudice amministrativo cede di fronte al principio costituzionale di separazione dei poteri’».
Tallini fa poi presente che «lo stesso Segretariato generale ha individuato nel Presidente del Consiglio regionale, garante delle prerogative e delle garanzie dell’esercizio dei diritti dei consiglieri regionali, il soggetto istituzionale competente a decidere sulla diffida-ricorso e a ricercare la risoluzione del contenzioso»; una soluzione che – lo ripetiamo – un Presidente consapevole di quanto stava realmente accadendo con quel voto e delle proprie prerogative avrebbe potuto e dovuto individuare prima che si consumasse il vulnus di cui il politico catanzarese torna a dirsi «preoccupato».
GINNASTA DELLE PAROLE
…Ed ecco il fantastico volteggio che tenta il Presidente dell’Assemblea, nelle vesti d’autentico “ginnasta delle parole”: «Ho deciso di accogliere la diffida-ricorso presentata dai Consiglieri regionali di opposizione. Non perché ne riconosca la fondatezza, come del resto si evince dal parere degli Uffici del Consiglio, ma per superare questa impasse».
Meraviglia.
In definitiva, cosa sarà mai accaduto col voto della seduta consiliare precedente? S’è solo perso un discreto quantitativo delle cose di cui questo Consiglio regionale ha meno disponibilità: tempo e credibilità.