E’ iniziata con due ore di ritardo sulla tabella di marcia nell’aula bunker del carcere di Rebibbia l’udienza preliminare di “Rinascita Scott”, la maxi inchiesta della Dda di Catanzaro che ha decapitato le cosche del Vibonese. Presenti in aula i sostituti procuratori Antonio De Bernardo, Andrea Mancuso e Annamaria Frustaci, contitolari delle indagini. A questo primo appuntamento non ha voluto mancare il procuratore capo Nicola Gratteri. “Questa indagine è una pietra angolare nella conoscenza della‘ndrangheta e di questa nuova frontiera del crimine di matrice calabrese che si serve dei colletti bianchi per gestire il potere”, ha dichiarato Nicola Gratteri. Alla sbarra 452 imputati, fra i principali esponenti dei clan di Vibo Valentia e di altre locali della Calabria. Il calendario delle udienze prevede almeno 10 appuntamenti nell’aula bunker del penitenziario romano in attesa che venga ultimata una struttura simile a Lamezia Terme, nell’ex area industriale.
Processo ai “colletti bianchi” e alla “zona grigia”
Processo ai “colletti bianchi” e alla “zona grigia”
Il procuratore capo di Catanzaro – parlando con il Tg1 e il Tg3 – ha sottolineato come “in questo processo c’è un’altissima percentuale di colletti bianchi e di quella che si definisce zona grigia, fatta di molti professionisti e uomini dello Stato infedeli che hanno consentito a questa mafia di pastori, caproni e gente rozza, con la forza della violenza e dei soldi della droga, di entrare mani e piedi nella pubblica amministrazione e nella gestione della cosa pubblica”.
Il più grande processo di ‘ndrangheta
Per numeri e imputati, e per la sua valenza, l’indagine, Rinascita-Scott è stata associata al primo maxi-processo della storia delle inchieste di mafia, celebrato all’Ucciardone di Palermo: “Non mi accosto a quei grandi uomini che sono stati i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino – ha affermato Gratteri – ma questo è uno step di un disegno nato il 16 maggio del 2016, quando mi sono insediato alla procura di Catanzaro. Da quel giorno, insieme ai miei collaboratori, abbiamo pensato di costruire questa tipologia di indagine, non con pochi indagati, ma che abbia l’intento di spiegare il disegno unitario di questa ‘ndrangheta asfissiante, che davvero toglie il respiro e il battito cardiaco alla gente”.
“Non sono un manettaro”
Il procuratore di Catanzaro ha anche rigettato le accuse di ‘manettaro’ che qualcuno gli ha fatto: “è perfettamente chiara questa campagna di delegittimazione nei confronti della procura di Catanzaro, perché hanno capito perfettamente che io sono solo la punta avanzata di una grande squadra che ha spalle larghe e nervi d’acciaio e che sicuramente non farà falli di reazione”, ha concluso. “La colpa è di tutti noi uomini delle istituzioni che non abbiamo preso con la dovuta serietà e rigore quello che è accaduto sotto i nostri occhi per decenni”.