Rinascita Scott, il pentito Mancuso e il cerchio magico degli insospettabili al servizio del super boss

L'ex rampollo della famiglia di 'ndrangheta di Limbadi svela i segreti di famiglia nell'aula bunker di Lamezia. Imprenditori, avvocati e professionisti: ecco chi sono i "fedelissimi" di Luigi Mancuso

di Mimmo Famularo – Imprenditori, avvocati, professionisti, semplici affiliati. La galassia del super boss Luigi Mancuso era variegata. C’era chi si occupava degli affari economici, chi di quelli legali, chi organizzava i suoi spostamenti, chi faceva da ambasciatore e chi invece si prendeva la briga di scovare e distruggere eventuali microspie. Il capo assoluto della potente famiglia di Limbadi aveva un “cerchio magico” piuttosto ristretto formato da pochi fidatissimi uomini. Emanuele Mancuso fa nomi e cognomi dei “fedelissimi” del boss: “Le persone più vicine sono Pasquale Gallone, Tanuccio, ossia il marito di Silvana Mancuso, Giuseppe Rizzo”. Quest’ultimo sarebbe stato ‘accantonato’ dopo alcune intercettazioni compromettenti per evitare eventuali guai giudiziari per lo ‘zio Luigi’. Un consiglio fornito da avvocati di ‘rango’ e, tra questi, Emanuele Mancuso fa il nome di Gianfranco Pittelli, anche lui imputato nel maxi processo ‘Rinascita Scott’. “Vicino a Luigi Mancuso – riferisce ancora il collaboratore di giustizia – ci sono anche i ‘Fiffietto’ dei quali uno è a Milano (e credo che sia stato arrestato per il furto di un bancomat) e ha un figlio che si chiama Matteo. Loro sono parenti di Antonio Mancuso, alias ‘Don Paperone’, e vivono a Comerconi e a Preitoni dove hanno una casa e un garage”. In sede di verbale illustrativo Emanuele Mancuso indica nei Costantino di Comerconi (frazione di Nicotera) i due fratelli. Tra i “fedelissimi” del boss vengono inquadrati anche gli Spasari, padre e figlio. “Sia Saverio Spasari che il padre – sostiene il pentito – sono a completa disposizione della cosca. Loro, inoltre, su incarico di Luigi Mancuso, gestiscono la cooperativa di extracomunitari a Joppolo dove lavorano tanti parenti di soggetti che fanno parte della cosca. So che Spasari (padre) lavora presso l’Inps o, comunque, presso un Ufficio Pubblico e si mette a disposizione ogni volta che qualcuno della cosca va da lui per qualche problema”.

Il dentista al servizio della cosca

Il dentista al servizio della cosca

Tra i professionisti indicati come “vicinissimo” a Luigi Mancuso, il pentito inquadra anche il dentista Redi. “Ha favorito la latitanza di zio Luigi consentendogli di dimorare presso una villetta di sua proprietà sita tra Nicotera e Joppolo”. Secondo quanto raccontato agli inquirenti da Mancuso, lo stesso Redi avrebbe fatto da tramite con la sorella del pentito Lino Furfaro per ritrattare alcune dichiarazioni in un processo che vedeva imputati il fratello più grande di Emanuele, Giuseppe, e “l’armiere della famiglia”, Dominic Signoretta. “Ricordo che Redi mi ha riferito di avere appreso dalla sorella del Furfaro che il predetto collaboratore chiedeva la somma di 150mila euro (per soggetto) per cambiare la propria deposizione nel corso dei processi. In sostanza Redi ci informava di tale opportunità chiedendo che i pagamenti avvenissero per denaro contante. La mia famiglia, però, non accettava perché nessuno si fidava che questa iniziativa potesse andare a buon fine”. Tra gli imprenditori a disposizione del boss, Emanuele Mancuso cita invece Gianfranco Ferrante ma anche gli Artusa, entrambi di Vibo.

Il “gruppo di fuoco” dello zio Luigi e le cosche “satelliti”

Tra un omissis e un altro, Emanuele Mancuso parla del “gruppo di fuoco” a disposizione di Luigi Mancuso. “In questo gruppo si collocano i fratelli Piccolo (tutti: Antonio il grande, Domenico, Davide e Salvatore) ed il padre Roberto. Inoltre ne fanno parte ‘Yoyo’, ‘Pajjhuni’, Leo di Comerconi, Rizzo Giuseppe, i due fratelli Fiffiettu di Comerconi”. Nei successivi verbali illustratati ‘Yoyo’ viene indicato per Prenestì, Pajjhuni per Scordamaglia e i fratelli ‘Fiffiettu’ per i Costantino. Il resto è ancora una pagina bianca già scritta ma coperta da segreto istruttorio. A Luigi Mancuso però bastava spesso una “parola” o uno “sguardo” per mettere tutti d’accordo. Non mancavano i rimproveri anche per gli alleati. Come accaduto più volte – rivela il pentito a Paolino Lo Bianco, figlio del defunto boss di Vibo. Al fianco di Luigi Mancuso invece viene collocata un’altra figura di primo piano della ‘ndrangheta di Vibo, quella di Saverio Razionale: “E’ uno che ha soldi per comprarsi tutta Vibo”. Un fedelissimo del boss in virtù della parentela con i Fiarè di San Gregorio d’Ippona che sarebbero legati pure al ramo di ‘Mbrogghia (soprannome di Giuseppe Mancuso). “La famiglia Mancuso – spiega Emanuele – è un universo composto da numerosi appartenenti di sangue che, con gli affini e gli affiliati arrivano a un numero elevatissimo in relazione ai quali voglio citare diversi cognomi che si intrecciano tra loro: Mancuso, Rizzo, Cuturello, Raguseo, Campisi, Gallone, Spasari e altri”. Quanto ai collegamenti con le altre cosche vibonesi il pentito indica come “satelliti” i La Rosa di Tropea, i Papaianni di Ricadi e Santa Domenica, gli Accorinti di Briatico, gli Accorinti di Zungri.

La “mangiata” a Caroni coperta da omissis

L’ex rampollo del casato di Limbadi e Nicotera affronta poi i rapporti tra Luigi Mancuso e il resto della famiglia. “Posso riferire che tutti rispondevano a Luigi tranne Francesco Mancuso detto ‘Tabacco’. Lui aveva messo in pericolo la famiglia intera atteso che ‘Tabacco’ aveva fatto una serie di danneggiamenti nei confronti dei membri della famiglia Mancuso”. Emanuele distingue tra due “ceppi”: quello degli 11 (Luigi, Giovanni, Pantaleone alias Vetrinetta, Antonio, Cosmo, Pantaleone alias Scarpuni e Romana) e quello dei ‘sette’ (Giuseppe Mancuso, Antonio detto il ‘matto’, Diego, Francesco alias ‘Tabacco’, Pantaleone detto l’ingegnere, Salvatore e Rosaria). I primi sono i figli del nonno Domenico, gli altri i fratelli del padre Pantaleone detto l’Ingegnere. “’Tabacco’ – aggiunge Emanuele Mancuso – è il ‘ramo povero della famiglia’, quello meno istituzionale, con meno collegamenti, con meno imprese sotto controllo ed infatti voleva prendersi quelle imprese che facevano capo agli altri familiari. Zio Luigi mi disse che con tutti poteva andare d’accordo tranne che con ‘Tabacco’”. Il pentito fa quindi riferimento a un’abitazione vicino al Mulino di Caroni dove ci sono state più di un ‘mangiata’ alla quale avrebbero partecipato anche esponenti delle istituzioni. Di chi si tratta? Impossibile saperlo al momento perché questa parte del verbale è coperta da omissis.

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