Su delega della Procura della Repubblica capitolina, finanzieri del Comando Provinciale di Roma stanno eseguendo, nelle province di Roma, L’Aquila, Reggio Calabria, Napoli, Perugia, Ancona e Campobasso un’ordinanza di custodia cautelare (in carcere per 22 persone e agli arresti domiciliari per 11 persone), per le ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e al riciclaggio, oltre che per i reati di estorsione, autoriciclaggio e detenzione abusiva di armi.
L’attività di riciclaggio di un gruppo di cinesi
Il provvedimento, emesso dal dip. del locale Tribunale, costituisce l’epilogo delle indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma ed eseguite dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (Gico) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma e dal Gruppo di Fiumicino, coadiuvati dallo Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (Scico) della Guardia di Finanza e dalla Direzione Centrale Servizi Antidroga (Dcsa).
Le indagini hanno permesso di individuare, in particolare, soggetti di nazionalità cinese di stanza a Roma che hanno svolto sistematicamente attività di riciclaggio di profitti illeciti conseguiti da più gruppi criminali dediti al traffico, anche internazionale, di sostanze stupefacenti.
Le attività di “ripulitura” del denaro avvenivano presso le sedi di attività commerciali dedite all’import-export di abbigliamento e accessori di moda, tutte gestite da due comunità familiari cinesi nel quartiere Esquilino della Capitale. Tali esercizi, esistenti solo formalmente, fungevano in realtà da “centri di raccolta” del denaro di provenienza illecita destinato a essere trasferito all’estero (prevalentemente in Cina) in maniera anonima e non tracciabile.
Tale illegale intermediazione finanziaria, basata su puntualità, discrezionalità e sicurezza, garantita dalle performance dei soggetti cinesi coinvolti, si fondava sul cosiddetto metodo “Fei Ch’ien” (letteralmente “denaro volante”), consistente nel virtuale trasferimento del denaro all’estero.
Nei fatti, il denaro depositato presso il broker cinese non lasciava fisicamente il Paese di partenza, venendone invece trasferito il solo “valore nominale” alla controparte/broker presente nel Paese estero. La successiva compensazione poteva avvenire con modalità diverse quali, tra le altre, il ricorso a corrieri di valuta, bonifici “diretti” di importo frazionato (al fine di aggirare i vincoli antiriciclaggio) oppure a mezzo di trasferimenti di denaro sulla base di operazioni commerciali fittizie.
Le fasi del modus operandi
Le indagini hanno permesso di ricostruire il modus operandi in atto per l’esecuzione delle attività illegali descritto con i seguenti punti:
Le indagini consentivano di individuare in Wen Kui Zheng (classe 1968) quale gravemente indiziato di rappresentare il vertice dell’organizzazione dedita al riciclaggio nonché di essere il promotore del sodalizio:
All’esito delle attività delegate dall’Ufficio di Procura sono stati:
Nel complesso, sono state tracciate movimentazioni finanziarie per oltre 50 milioni di euro, dirette dal territorio nazionale verso la Repubblica Popolare Cinese.
Chi conferiva il denaro
Per quanto, invece, concerne i conferitori del denaro contante da riciclare, le indagini si sono incentrate su due distinte associazioni criminali dedite al narcotraffico delle quali, in particolare, una si serviva di chat criptate per sfuggire ai tentativi di intercettazione e il cui contenuto è stato acquisito anche grazie alla collaborazione tra la Dda di Roma ed Eurojust. L’efficacia delle indagini ha consentito, in occasione dei numerosi interventi repressivi effettuati, di riscontrare direttamente le notevoli potenzialità delle organizzazioni investigate, le quali potevano contare su:
In particolare, nei confronti del primo aggregato criminale, sono stati raccolti gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli organizzatori Antonio Gala (classe1980) e Fabrizio Capogna (classe 1984), il primo latitante, l’altro – all’epoca delle indagini – in stato di detenzione presso la Casa Circondariale di Rebibbia, sono stati sequestrati oltre 110 kg di narcotico (tra hashish, marijuana e cocaina) e sono stati ricostruiti traffici illeciti per oltre 545 kg di sostanza stupefacente, costituente un giro di affari tra Spagna e Italia di circa 20 milioni di euro.
Federico Latini (classe 1994) invece, all’epoca delle indagini in stato di detenzione domiciliare per tentato omicidio legato a un regolamento di conti nell’ambiente del traffico di stupefacenti e fortemente radicato nel mondo del narcotraffico romano, risulta gravemente indiziato di aver promosso la seconda organizzazione criminale. Su tale versante, le investigazioni consentivano di sequestrare partite di droga per oltre 157 kg (per un valore stimato di circa 4 milioni di euro) e armi, trasportate in sicurezza grazie a sofisticati vani segreti ricavati nelle autovetture messe a disposizione dei corrieri.
La misura cautelare personale è stata emessa nell’ambito della fase delle indagini preliminari e, allo stato delle attuali acquisizioni probatorie e in attesa di giudizio definitivo, è doveroso sottolineare che vale la presunzione di non colpevolezza degli indagati.
L’odierna operazione testimonia il costante impegno dell’Autorità Giudiziaria inquirente e giudicante e della Guardia di Finanza di Roma a contrasto del narcotraffico anche attraverso l’individuazione degli enormi flussi finanziari prodotti e successivamente riciclati in via sistematica e professionale