Rinascita Scott, il pentito Mancuso svela l’indagine insabbiata e stana le talpe del clan

Alla vigilia della deposizione in aula bunker dell'ex rampollo della famiglia di 'ndrangheta, vengono depositati i verbali, che saranno oggetto dell'esame della Dda

di Gabriella Passariello- Soffiate di Forze dell’ordine, di avvocati che “non conoscono le distanze tra le scrivanie e i loro clienti”, di cancellieri alla ‘ndrangheta, che riusciva a scoprire prima le mosse della Dda, indagini insabbiate, particolari tecnici per sfuggire alle microspie. A poche ore dalla sua audizione, il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, il figlio di Pantaleone Mancuso, detto l’Ingegnere, il nipote del “Supremo” Luigi Mancuso, l’ex rampollo del super clan di Limbadi e Nicotera, svela particolari inediti nei verbali depositati alla vigilia della sua escussione nell’ambito del maxi processo Rinascita Scott, scaturita dall’inchiesta che ha decapitato le cosche del Vibonese.

Informazioni top secret e strategie tecniche anti-spia

Informazioni top secret e strategie tecniche anti-spia

Emanuele Mancuso riferisce che con lo zio Luigi esisteva un accordo sullo scambio di informazioni relative alle operazioni di polizia e in particolare aveva saputo di un blitz di duecento arresti a Crotone da Leone Soriano, “che mi diceva di avere amici nel Ros. Quella sera mi disse di non andare a dormire a casa, ed io in effetti dormii sopra la montagna di Ioppolo”. Appresa questa informazione manda un messaggio a Giuseppe, figlio di Giovanni Mancuso tramite Whatsapp, dichiarando agli inquirenti di non aver mai effettuato telefonate con il suo cellulare, preferiva utilizzare un metodo che sfruttava il canale telematico: non appena acquistava un telefono cellulare, inseriva una scheda nuova e con questa scaricava e installava le relative applicazioni con username basato su quella scheda. Poi sostituiva quella scheda, dedicata alla sola trasmissione dati, che gli consentiva di avere due account con un solo apparato, tutto ciò per avere dei canali di comunicazione sicuri, con due account: una con sim dedicata alla linea, un’altra con sim dedicata alla connessione dati, grazie al sistema iOs di Apple.

L’indagine insabbiata

Durante l’interrogatorio del 19 giugno 2018, la Dda chiede al collaboratore di giustizia di riferire se è a conoscenza di notizie riservate apprese da Forze dell’ordine e il pentito nei verbali confessa che in famiglia si vociferava sull’indagine “Nuove leve” fatta a Lamezia e sull’inchiesta “Tabula Rasa” e di essere a conoscenza di un’indagine per 416bis (associazione a delinquere di stampo mafioso) che riguardava proprio lui insieme ai Piccolo (ndr famiglia di Nicotera, vicina ai Mancuso), riferita da un avvocato di cui in un primo momento non riesce a ricordarne il nome, sottolineando di sapere anche che era stata messa una microspia su un’auto di Piccolo e che poi questa indagine, che riguardava l’arco temporale dal 2008 al 2011 è stata insabbiata, nel senso che non venne portata più avanti. È anche a conoscenza di una recente indagine sui Soriano: “mi è stato detto di non andare da loro perché erano intercettati. Ciò nonostante sono andato con delle precauzioni, ma non immaginavo che fosse stato lanciato un trojan”. Poi una serie di pagine omissate per ritornare a parlare di alcuni dettagli dell’indagine insabbiata, riferendo nome e cognome del legale che gli aveva fornito l’informazione o meglio che era stata riferita a suo padre, “in virtù dei rapporti che avevano, altrimenti a me che all’epoca ero un ragazzino non l’ avrebbe data”. Ricominciano gli omissis, preludio di nuove indagini per poi scendere nei dettagli sui suoi rapporti con Luigi Mancuso e persone a lui vicine, affermando che lo zio è il capo assoluto della famiglia e l’unico col quale non ha rapporti è Francesco Mancuso detto Tabacco e che le persone a lui più vicine sono Pasquale Gallone, Tanuccio, ossia il marito di Silvana Mancuso, Giuseppe Rizzo (almeno fino a quando non è rimasto coinvolto in una vicenda di narcotraffico con i Commisso), che manteneva i rapporti con Rocco Anello, specificando che Rizzo era stato accantonato dalla famiglia Mancuso dopo alcune intercettazioni compromettenti per evitare che ci fossero guai giudiziari per lo zio Luigi, sulla base di consigli forniti da avvocati di “rango”, quali Pittelli e un altro legale, “questo ultimo che si era esaltato da quando era diventato il difensore di mio zio, era come avesse vinto alla lotteria”.

Il carabiniere al servizio della cosca e quello da proteggere

Emanuele Mancuso ricorda e riferisce anche il nome di uno dei carabinieri che lavoravano per la cosca. Si tratta di un maresciallo che trasmetteva le informazioni a Pasquale Gallone, tramite sua moglie, intima amica di Ilaria Gallone, figlia di Pasquale Gallone (a sua volta fedelissimo di Luigi). In famiglia si vociferava che il maresciallo fosse stato “messo alla sbarra” al campo di aviazione a Mesiano a causa dei rapporti che intratteneva con la cosca Mancuso, aggiungendo che una volta mentre si trovava a Joppolo alla guida della sua auto, all’incirca nel 2015, pur non avendo dietro la patente di guida, revocatagli sin dal 2009, gli lasciava comunque proseguire la marcia. Racconta anche un episodio accaduto a San Calogero, quando fermatosi con la sua auto si mette ad urlare: “cornuto e bastardo”, contro un carabiniere della Stazione di Nicotera che lo aveva minacciato il giorno prima, dicendogli che se lo avesse preso in giro, gli avrebbe sparato in testa. Il giorno successivo a questa vicenda, Emanuele Mancuso si stupisce che la cosca si era interessata del carabiniere di San Calogero: “Mio zio Luigi mi mandò a dire tramite Pasquale Gallone di lasciare in pace quel carabiniere, perché avevano frainteso, non sapendo che le mie urla erano dirette alla caserma che stava lì sotto e non all’abitazione dove viveva il carabiniere di San Calogero”. Il 2 luglio 2018, durante l’ennesimo interrogatorio, il collaboratore di giustizia, incalzato dalle domande di inquirenti e investigatori, riferisce che la sua famiglia acquisiva notizie riservate da avvocati e da appartenenti alle Forze dell’ordine attraverso la Procura e i cancellieri, aggiungendo e facendo nomi e cognomi, che a casa sua mangiavano molti avvocati.

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