Rinascita Scott, il manoscritto scottante del pentito Andrea Mantella

In 82 pagine di appunti il collaboratore di giustizia cita boss, politici, imprenditori, avvocati e colletti bianchi al "servizio dei clan"

di Mimmo Famularo – Un manoscritto di ottantadue pagine firmato da Andrea Mantella e depositato dalla Dda di Catanzaro in una delle ultime udienze del maxi processo “Rinascita Scott” dedicate all’esame del collaboratore di giustizia. Tra un omissis e un altro, il pentito fa nomi e cognomi, racconta fatti e circostanze, chiama in causa boss e affiliati, giudici e avvocati, politici e imprenditori. Semplici appunti in aiuto alla memoria poi sviluppati in videocollegamento con il sito riservato nella lunghissima deposizione-fiume che sta per concludersi con il riconoscimento fotografico. Dalla prossima settimana Mantella risponderà agli avvocati che rappresentano la difesa e il processo sarà destinato a infiammarsi ulteriormente con gli attesi controesami nel corso dei quali i legali proveranno a minare la credibilità e l’attendibilità del principale teste dell’accusa.

Il gruppo Mantella

Il gruppo Mantella

Tra le prime pagine del manoscritto firmato da Mantella in ogni sua parte, viene fatto l’elenco dei singoli componenti di quello che definisce “il mio ex gruppo”. Nella lista inserisce, probabilmente per ordine di importanza, i seguenti presunti affiliati: Francesco Scrugli (deceduto), Salvatore Morelli, Salvatore Mantella, Vincenzo Mantella, Domenico Tomaino, Antonio Pardea, Giuseppe Pugliese (deceduto), Michele Pugliese, Francesco Macrì (deceduto), Mario De Rito (competenza su Vena Superiore). “Soggetti – scrive a margine – di cui mi servivo per operare sul territorio. Semmai avessi bisogno di persone qualificate per un delitto potevo contare sul gruppo capeggiato da Vincenzo Bonaddio e Giuseppe Giampà su Lamezia, ovviamente non mancava l’appoggio militare dei Bonavota- Cugliari o Fiorillo-Battaglia”. Il suo gruppo aveva a disposizione un arsenale di fuoco e le armi sarebbero state detenute da uno zio di Antonio Pardea per conto di quest’ultimo e del suo luogotenente, Salvatore Morelli. “Metà di queste armi – precisa – sono state sequestrate dalle forze dell’ordine. Ovviamente erano a disposizione del mio ex gruppo”.

“Volevano uccidermi”

Andrea Mantella rivela di essere stato convocato da Damiano Vallelunga, esponente di spicco dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta di Serra San Bruno, tramite i Bonavota-Cugliari per essere messo in guardia di quanto stava avvenendo sottotraccia per i suoi propositi “scissionisti”. “A Vibo nei miei confronti – scrive – c’erano dei malumori di più persone che cooperavano con Francesco Mancuso Tabacco poiché io iniziavo a dare fastidio con le mie ribellioni. Tabacco avrebbe chiesto un metodo di lupara bianca ma alcuni non si sarebbero esposti più di tanto essendo che io ero legato ai Giampà di Lamezia e in particolare cognato di Pasquale. Quindi in caso mi fosse successo qualcosa temevano ritorsioni”.

Politica e ‘ndrangheta

Nella stessa pagina il pentito parla delle elezioni provinciali del 2004 a Vibo. “Lo stesso Vallelunga mi riferiva che sempre da lui si presentò Carmelo Lo Bianco Pizzinni con Vincenzo Barba il musichiere” in compagnia di un imprenditore vibonese che si era candidato alla presidenza della Provincia: “Chiedeva voti in cambio di denaro e posti di lavoro negli enti pubblici qualora avesse vinto le elezioni” scrive Mantella. Politica e ‘ndrangheta si incrociano più avanti nello stesso manoscritto quando il collaboratore di giustizia sostiene di aver ricevuto 50mila euro “per far campagna elettorale a Scopelliti alla presidenza regionale”. A corrispondere la cifra sarebbero stati Ferrante e Palumbo in parti uguali (25 mila euro a testa). “Comprai i voti da Camillò Domenico per 15mila euro”. Quest’ultimo era il rappresentante della famiglia Pardea.

I “colletti bianchi” al servizio dei clan

Tra gli appunti, il collaboratore di giustizia parla di estorsioni e danneggiamenti a imprenditori, professionisti e attività commerciali; cita imprenditori a suo dire collusi con i clan nel riciclaggio di denaro sporco; svela raid punitivi nei confronti di commercianti colpiti solo perché non praticavano sconti e rivela, persino, la compravendita di partite di calcio chiamando in causa “Marcello Pesce, Antonio Di Diego, Gregorio Giofrè, Michele Patania (Ciccio Bello), Paolino Lo Bianco, Pietro Iannazzo”. In gran parte si tratta di episodi già riportati nei verbali di interrogatorio e raccontati anche in aula. Come il caso della presunta richiesta di Leone Soriano nel carcere di Cosenza: “Mi aveva commissionato un omicidio da fare a Vibo davanti all’ospedale a una persona sottoposta a dialisi che lo riteneva un teste d’accusa a un processo che lo riguardava”. Tra gli episodi ricordati da Mantella anche i domiciliari ottenuti all’epoca dell’arresto scaturito nell’ambito dell’operazione “Asterix” dietro il presunto pagamento a un giudice di Vibo della somma di 30mila euro. Il collaboratore di giustizia elenca persino il nome di medici in servizio all’ospedale “Jazzolino” che sarebbero stati a disposizione del clan Mancuso e Lo Bianco. Nel manoscritto c’è spazio per altri noti professionisti: avvocati e anche qualche notaio il cui nome viene messo nero su bianco.

Il “folle progetto”

Tra una pagina e un’altra, Mantella parla di un progetto che lui stesso definisce “folle”: l’intenzione di ammazzare i Barba-Lo Bianco e di attirare in una trappola lo stesso Paolino, figlio del capo bastone Carmelo, alias Piccini. “Tramite Morelli – racconta nel manoscritto il pentito – mi feci fissare un appuntamento con gli amici di Piscopio e gli prospettai a Fiorillo Michele l’intenzione di ammazzare Barba Lo Bianco. Tutti d’accordo a questo folle progetto”. Mantella sostiene di aver contattato tramite Michele Palumbo anche Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni, “per far sapere che se non volesse fare brutta figura con gli imprenditori che in quel periodo lavoravano su Vibo non doveva dare più la percentuale ai Lo Bianco-Barba”. Il boss di Nicotera Marina avrebbe risposto positivamente: “Nei mesi successi Palumbo mi consegnò 37mila euro in una busta bianca utilizzata per il pane”. L’obiettivo di Mantella era però quello di eliminare i “Lo Bianco-Barba” ma il suo progetto non andò a buon fine.

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