“Quale giudice per le indagini preliminari nell’ambito dello stesso procedimento ha emesso provvedimenti di intercettazione a contenuto decisorio con apprezzamento nel merito in relazione all’imputazione associativa e alle articolazioni ad essa strettamente connesse. Attività a carattere giurisdizionale che ha comportato la valutazione di un corposo materiale investigativo confluito nel fascicolo processuale “. La Corte di appello di Catanzaro, presidente Loredana De franco, a latere Adriana Pezzo e Ippolita Luzzo, ha accolto l’stanza di ricusazione del giudice Tiziana Macrì fino a poche ore fa, presidente del collegio giudicante nell’ambito del processo di Rinascita Scott, la maxi operazione antimafia che ha messo sotto scacco le cosche del Vibonese, accogliendo la richiesta della Dda guidata da Nicola Gratteri.
Il nodo dell’incompatibilità
Il nodo dell’incompatibilità
La richiesta di ricusazione del presidente di sezione del Tribunale di Vibo era già stata al centro della discussione lo scorso 9 novembre nel corso della prima udienza del giudizio immediato che vedeva imputati l’ex parlamentare di Forza Italia Giancarlo Pittelli, l’ex sindaco di Nicotera Salvatore Rizzo, l’imprenditore Mario Lo Riggio e l’avvocato Giulio Calabretta. Nessuno però in quella sede aveva presentato tale istanza. Il nodo dell’incompatibilità della Macrì era emerso però all’indomani della sentenza contro il clan Soriano di Filandari emessa dal collegio presieduto dallo stesso giudice lo scorso 26 ottobre. Si trattava del processo “Nemea” che conteneva anche gli atti e le contestazioni dell’inchiesta “Rinascita Scott”. C’è di più: Tiziana Macrì nel ruolo di gip del Tribunale di Catanzaro nella fase delle indagini preliminari di Rinascita Scott ha anche autorizzato un’intercettazione richiamando nelle motivazioni l’associazione mafiosa e anticipando – secondo l’interpretazione di alcuni legali impegnati nel collegio difensivo – un futuro giudizio.