Rinascita Scott, il pentimento a metà del boss reggente della ‘ndrina di Vibo

di Gabriella Passariello- Era il 9 settembre scorso quando alla Legione dei Carabinieri Calabria a Catanzaro davanti al pubblico ministero della Dda Antonio De Bernardo, viene convocato Domenico Camillò, soprannominato “Mangano”, 79enne, padre del pentito Michele, ritenuto dagli inquirenti il reggente della ‘ndrina dei “Pardea-Ranisi”, considerato quindi uno dei massimi esponenti della ‘ndrangheta vibonese. Ha manifestato la sua volontà di collaborare con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia guidati da Nicola Gratteri. Le sue dichiarazioni sono state depositate lunedì scorso nell’udienza preliminare di “Rinascita Scott” che si sta svolgendo nell’aula bunker del carcere romano di Rebibbia, ma non lo si può ascrivere tra la cerchia dei pentiti, le sue dichiarazioni non mancano di omissioni, sono lacunose e contraddittorie rispetto alle risultanze investigative.

La biografia del boss e l’ascesa della ‘ndrina dei Pardea

La biografia del boss e l’ascesa della ‘ndrina dei Pardea

Ha riferito di essere cresciuto prima dai nonni materni, poi dalla mamma e dal suo compagno Rosario Pardea, all’epoca,  capo società di Vibo e tramite lui  Camillò era entrato a far parte della ‘ndrangheta con un rito formale all’incirca a 20 anni. Piccotto prima, camorrista poi e successivamente ricevette lo “Sgarro”. La sua ascesa di doti non era dovuto a reati da lui commessi “Pardea cercava di tenermi pulito poiché ero io a figurare da capo famiglia e percepivo gli assegni familiari anche per conto dei miei fratelli”. Una situazione che si è protratta sino agli anni ’80 quando Pardea è stato ucciso e  dal punto di vista criminale il potere era nelle mani di Francesco Fortuna detto “Ciccio Pomodoro” e Carmelo Lo Bianco, un corpo rivale, “mentre noi che eravamo i vecchi componenti del “Buon Ordine” facemmo un passo indietro, perché non condividevamo le strategie criminali dei primi due, noi eravamo uomini di onore e non eravamo d’accordo sulle tipologie di reato che gli altri commettevano”. Quando Fortuna è stato ucciso, ai vertici della ‘ndrangheta a Vibo c’erano Carmelo Lo Bianco e il cognato Filippo Catania.

L’incontro con don Micu Oppedisano

Ha dichiarato agli investigatori e al pubblico ministero distrettuale che Domenico Oppedisano è un pezzo da novanta della ‘ndrangheta,  una consapevolezza maturata nel tempo. Ricorda di essersi recato con  Bartolomeo Arena da Oppedisano perché il primo aveva bisogno di reperire armi. Versioni confuse, poco credibili per gli investigatori che fanno presente a Camillò l’esistenza di risultanze investigative sul suo conto divergenti con quanto da lui dichiarato e “il pentito a metà” fa un passo indietro e corregge il tiro sull’ultima dote ricevuta, “preciso che l’ultima e la più alta dote  è stata quella di Santista, datami negli anni novanta da Domenico Oppedisano, dote concessagli nel suo terreno. Ha detto che una volta  ricevuta la Santa i rosarnesi avrebbero dovuto passare “la novità” alle altre consorterie. Ci fu un tentativo di far conoscere dalla ‘ndrangheta di Polsi una locale a Vibo Valentia, iniziativa promossa da Carmelo Lo Bianco, qualche anno prima del suo arresto e poi della sua morte, progetto che non si realizzò in quanto qualcuno nel frattempo si è ammalato ed altri sono stati arrestati. Fu organizzata una riunione nell’abitazione di Lo Bianco, per discuterne e “ricordo che un esponente della ‘ndrangheta di Spilinga, Antonio Cuppari ora morto avrebbe dovuto presentarci a Polsi, come nuova locale. Alla riunione  fui convocato da Carmelo D’Andrea e dopo il summit Carmelo Lo Bianco chiese a Cuppari di riferire ad Oppedisano la nostra volontà di formare la locale a Vibo in modo che questo ultimo avrebbe riportato tale richiesta a Polsi. Tuttavia a seguito di vari problemi giudiziari  nei confronti di numerosi sodali tale progetto si arrestò”.

Il pentito a metà bocciato dalla Dda

Ancora una volta gli investigatori fanno presente a Camillò che dalle risultanze dell’interrogatorio del collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena emergono circostanze parzialmente diverse rispetto al narrato di Domenico Camillò, ribadendo, che quanto finora riferito oltre a risultare generico e confuso, risulta in parte non congruente con le risultanze processuali già acquisite e con più dichiarazioni di collaboratori di giustizia, soprattutto  in ordine alle conoscenze in possesso sulle dinamiche dell’articolazione di ‘ndrangheta operante a Vibo, sul ruolo svolto dallo stesso Camillò, sulla sua conoscenza delle attività criminali del proprio gruppo anche nell’ultimo periodo antecedente il suo arresto. Un dichiarato edulcorato, inverosimile, lacunoso e  che non presenta elementi di novità . Per inquirenti e investigatori Camillò non ha maturato una piena volontà collaborativa, le sue dichiarazioni vengono considerate quali dichiarazioni difensive legittimamente rese, ma  allo stato “non sussistono i presupposti per proporre ed ottenere un piano provvisorio di protezione e considerato quanto sinora dichiarato non vi è interesse allo stato da parte di questo Ufficio a proseguire il presente interrogatorio”.

LEGGI ANCHE | Rinascita Scott, Petrini e le promesse di danaro di Pittelli per aggiustare processi

LEGGI ANCHE | Saraco e i “tre poteri” di Pittelli. Il pentito: “Rapporti occulti con i magistrati”

LEGGI ANCHE | Rinascita Scott, i verbali shock del pentito Camillò e il finanziere “infedele”

LEGGI ANCHE | Rinascita Scott, le paure del neo-pentito Cannatà e le fughe di notizie

LEGGI ANCHE | Rinascita Scott, i profili dei due nuovi pentiti vibonesi tracciati da Bartolomeo Arena

LEGGI ANCHE | Rinascita Scott, in aula spuntano i nomi di due nuovi pentiti

© Riproduzione riservata

TI POTREBBE INTERESSARE
Necessario intervento di riparazione a causa di una sfilatura della condotta idrica dell'acquedotto del Guerriccio
L'uomo, di 55 anni, era sottoposto ai domiciliari da oltre tre anni. Accolta dal Tribunale collegiale di Lamezia l'istanza degli avvocati
Attraverso una storia sul suo profilo Instagram, il rapper ha reso note le sue condizioni e ha ringraziato tutti per i messaggi ricevuti
L'assistente capo coordinatore della Polizia Stradale di Catanzaro è deceduto il 20 settembre 2020 in un tragico incidente stradale
Forniture di apparecchiature sanitarie in cambio della sponsorizzazione di una società del dirigente medico a spese dell'Azienda ospedaliera
Prima i segnali social, poi i velati messaggi di alcuni colleghi e la "buca" ad alcuni grossi eventi. C'è apprensione per il rapper milanese
Tra i messaggi di solidarietà anche quello della Lega Salvini Calabria che condanna il gesto definendolo "vile e inaccettabile"
Al momento dell’incidente si trovavano in transito i vigili del fuoco che hanno subito liberato una persona dall'abitacolo
Soddisfazione per la partecipazione alla seconda edizione del festival nazionale della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome
La cerimonia, come anticipato durante il Festival del Peperoncino, avrà luogo il 2 ottobre nella Sala Consiliare del Comune di Diamante
RUBRICHE

Calabria7 utilizza cookie, suoi e di terze parti, per offrirti il miglior servizio possibile, misurare il coinvolgimento degli utenti e offrire contenuti mirati.

Testata giornalistica registrata al Tribunale di Catanzaro n.1 del Registro Stampa del 7/02/2019.

Direttore Responsabile Mimmo Famularo
Caporedattore Gabriella Passariello

Calabria7 S.r.l. | P.Iva 03674010792

2023 © All rights reserved