La sesta sezione della Cassazione, accogliendo il ricorso degli avvocati Francesco Sabatino e Salvatore Sorbilli, ha annullato senza rinvio la decisione con la quale la Corte d’appello di Catanzaro aveva respinto la dichiarazione di ricusazione del gup Paris rispetto alla posizione di Domenico Macrì, alias Mommo, imputato nel maxi processo “Rinascita Scott” ed attualmente sottoposto al regime del carcere duro. La difesa ha rilevato l’incompatibilità di Paris a celebrare il giudizio poiché nelle funzioni di gip aveva autorizzato attività intercettiva relativa alla posizione del ricorrente. “Si tratta di un provvedimento molto incisivo ma per capire effettivamente gli effetti che potrà avere sul processo – osservano gli avvocati Sabatino e Sorbilli – bisognerà attendere le motivazioni dei giudici della Cassazione anche se allo stato rimane preclusa al gup Paris la possibilità di emettere la sentenza che si aspettava prima della pausa estiva”. Ritenuto ai vertici della ‘ndrina dei “Pardea-Ranisi”, una delle tre articolazioni di ‘ndrangheta che hanno governato Vibo Valentia fino al maxi blitz della Dda di Catanzaro, Macrì ha optato per il giudizio con rito abbreviato e Nicola Gratteri nelle scorse settimane ha chiesto per lui la condanna a 20 anni di reclusione per associazione mafiosa, estorsione, detenzione illegale di armi, tentato omicidio e altri reati.
Capo dell’ala militare dei “Pardea-Ranisi”
Capo dell’ala militare dei “Pardea-Ranisi”
In passato Macrì è stato già condannato nel processo nato dall’operazione antimafia “Goodfellas” per aver fatto parte della cosca Lo Bianco-Barba ed in particolare del gruppo diretto da Andrea Mantella (attuale collaboratore di giustizia). Nell’ordinanza di custodia cautelare alla base di “Rinascita Scott”, il gip lo definisce il “direttore del sodalizio”, uno dei capi dell’ala militare, mandante delle azioni di fuoco. Avrebbe avuto il computo di “individuare i bersagli delle attività estorsive e delle azioni ritorsive volte al controllo del territorio, di gestire e pianificare gli agguati, indicando altresì gli obiettivi da colpire impartendo direttive ed ordini agli affiliati sul comportamento da tenere”. Macrì avrebbe “partecipato agli incontri con componenti di altre articolazioni della ndrangheta del Vibonese con i quali elaborava le strategie criminali del gruppo, decidendo sula ripartizione dei proventi di reato e ponendosi quale riferimento generalmente riconosciuto da tutti gli affiliati”. Per gli inquirenti era lui a prendere alcune decisioni di rilievo per la vita della ‘ndrina e a partecipare direttamente, in diverse circostanze, alle azioni delittuose. (mi.fa.)