di Gabriella Passariello- Tra i nuovi atti depositati dai pm della distrettuale di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, nel corso dell’udienza preliminare “Rinascita Scott” in corso nell’aula bunker di Rebibbia a Roma è confluita una informativa del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Vibo Valentia datata 22 settembre, che gli investigatori in alcuni tratti definiscono “di particolare interesse”. Il riferimento è alle dichiarazioni di Bartolomeo Arena che ha colmato vuoti investigativi, chiarendo alcune dinamiche criminali. Il neo pentito ha riferito di essere a conoscenza del tentato omicidio, avvenuto a Vibo Valentia in via Terravecchia, di Rosario Pugliese, detto “Cassarola”, ulteriore esponente dell’omonima consorteria di ‘ndrangheta, attualmente latitante, voluto principalmente da Francesco Antonio Pardea e dal gruppo criminale a lui riconducibile, di cui lo stesso Arena faceva parte.
L’agguato sventato
L’agguato sventato
Pugliese era ritenuto l’autore dell’omicidio dello zio di Francesco Antonio Pardea, che portava il suo stesso nome, scomparso per lupara bianca numerosi anni addietro. Gli investigatori puntualizzano che l’azione di sangue non sarebbe stata portata a compimento per le perquisizioni, i sequestri e gli arresti, messi in atto dai carabinieri proprio per arginare questo pericolo. Per compiere l’omicidio, Pardea ed altri componenti del proprio gruppo, si legge nella nota, hanno potuto contare sulla disponibilità di un consistente numero di armi, tra cui pistole, fucili e mitragliatori Kalashnikov, che si trovavano murate al piano terra non rifinito di un immobile ubicato nella frazione di Piscopio, al quale si accede imboccando una piccola stradina interrata che si incontra sul lato destro della strada dopo aver oltrepassato un distributore di benzina. L’immobile è abitato da Filippo Miceli e Maria Piperno, il primo dei quali è stato indicato come custode delle armi per il gruppo Pardea, i cui componenti si sarebbero recati in quel luogo per fare riunioni e programmare questo genere di delitti. I killer designati a compiere materialmente l’azione di fuoco erano stati individuati in Marco Ferraro e Filippo Grillo, originario della frazione San Leo di Briatico, ma stabilitosi al Nord Italia. Questo ultimo, si sarebbe recato a Vibo per l’esecuzione dell’omicidio.
L’ arsenale dei Pardea
Il 20 ottobre 2019 per trovare riscontri alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia, la Polizia giudiziaria aveva eseguito due distinte attività di perquisizione rispettivamente nel Comune di Vibo e nell’abitazione di Filippo Di Miceli, luogo dove Arena aveva indicato come il nascondiglio delle armi del gruppo Pardea-Ranisi. In questa circostanza è stato trovato nella disponibilità di Di Miceli un vero e proprio arsenale in parte murato all’interno di intercapedini create ad hoc nei montanti di porte e finestre. Tra il materiale balistico, però non era stato individuato l’ordigno esplosivo indicato da Arena nel corso delle dichiarazioni rese il 18 ottobre 2019, bomba che comunque era stata ritrovata nel corso di un’ulteriore perquisizione nell’abitazione di Filippo Di Miceli nove mesi dopo, l’11 luglio 2020.
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