Rinascita Scott, il pentito Guastalegname: “Il boss Anello faceva sparire gli amanti della moglie”

Le nuove rivelazioni del collaboratore di giustizia vibonese nei verbali depositati dalla Dda di Catanzaro nel maxiprocesso contro la 'ndrangheta
rocco anello

di Mimmo Famularo – Gli Anello, i Fiumara e i Fruci, la gestione dei villaggi turistici e la ‘ndrangheta. Le nuove rivelazioni del collaboratore di giustizia Antonio Guastalegname segnano l’ultima fase di “Rinascita Scott” a pochi giorni dalla pausa estiva. Da oggi l’ultimo pentito vibonese ha iniziato la sua deposizione nell’aula bunker di Lamezia Terme dove si sta svolgendo il maxiprocesso ai clan vibonesi e ai loro presunti favoreggiatori. La Dda di Catanzaro ha depositato altri verbali inediti nei quali Guastalegname parla in particolare “dell’appartenenza alla criminalità organizzata delle famiglie Anello, Fiumara e Fruci” e dell’esistenza del “Locale” di ‘Ndrangheta di Filadelfia. “Ancor prima – dichiara dinanzi al sostituto procuratore antimafia Antonio De Bernardo – avevo conoscenza del ruolo degli Anello ed in particolare del fatto che la moglie di Rocco Anello aveva delle relazioni extraconiugali e conseguentemente Rocco Anello aveva fatto sparire alcuni degli amanti”. Secondo il pentito il Locale di ‘Ndrangheta degli Anello coprirebbe i territori di Filadeflia, una parte di Pizzo fino ad arrivare “in una parte della zona che va verso Soverato”. Gli Anello gestivano il traffico di cocaina ma anche i villaggi turistici insieme ai Bonavota e ai Mancuso. “Ho avuto conferma dell’esistenza del Locale di ‘Ndrangheta di Filadelfia – dichiara Guastalegname – e del traffico di cocaina praticato dagli Anello da Vacatello e Accorinti Giuseppe che mi hanno precisato che oltre i fratelli Rocco e Tommaso (loro parlavano dei fratelli Anello) in quel locale ci sono anche i Fruci e i Fiumara”. Della spartizione della “gestione” dei villaggi turistici gli avrebbe parlato Nazzareno Colace. “Mi chiese come procedeva l’impresa di pulizia perché voleva farmi entrare a lavorare nei villaggi precisando che l’inserimento in tale settore non sarebbe stato cosa semplice dal momento che alcuni villaggi erano controllati dai Bonavota e dagli Anello, i quali nei villaggi già utilizzavano a suo dire un ditta di pulizie di Sant’Onofrio, ma non ricordo chi l’intestatario e né come si chiama”.

“Stilo? L’avvocato degli amici”

“Stilo? L’avvocato degli amici”

“Avvocato degli amici, una persona che si sa muovere bene”. E’ la descrizione che veniva invece fatta negli ambienti criminali vibonesi di Francesco Stilo, uno degli imputati “eccellenti” di “Rinascita Scott”. A riferirlo al pm antimafia Antonio De Bernardo è sempre Antonio Guastalegname tracciando il profilo del legale secondo quanto riferitogli da alcuni presunti affiliati ai clan vibonesi. “Non è mai stato il mio difensore e personalmente non ho mai avuto a che fare con l’avvocato Stilo” precisa il pentito in uno degli interrogatori ai quali è stato sottoposto nei mesi scorsi proprio dal sostituto procuratore Antonio De Bernardo. Guastalegname svela le confidenze raccolte sul conto del legale che “riusciva ad ottenere informazioni sensibili e segrete anche su indagini in corso in particolare presso la Procura della Repubblica di Vibo Valentia, dove aveva entrature ed anche riusciva ad ottenere facilmente la scarcerazione dei propri clienti attraverso la produzione di certificazione medica preordinata allo scopo”.

“Era in grado di aggiustare i processi”

Ad informarlo sui contatti che l’avvocato aveva con la criminalità organizzata e sulle sue entrature negli ambienti di giustizia sarebbero stati, tra gli altri, due imputati di “Rimpiazzo”, il processo contro il clan dei Piscopisani: Nazzareno Colace (condannato in primo grado) e Nicola Barba (assolto). “Nazzareno Colace ha specificato che l’avvocato Stilo era persino in grado di ‘aggiustare i processi’, inoltre – rivela Guastalegname sempre secondo quanto riferitogli – favoriva la famiglia dei Mancuso”. Lo stesso Colace avrebbe detto al pentito che Stilo sarebbe stato in grado di ottenere per i suoi clienti “certificati medici utili per anticipare la scarcerazione istruendo il cliente su come dovesse comportarsi per riuscire a diagnosticare qualche patologia incompatibile con il regime carcerario”. Dello stesso tenore le rivelazioni che Nicola Barba avrebbe fornito a Guastalegname: “Stilo riusciva a ‘sistemare i processi’ ovvero a trovare una soluzione anche mediante l’uso dei predetti certificati”. Concetti ripetuti al neo collaboratore di giustizia anche da altri presunti affiliati ai clan della ‘Ndrangheta vibonese. “In pratica – conclude il pentito – prima che le sue dichiarazioni vengano interrotte da pagine di omissis – si trattava di un legale che, senza arrivare ai livelli dell’avvocato Pittelli – di cui ho parlato in altri verbali – era comunque in grado, con queste metodologie, di ottenere buoni risultati processuali o notizie utili”.

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