Il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Annamaria Frustaci, ha chiesto otto anni di reclusione nei confronti di Giacomo Cichello, 33 anni, ritenuto il “braccio operativo” del presunto boss di Filandari Leone Soriano e imputato dinanzi al gup del Tribunale di Catanzaro Gabriella Logozzo con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. Difeso dagli avvocati Piero Chiodo e Daniela Garisto, il giovane di Filandari è rimasto coinvolto nella maxi inchiesta “Rinascita Scott” per la quale la Procura di Catanzaro ha chiesto il giudizio immediato per sette indagati presunti componenti della famiglia di ‘ndrangheta vibonese. Nell’ambito di questo procedimento Cichello ha poi scelto e ottenuto di essere giudicato con il rito abbreviato davanti al gup di Catanzaro.
Il 14 dicembre la sentenza
Il 14 dicembre la sentenza
La giornata di oggi è stata caratterizzata dalla requisitoria del pm al termine della quale Annamaria Frustaci ha invocato la condanna a otto anni di reclusione nei confronti di Giacomo Cichello. Nel frattempo i legali dell’imputato hanno ottenuto l’acquisizione di alcuni verbali del processo “Nemea”, ancora in corso di svolgimento al Tribunale di Vibo, che dimostrerebbero l’innocenza del loro assistito. Il giudice ha quindi aggiornato il processo al prossimo 14 dicembre quando inizierà la discussione degli avvocati della difesa. Per la stessa giornata è in programma la sentenza.
Processo “Nemea”
Giacomo Cichello è imputato anche nel processo scaturito dall’operazione antimafia “Nemea” che vede alla sbarra i capi e i gregari del clan Soriano, ritenuto dalla Dda di Catanzaro tra i più pericolosi della ‘ndrangheta vibonese. Il processo è ormai alle battute finali e lo scorso 30 settembre il pubblico ministero Annamaria Frustaci ha invocato 14 condanne e un’assoluzione. In particolare il pm ha chiesto nei confronti di Giacomo Cichello 18 anni di reclusione. Il blitz contro i Soriano di Filandari è scattato all’alba dell’otto marzo del 2019. I carabinieri, coordinati dall’allora procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Giovanni Bombardieri, hanno eseguito sette fermi nell’ambito di un’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Annamaria Frustaci. Le accuse, a vario titolo, vanno dall’estorsione al danneggiamento, dalla detenzione di armi e munizioni alla detenzione di droga ai fini di spaccio. Reati aggravati dal metodo mafioso. (mi.fa.)