Rinascita Scott, arresto bis per il “Ministro” della ‘ndrangheta vibonese. L’identikit di Giofrè

E' stato rispedito in carcere in seguito alla condanna con rito abbreviato a 13 anni e 4 mesi. L'accusa è di associazione a delinquere di tipo mafioso
giofrè

di Gabriella Passariello– E’ ritornato dietro le sbarre il “Ministro dei lavori pubblici della ‘ndrangheta vibonese” Gregorio Giofrè, 59 anni, di San Gregorio d’Ippona, condannato con rito abbreviato in Rinascita Scott a 13 anni e 4 mesi. Una condanna che ha consentito al pool di magistrati della Dda, Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso, sotto il coordinamento dal procuratore capo Nicola Gratteri di chiedere l’arresto, accolto poi dal gip per l’esponente di spicco del locale capeggiato da Rosario Fiarè, Saverio Razionale e Gregorio Gasparro, accusato di associazione a delinquere di tipo mafioso. L’arresto si fonda su due presupposti il pericolo di fuga e la reiterazione del reato per l’ex latitante, sfuggito in un primo momento alla cattura nell’ambito del maxi blitz del 19 dicembre di tre anni fa, detto anche “Nasone” e “Ruzzu”, poi acciuffato nel cuore della notte e messo dietro le sbarre nel maggio del 2020. Ci ha pensato poi il  Riesame a scarcerarlo e nonostante il ricorso in Cassazione da parte della Dda, l’imputato è tornato nuovamente in libertà fino a quando stanotte, i carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo, al comando del capitano Alessandro Bui, gli hanno notificato l’ordinanza di misura cautelare in carcere.

Definito dai pentiti collettore delle estorsioni per la cosca d’appartenenza e “mediatore” specializzato nel favorire accordi spartitori tra tutti i clan operanti nella provincia di Vibo, Giofrè è il genero di Rosario Fiarè, l’ormai anziano boss di San Gregorio d’Ippona, uno dei feudi della criminalità organizzata della provincia di Vibo. Giofrè avrebbe assunto le redini del clan e da ministro dei Lavori pubblici si sarebbe trasformato nel “nuovo” boss del locale. Nuovo solo per via delle vicissitudini giudiziarie che hanno colpito gli altri sodali del clan perché il nome di Giofrè è ben noto agli inquirenti da almeno due decenni. Assolto dall’accusa di associazione mafiosa nel processo sfociato dall’operazione “Rima”, il 58enne di San Gregorio d’Ippona è da sempre considerato un esponente di spicco del locale dove è nato ed è cresciuto ufficialmente come piccolo imprenditore di provincia. a cattura ed il silenzio. Come tutti i veri capi non si era mosso dal proprio territorio. I carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo di Vibo Valentia lo avevano individuato in una casa di campagna, lontana dal centro abitato, all’interno di un antico frantoio video sorvegliato e non facile da raggiungere.

Definito dai pentiti collettore delle estorsioni per la cosca d’appartenenza e “mediatore” specializzato nel favorire accordi spartitori tra tutti i clan operanti nella provincia di Vibo, Giofrè è il genero di Rosario Fiarè, l’ormai anziano boss di San Gregorio d’Ippona, uno dei feudi della criminalità organizzata della provincia di Vibo. Giofrè avrebbe assunto le redini del clan e da ministro dei Lavori pubblici si sarebbe trasformato nel “nuovo” boss del locale. Nuovo solo per via delle vicissitudini giudiziarie che hanno colpito gli altri sodali del clan perché il nome di Giofrè è ben noto agli inquirenti da almeno due decenni. Assolto dall’accusa di associazione mafiosa nel processo sfociato dall’operazione “Rima”, il 58enne di San Gregorio d’Ippona è da sempre considerato un esponente di spicco del locale dove è nato ed è cresciuto ufficialmente come piccolo imprenditore di provincia. a cattura ed il silenzio. Come tutti i veri capi non si era mosso dal proprio territorio. I carabinieri del Ros e del Nucleo investigativo di Vibo Valentia lo avevano individuato in una casa di campagna, lontana dal centro abitato, all’interno di un antico frantoio video sorvegliato e non facile da raggiungere.

Le accuse dei pentiti

Secondo le dichiarazioni di Andrea Mantella e Raffaele Moscato, Giofrè “funge da punto di contatto tra le varie consorterie per le messe a posto nel territorio vibonese”, al centro di un sistema di imposizione e raccolta delle estorsioni consolidato e divenuto automatico nel corso degli anni. Nelle carte di “Rinascita-Scott”, il nome di Giofrè finisce spesso per essere associato ad alcuni dei più grossi imprenditori vibonesi, vittime e collusi. Il suo intervento è spesso risolutore. “A Vibo – riferisce Moscato – l’80% dei soldi delle estorsioni, per tutti i gruppi, ovvero per i Piscopisani, per i Patania, per i Mancuso e per le altre famiglie, li ritira tale ‘Nasone’ di San Gregorio d’Ippona, con nome o diminutivo del nome ‘Ruzzo’… E’ il genero di Rosario Fiarè e cugino di Michele Fiorillo, alias Zarrillo… il fatto che questo Nasone raccogliesse i soldi per tutti, compreso Luni Mancuso Scarpuni mi è stato detto da Rosario Battaglia. Nasone è un criminale di spessore che, passando per imprenditore, ha maggiori rapporti con gli imprenditori vittime di estorsione; una parte di ciò che raccoglie va anche a lui”.

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