di Gabriella Passariello- Era stato studiato nei minimi dettagli il piano per uccidere il pentito Andrea Mantella, all’epoca dei fatti boss scissionista. Stavano solo aspettando che uscisse dal carcere, mentre il killer pronto a colpire il bersaglio sarebbe stato ben pagato a fine missione. Lo ha rivelato il pentito Antonio Guastalegname nei verbali depositati ai giudici del Tribunale collegiale dove si sta celebrando il processo Rinascita Scott e dove lo stesso collaboratore di giustizia ha iniziato oggi in aula a rispondere alle domande del pm antimafia Antonio De Bernardo. Dopo aver parlato in precedenti interrogatori di processi aggiustati con avvocati e giudici compiacenti (LEGGI QUI) e dei narcos albanesi (LEGGI QUI), il pentito ha svelato in un interrogatorio datato 15 giugno 2022 le rivelazioni ricevute da Nazzareno Colace: “mi disse che si era parlato alla riunione di attentare alla vita di Andrea Mantella”.
“Trentamila euro per uccidere Mantella”
“Trentamila euro per uccidere Mantella”
Lui, Guastalegname avrebbe dovuto individuare due talebani “così Colace chiamava i criminali di altre nazionalità presenti ad Asti in particolare i Sinti e gli Albanesi”, da assoldare per recarsi nel luogo dove era detenuto Mantella “solo il tempo necessario per attentare alla sua vita, una volta uscito dal carcere, per poi commettere l’omicidio non appena avesse messo piede fuori dall’Istituto e fosse tornato in Piemonte”. Per l’agguato Nazzareno Colace gli propose una retribuzione di 30mila euro e gli disse che la cosa doveva essere fatta per bene, utilizzando “un killer di fuori”. Un omicidio ben pianificato, secondo quanto riferito dal pentito: si sapeva chi sarebbe dovuto andare a prendere all’uscita del carcere Mantella, la macchina rubata da mettere a disposizione : “per cui io avrei dovuto soltanto assoldare i killer e mostrare loro il bersaglio. Io accettai subito l’incarico. Effettivamente una volta tornato ad Asti, individuai due soggetti, uno kosovaro e uno Albanese che erano disponibili a compiere l’omicidio per circa 5mila euro cadauno e il resto l’avrei ottenuto per me”.
Le bombe e l’imbasciata dei rosarnesi
Il collaboratore di giustizia riferisce di aver incontrato successivamente Rocco Zangrà che gli consigliò di reperire gli ordigni con telecomando per l’importo di circa 6mila euro cadauno, mentre aveva disponibili delle bombe a mano. Nella stessa occasione Zangrà gli riferì che aveva ricevuto una imbasciata da Rosarno nel corso della quale avevano richiesto ulteriori “pezzi” (armi ndr) da scendere giù tramite il pentito stesso, che sapeva per sua stessa ammissione già cosa fare. “Io pensai che erano necessarie sempre per attentare alla vita del Mantella e che evidentemente anche i rosarnesi erano messi a conoscenza delle decisioni assunte nella riunione. Mentre erano ancora in corsa questi preparativi e la ricerca delle armi Nazzareno Colace mi disse di sospendere le attività per quanto riguarda l’agguato a Mantella, dal momento che avevano saputo che questo ultimo aveva “mangiato la foglia” ed era in procinto di collaborare con la giustizia”.
“Mantella come esce ci viene a prendere. E’ pericoloso”
L’idea di uccidere Mantella, secondo quanto riferitogli da Colace era maturata anche per prevenire una probabile vendetta in relazione all’omicidio di Francesco Scrugli, dal momento che questo omicidio seppur commesso dagli stefanacoti sarebbe stato riconducibile alla volontà e alle strategie di Luni Mancuso “Scarpuni”, peraltro vicino alla stesso Colace, “per cui era facile immaginare che Mantella, una volta uscito dal carcere, potesse rivolgere le sue intenzioni a qualcuno del versante dei Mancuso”. E nel corso dell’interrogatorio gli ritorna in mente una frase di Colace: “Ricordo che mi disse questo (Mantella ndr) come esce ci viene a prendere a noi, meglio che ci guardiamo perché questo è malato di testa, è pericoloso”.
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