Rinascita Scott, il pentito Barbieri e lo stipendio del clan Bonavota: “Mille euro al mese per fare le estorsioni”

Il collaboratore di giustizia depone dinnanzi alla Corte d'assise di Catanzaro: dalla finta malattia per ottenere la scarcerazione alle spese legali pagate dalla cosca

Prima di saltare il fosso e collaborare con la giustizia, Onofrio Barbieri, il primo pentito del clan Bonavota di Sant’Onofrio, aveva lasciato il carcere ed era finito in clinica. “Stavo facendo finta di essere malato” dichiara collegato da un sito riservato nel filone del maxi processo “Rinascita Scott” che si sta celebrando davanti alla Corte d’assise di Catanzaro presieduta dal giudice Massimo Forciniti (a latere Piero Agosteo) rispondendo alle domande del pm antimafia Antonio De Bernardo.

Un tentativo di eludere il pressing della Dda di Catanzaro messo in atto tra il 2018 e il 2020: “Facevo finta di essere depresso per ottenere la scarcerazione come hanno fatto gli altri che sono usciti ma io non sono riuscito a farlo”. Gli altri sono Nicola Bonavota e lo zio di quest’ultimo Domenico Cugliari, detto “Micu i Mela”. Un particolare che Barbieri aveva già raccontato nei verbali di interrogatorio e che ha confermato facendo nomi e cognomi nel corso della deposizione in aula (LEGGI QUI). Dinnanzi alla Corte d’assise racconta di aver preso delle pillole prima di parlare con lo psichiatra, di non mangiare allo scopo di farsi trovare giù di morale e per indurre il medico del carcere dove si trovava detenuto e il perito a dichiarare la sua incompatibilità con il regime carcerario. Nonostante ciò Barbieri non è più tornato in libertà. “Perché se ne sono accorti che facevo finta” spiega Barbieri all’avvocato Sergio Rotundo nel corso del controesame.

Lo stipendio mensile di Barbieri

Barbieri rivela anche la quantità del suo stipendio mensile: 500 o 1000 euro al mese. Il suo compito sarebbe stato quello di commettere delle estorsioni per conto del gruppo Bonavora che lo retribuiva come se fosse un dipendente. “Io avevo una mensilità” afferma il pentito che ribadisce al pm De Bernardo di non avere benefici o altri tipi di sostegno. Una miseria rispetto alla ricchezza della presunta cosca di appartenenza, secondo l’accusa tra le più ricche del panorama ‘ndranghetistico vibonese. Barbieri, insomma, “faceva la fame” mentre “il clan aveva milioni di euro da parte”, pronti a essere investiti: “Non mi lamentavo – si difense il pentito – perché non c’era lavoro e mi accontentavo di quello che mi davano”. Uno stipendio pagato da Domenico Bonavota, il suo capo e il suo amico d’infanzia con il quale è andato a scuola insieme (LEGGI QUI). Unico benefit secondo quanto dichiarato dal collaboratore di giustizia il pagamento delle spese legali. Agli avvocati ci pensavano “loro”, ovvero “Domenico Bonavota”. Quest’ultimo intervenendo a conclusione dell’udienza per fornire dichiarazioni spontanee ha smentito il collaboratore di giustizia: “Io non ho mai pagato gli avvocati di Barbieri, tanto è vero che non ho avuto mai il piacere di conoscere di persona né l’avvocato Rotundo, né l’avvocato Staiano che non l’ho avuto mai come difensore”.

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