Rinascita Scott, Ferrante parla in aula: “Gratteri farà una brutta fine? Parole indegne e mai dette”

L'imprenditore di Vibo rilascia dichiarazioni spontanee e smentisce l'aspirante pentito Mangone che lo aveva chiamato in causa: "E' solo un bugiardo e falso"

Parla Gianfranco Ferrante e stavolta non lo fa per interposta persona. La sua voce risuona nell’aula bunker di Lamezia Terme dove è collegato in videoconferenza dal carcere dove è detenuto. Indicato dal pentito Andrea Mantella come il bancomat della ‘ndrangheta vibonese e ritenuto dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro un “fedelissimo” dei Mancuso, l’imprenditore, noto a Vibo per essere uno dei titolari del Cin Cin Bar, è uno dei principali imputati nel maxiprocesso “Rinascita Scott”. Il suo nome è tornato d’attualità nell’udienza dello scorso 20 marzo dopo essere stato chiamato in causa dall’aspirante collaboratore di giustizia Antonio Genesio Mangone, 58 anni, originario di Cariati.

“Le dichiarazioni di Mangone? Indegne”

“Le dichiarazioni di Mangone? Indegne”

I due si sono conosciuti in un periodo di comune detenzione nel carcere di Siracusa e in questo frangente che Ferrante avrebbe riferito una serie di frasi shock su Gratteri captate in cella da Mangone: “Al momento giusto faremo fare una brutta fine a Gratteri e ai suoi collaboratori perché la ‘ndrangheta è nata prima della legge e in Calabria comandiamo noi e comanderemo noi come è sempre stato”. Nelle scorse udienze, Ferrante ha chiesto la parola definendo le dichiarazioni rilasciate da Mangone “indegne”. “Io quelle parole non le ho mai pronunciate, né la persona del dottore Gratteri, né dei suoi collaboratori. Quindi – ha aggiunto l’imputato fornendo dichiarazioni spontanee al Tribunale collegiale di Vibo – disconosco personalmente quelle parole. Non ho mai parlato di ‘ndrangheta, nella mia vita ho sempre lavorato”. Per Ferrante, dunque, Mangone “è solo un bugiardo e falso”: “Chiedo scusa al dottore Gratteri anche se quelle parole non le ho mai dette, né per lui, né per i suoi collaboratori”.

“Mai avuto un contatto diretto con l’avvocato Pittelli”

Respinte tutte le altre accuse mosse dall’aspirante pentito: dalla vendita di droga alla casa acquistata a Milano: “E’ un’altra bugia e nella mia vita – ha ribattuto l’imprenditore vibonese – non ho mai visto un panetto di droga”. Ferrante smentisce anche di aver aggredito in carcere Mangone: “Sono stato convocato per un consiglio disciplinare e non mi è stato fatto niente perché hanno visto che io non ero sul posto. Dalle telecamere si poteva evincere questo”. In un altro passaggio dell’esame, il collaboratore di giustizia o presunto tale ha anche detto di avere appreso dalla viva voce di Gianfranco Ferrante che “Pittelli poteva telefonare, agire e fare favori anche dagli arresti domiciliari”. Sul punto l’imputato ha categoricamente smentito: “Non ho mai avuto un contatto diretto con l’avvocato Pittelli. Mai fatto un favore a me, mai”.

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