Reventinum, ‘ndrangheta ed estorsioni nel Catanzarese: chieste 9 condanne (NOMI)

di Gabriella Passariello- Nove condanne a pene comprese tra i  30 e gli 8 anni di reclusione e un’assoluzione sono stati chiesti dalla Procura distrettuale per gli undici imputati giudicati con rito abbreviato coinvolti nell’inchiesta Reventinum, che ha inferto un  duro colpo a capi e gregari della cosca del “Gruppo storico della montagna”, operante nella Sila Catanzarese e comprendente i territori di Soveria Mannelli, Decollatura, Platania, Serrastretta e zone limitrofe, ricostruendo la faida tra le cosche rivali dei Mezzatesta e degli Scalise. In particolare il pubblico ministero ha invocato per Pino Scalise, 30 anni di reclusione; Luciano Scalise, 30 anni; Andrea Scalzo,10 anni; Angelo Rotella, 10 anni; Vincenzo Mario Domanico, 8 anni; Cleo Bonacci, 10 anni; Eugenio Tomaino, 10 anni; Domenico Mezzatesta, 16 anni; Giovanni Mezzatesta, 10 anni. L’unica assoluzione è stata invocata davanti al gup per Antonio Pulitano. Poi hanno preso la parola la Regione, la Camera penale che ha ricordato la figura dell’avvocato Francesco Pagliuso e il 18 dicembre prossimo discuteranno le altre parti civili e gli avvocati difensori degli imputati.

Le accuse contestate

Le accuse contestate

Gli imputati rispondono a vario titolo di associazione a delinquere di tipo mafioso, sequestro di persona, omicidio, estorsione, danneggiamento, violenza privata.  Avrebbero inoltre minacciato di morte imprenditori sotto il cappio continuo delle estorsioni, costretti a cedere l’affidamento delle commesse di lavori alla ‘ndrangheta o ad effettuare sconti privilegiati su merce, materiali o piante, a volte obbligati a darli gratuitamente.

La scissione

Per la Procura distrettuale,  le due fazioni sarebbero nate dalla scissione del “Gruppo storico della montagna”, dopo l’attentato subito da Pino Scalise nel 2001, cui ha fatto seguito una lunga scia di sangue iniziata nel gennaio del 2013 con il duplice omicidio, commesso a Decollatura, di  Francesco Iannazzo e Giovanni Vescio (per il quale sono stati condannati in via definitiva Domenico e Giovanni Mezzatesta), proseguita con gli omicidi di Daniele Scalise e di Luigi Aiello e infine con gli omicidi dell’avvocato Francesco Pagliuso e di Gregorio Mezzatesta.

Il sequestro di persona e le minacce

Secondo le ipotesi della Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro, Pino Scalise, in concorso con i defunti Daniele Scalise, Francesco Iannazzo e Giovanni Vescio, avrebbe privato della libertà personale il noto avvocato penalista Francesco Pagliuso, conducendolo, contro la sua volontà, in un bosco in una zona montana del Reventinum.  I quattro l’avrebbero incappucciato, malmenato e trascinato di fronte ad una buca scavata con un mezzo meccanico, minacciato di essere scaraventato in quel fosso, senza che il suo corpo potesse più essere ritrovato.

Il collegio difensivo

Tra gli avvocati impegnati nel processo compaiono i nomi di Lucio Canzoniere, Antonio Gigliotti, Antonio Larussa, Piero Chiodo, Stefano Nimpo e per le parti civili gli avvocati Salvatore Staiano e Aldo Ferraro.

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