di Gabriella Passariello- Dalle estorsioni, ai tentati omicidi, al traffico di droga, alle armi. Andrea Mantella, ex boss scissionista, ha confessato di aver messo in atto un’infinità di reati, nel corso del processo Rimpiazzo, che si sta celebrando davanti ai giudici del Tribunale collegiale di Vibo. Ha negato di aver commesso quello che il pentito definisce reati volgari, quelli sessuali o gli scippi contro i vecchietti “anche se i reati sono tutti schifosi, però io appartenevo ad un contesto mafioso e la mia vita era stata quella, fino a quando non ho deciso di collaborare con la giustizia”. Non ha saputo riferire con precisione al pm della distrettuale antimafia di Catanzaro Andrea Mancuso quando è iniziata la sua storia criminale: “perché io criminale ci nacqui e posso solo fare ricorso alla mia memoria, che all’età di dodici, tredici anni, sono apparso sui giornali ‘o mi dai 30 milioni in lire ovviamente o ti faccio saltare in aria”.
“Io criminale ci nacqui”
“Io criminale ci nacqui”
Ha riferito di aver compiuto accoltellamenti, estorsioni e di essersi messo in vista agli occhi del clan Carmelo Lo Bianco, “che per me era una figura importantissima, un secondo padre. Già da minorenne ho commesso tre, quattro omicidi, non mi ricordo bene quanti sono, gli omicidi sono tanti, sono stato pure condannato, appunto per omicidi, sottoposto a Rinascita Scott per una miriade di reati. Io ci nacqui criminale e ho sempre operato in questo senso, fino a quando maturai il sentimento di pentirmi”. Mantella ha continuato a riferire circa i suoi trascorsi ‘ndranghetistici, raccontando in aula alla Dda e ai giudici del collegio come nel 2003 ha iniziato a mettere insieme il proprio gruppo con quello dei Bonavota. Aveva un appoggio militare a Lamezia Terme, dei suoi parenti, facendo riferimento alla famiglia Giampà “questi venivano a Vibo per fare gli omicidi e noi andavamo a Lamezia a fare pure gli omicidi”. Nello stato embrionale il suo gruppo è partito con quello dei Bonavota-Emanuele e “c’era come si dice la benedizione di Damiano Vallelunga, il boss dei Viperari di Serra San Bruno, che ognuno si doveva riappropriare del proprio territorio, cioè io dovevo comandare sulla città di Vibo Valentia e i Bonavota dovevano comandare nel loro territorio. C’erano pure gli Anello-Fruci. I Bonavota davano una mano a me e io davo una mano a loro”. Mantella ha iniziato a conquistare potere su Vibo, cosi come i Bonavota lo hanno acquistato su Sant’Onofrio e zone limitrofe e già dal 2003 Mantella aveva creato un “corpo rivale” nei confronti del colosso Mancuso-Razionale-Fiarè-Gasparro.
“Il coraggio ce l’avevo dal ventre di mia madre”
Il pentito è sceso nei dettagli, spiegando al pubblico ministero il motivo per cui nasce questo corpo rivale. “Il coraggio ce l’avevo dal ventre di mia mamma. Io quando ero in carcere, che per me il carcere è stata una sorta di università nella criminalità organizzata, mi relazionavo con altri boss, con altri detenuti eccellenti e quando sono uscito fuori, ero in semilibertà e in quel periodo c’era una sorta di pandemia”. Mantella ironizza e paragona il lockdown vissuto a causa del Covid nel periodo attuale con quello vissuto all’epoca: delinquenti, criminali, mafiosi, ‘ndranghetisti di Vibo, tutti chiusi dentro, perché terrorizzati da Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni.
“ Tutti chiusi in casa con i pannoloni”
“Era una sorta di pandemia- dichiara Mantella- quella che abbiamo vissuto qualche anno fa. Chi sarà mai questo Pantaleone Mancuso, questo Scarpuni, chi sarà mai? Madonna tutti chiusi dentro”, proseguendo nel dire che sulle attività di droga, usura, estorsioni, i Vibonesi dovevano riconoscere ai Mancuso il tre e il cinque per cento, mentre questi ultimi non davano mai nulla Vibonesi. Il collaboratore di giustizia ha ammesso di non aver voluto mai essere nella sua vita il portaborse o il factotum di qualcuno e proprio perché non voleva essere secondo a nessuno si chiedeva all’epoca: “chi sarà mai Scarpuni?” Mantella in aula ha parlato di attentati dinamitardi inutili, ma strategici e per rendere l’idea della guerra in atto ha utilizzato dei paragoni: Vibo come Baghdad, come Beirut, uno scontro che sarebbe rientrato nella più ampia logica di screditare i Mancuso su Vibo. “Praticamente io prendo accordi con Pantaleone Mancuso, ‘o tratti con me o te ne vai da Vibo’. E c’era questa finta amicizia. Chiaramente noi facevamo le battute per uccidere Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni e nella stessa maniera lui lo faceva nei miei riguardi”. E sui Lo Bianco- Barba il pentito ha riferito della loro sottomissione ai Mancuso fin dagli anni ottanta. “ I Lo Bianco- Barba se la facevano addosso. Solo pronunciare il nome Mancuso, Fiarè, Razionale, non bastavano i pannoloni, quelli dei Pampers. Io questa incontinenza non ce l’ho mai avuta, non ce l’ho tuttora e quindi mi sono opposto a questa situazione, a questa soggezione con i Mancuso”, creando appunto il “corpo rivale”.
LEGGI ANCHE
Mantella e il business della droga dei Piscopisani: “A Vibo con la 500 scassata, a Roma in Ferrari”