di Mimmo Famularo – La guerra tra i Bonavota e i Cracolici per il controllo dell’Angitola e della zona industriale di Maierato al centro dell’escussione del collaboratore di giustizia Francesco Michienzi, 41 anni di Acconia. Rispondendo alle domande del pm antimafia Andrea Mancuso, il pentito ha ricostruito il suo percorso criminale incrociandolo con alcuni degli eventi più rilevanti accaduti fino al 2006 quando ha iniziato a collaborare con la Dda di Catanzaro decidendo di saltare il fosso. Dalla “mangiata” nella “casa dei leoni” che segnò l’accordo tra il gruppo dei Bonavota, quello degli Anello e Andrea Mantella fino all’omicidio di Raffaele Cracolici, Michienzi ha ribadito in video collegamento dal sito riservato particolari in gran parte già noti alle cronache giudiziarie conditi da qualche passaggio inedito.
Il profilo di Michienzi
Il profilo di Michienzi
Il suo ingresso nella malavita risale alla fine degli anni novanta. “Appartenevo alla cosca degli Anello-Fruci che operava nella zona di Acconia di Curinga e Filadelfia in un territorio compreso tra il bivio dell’Angitola e l’area dell’ex Sir, a salire tra Cenadi e San Pietro a Maida”. Ufficialmente guardiano in un villaggio turistico del litorale napitino, Michienzi ha iniziato la sua carriera criminale con furti di auto e traffico di armi. Ad inserirlo nel contesto ‘ndranghetistico sarebbe stato un cugino degli Anello e, con il passare degli anni, il suo curriculum si sarebbe ulteriormente arricchito con una serie di danneggiamenti ed estorsioni ma anche con reati relativi al traffico di droga e coinvolgimenti in alcuni omicidi. “Per la cosca alla quale appartenevo – ha spiegato – facevo di tutto. Al vertice dell’associazione c’erano i fratelli Rocco e Tommaso Anello. Anche se detenuto riuscivano a far uscire dal carcere notizie su come fare e a chi fare le estorsioni e noi del gruppo appartenente ai Fruci ci muovevamo”. La sua collaborazione con la giustizia risale all’aprile del 2006. Una decisione maturata dopo l’omicidio di un suo amico Santo Panzarella. “Ho capito che più dell’amicizia in questo ambiente contano solo gli ordini dei capi e alcuni non mi andavano bene”.
L’alleanza con i Bonavota
Michienzi ha raccontato dell’alleanza tra gli Anello di Filadelfia e i Bonavota di Sant’Onofrio. “Inizialmente avevamo collegati con la famiglia Torcasio di Lamezia ma dopo gli arresti arrivati con l’operazione Tabula Rasa siamo stati in simbiosi con la cosca Bonavota. Alcuni componenti come Onofrio Barbieri e Francesco Fortuna mi sono stati presentati direttamente da Rocco Anello a casa sua mentre ricordo che un imprenditore mi ha presentato Domenico Bonavota”. La famiglia di Sant’Onofrio mirava ad allargare il suo impero e con gli Anello reputavano ingombrante la figura di Raffaele Cracolici, alias “Lele Palermo”, nella zona dell’Angitola e nella zona industriale di Maierato. “I rapporti tra i Bonavota e Rocco Anello erano ottimi mentre erano meno buoni quelli con i Mancuso di Limbadi e i Lo Bianco di Vibo Valentia”. I Fruci non erano inizialmente in contrasto con i Cracolici. “Al figlio di Raffaele Cracolici, Domenico, ho insegnato – ha rivelato Michienzi – come rubare macchine e trattori. Dopo l’alleanza tra gli Anello e i Bonavota, ci dissero che dovevamo scalzare i Cracolici dal territorio per motivi sia di prestigio che economico”.
La “mangiata” nella “casa dei leoni”
Secondo quanto riferito da Michienzi la strategia dei Bonavota divenne nota nel corso di quella che viene definita come la “mangiata”, ovvero una cena organizzata in una masseria di Sant’Onofrio da Domenico Bonavota. “Ci disse che doveva farci conoscere due ‘cristianuni’”. Le persone alle quali il boss si riferiva erano Andrea Mantella e Francesco Scrugli. Se i Bonavota puntavano a scalzare i Cracolici per controllare la zona industriale di Maierato, Mantella e Scrugli appoggiavano la famiglia di Sant’Onofrio nell’ambito di un disegno criminale più vasto che mirava a contrastare lo strapotere dei Mancuso su Vibo. “Ricordo – afferma Michienzi – che i Bonavota volevano uccidere Carmelo Lo Bianco che portava avanti gli interessi dei Mancuso ma Mantella si è opposto per paura di una vendetta dicendo che era meglio morisse di vecchiaia. Domenico Bonavota diceva sempre che i Mancuso mettevano le parole e lo zio Melo il fiato”.
La figura “ingombrante” di Raffaele Cracolici
Risparmiato Carmelo Lo Bianco, i Bonavota avrebbero organizzato ed eseguito l’omicidio di Raffaele Cracolici. “Mi diedero – ha spiegato Michienzi – l’incarico di seguirlo e di pedinarlo per studiare i movimenti. Volevano che andassi fino a Maierato ma mi conosceva e non volevo che mi facesse del male. Così abbiamo curato i movimenti di Cracolici sulla statale 18 dove è stato ucciso. Il luogo dell’omicidio è stato scelto da me e da Vincenzino Fruci che conoscevamo bene la zona e i Bonavota si sono fidati di noi”. Michienzi ha poi parlato del sopralluogo finale effettuato la sera prima dell’agguato a bordo di tre auto: “C’eravamo io, Fruci, Domenico Bonavota, Francesco Fortuna, Mantella e Scrugli. Ricordo che si voleva rinviare l’omicidio perché Mantella aveva subito una perquisizione a casa ma si procedette lo stesso e Cracolici fu ucciso”. A consegnare le armi al gruppo dei Bonavota sarebbe stato – per diretta ammissione dello stesso pentito – proprio Francesco Michienzi.
La lista delle estorsioni e la “neutralità” di Pizzo
La morte di Cracolici avrebbe spianato la strada dei Bonavota e degli Anello che per marcare definitivamente il territorio avrebbero poi iniziato a intimidire imprenditori e commercianti con una serie di danneggiamenti. “Quando salivamo a Sant’Onofrio Domenico Bonavota – riferisce ancora Michienzi – ci diceva chi dovevamo ‘toccare’. Le indicazioni ci venivano fornite anche da Francesco Fortuna che veniva a trovarci al bivio di Acconia di Curinga. Ricordo che c’era anche una lista delle intimidazioni ovvero un foglio dove mi scrivevano l’azienda e il numero di telefono delle attività da ‘toccare’”. L’alleanza tra i Bonavota e gli Anello avrebbe portato al controllo di una vasta area di territorio compresa tra la zona industriale di Maierato e il bivio dell’Angitola. In mezzo c’era anche Pizzo: “Era in comune tra i Mancuso, i Bonavota e gli Anello”. Ambita da tutti, conquistata in modo esclusivo da nessuno.
Gli Anello, “quelli di Limbadi” e le minacce a Stillitani
Su Pizzo gravitano in modo particolare i villaggi turistici di proprietà degli Stillitani: un business redditizio per i più potenti clan del Vibonese. Dai Mancuso di Limbadi agli Anello di Filadelfia c’era l’interesse di mettere le mani sulle ditte che lavoravano all’interno, di gestire appalti, assunzioni, forniture e servizi. Michienzi ha raccontato, a tal proposito, un dettaglio sulla costruzione del Garden Resort, una delle strutture turistiche più grandi ubicata sul litorale napitino ai confini tra le province di Vibo e di Catanzaro. “Rocco Anello – ha evidenziato il pentito – si recò a Pizzo per incontrare Stillitani nel suo ufficio alla ‘Marinella’ con Vincenzino Fruci e Salvatore Evalto che aveva fissato l’appuntamento. A Stillitani dissero che doveva affidare la costruzione del villaggio agli Anello e non a quelli di Limbadi che una fucilata altrimenti gli sarebbe arrivata prima da Filadelfia”.
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