Rinascita Scott, il pentito Moscato riconosce la “talpa” dei Piscopisani: è un carabiniere

Il collaboratore di giustizia non fa il nome ma individua nell'album fotografico mostrato dagli inquirenti il militare dell'Arma che avrebbe passato informazioni riservate

di Mimmo Famularo – Ha riempito pagine e pagine di verbali, adesso racconta la ‘ndrangheta vibonese in viva voce collegato da un sito riservato con l’aula bunker di Lamezia Terme dove si sta celebrando il rito ordinario del maxi processo “Rinascita Scott”. L’ex killer dei Piscopisani Raffaele Moscato sta per concludere la lunga deposizione spalmata in più udienze nel corso della quale, rispondendo alle domande dei pm antimafia Andrea Mancuso e Annamaria Frustaci, ha confermato fatti, circostanze, accuse messe nero su bianco nelle 183 pagine che costituiscono il verbale illustrativo a disposizione delle difese svelando qualche nuovo retroscena emerso nelle parti desecretate dalla Dda di Catanzaro. Diversi gli argomenti trattati nell’udienza di oggi: dal potere sterminato dei Mancuso che “avevano ‘ndrine anche in Africa per il traffico di droga” alle alleanze con i clan crotonesi che invece avevano messo le mani su Catanzaro fino alla ricostruzione dei locali di ‘ndrangheta nella provincia di Vibo.

L’album fotografico e la “talpa” dei Piscopisani

L’album fotografico e la “talpa” dei Piscopisani

A Moscato è stato mostrato una serie di album per il riconoscimento fotografico degli imputati e per ognuno di loro ha anche riferito, in maniera sintetica, su qualche singolo episodio. Il pentito di Vibo Marina ha individuato tra le foto mostrate il carabiniere che avrebbe fornito informazioni riservate ai Piscopisani. C’è da precisare che Moscato non ha mai fatto il nome del militare dell’Arma divenuta una “talpa” ma gli inquirenti lo hanno identificato in Antonio Ventura, l’appuntato scelto di origini pugliesi ma da anni trapiantato a Vibo dove lavorava fino all’arresto avvenuto nel maxi blitz del 19 dicembre 2019. Già in servizio al Nucleo investigativo del Comando provinciale e, successivamente, trasferito ad altro incarico, secondo l’accusa sarebbe venuto a conoscenza di notizie investigative da tenere assolutamente segrete nello svolgimento del proprio servizio. Il nome di Antonio Ventura non viene pronunciato in aula e neanche tra le pagine dei verbali desecretati. Moscato fa riferimento comunque a un carabiniere che forniva notizie tramite Giovanni Battaglia: “L’ho incontrato – riferisce il collaboratore di giustizia agli inquirenti dopo aver riconosciuto – in una sola circostanza al pub Guinness sito a Vibo Valentia. In tale occasione era in compagnia della moglie che aveva i capelli biondi ondulati e dei figli; il rapporto di questo carabiniere con Battaglia Rosario si è interrotto quando il primo gli chiese di fargli trovare qualche arma o altro per fare qualcosa”.

Le “soffiate” del carabiniere

In un’altra parte del verbale illustrativo appena desecretato, lo stesso Moscato fa riferimento – anche qui senza fare nomi – a un carabiniere che lavora nella caserma di Vibo che nel mese di ottobre del 2011 aveva informato Giovanni Battaglia sulle indagini per l’omicidio del boss Fortunato Patania. A riferirlo al collaboratore di giustizia fu Francesco Scrugli, assassinato qualche mese dopo nel quartiere Pennello di Vibo Marina. “Scrugli non fece alcun riferimento specifico al nominativo o alle caratteristiche somatiche del predetto carabiniere ma – aggiunge Moscato – poiché io sapevo che l’unico carabiniere ad avere rapporti con Giovanni Battaglia fosse quello che lavorava negli uffici della caserma di Vibo fui sicuro della fonte”. Poi un’ulteriore precisazione messa nero su bianco dal collaboratore di giustizia che ribadisce di aver incontrato il militare alla paninoteca Guiness di Vibo. “Io ero in compagnia di Rosario Battaglia il quale offrì a questo carabiniere la cena che stava consumando con la moglie e un bambino e il carabiniere rivolgendosi a me affermava che sarei stato il primo a essere tratto in arresto con riguardo a un’operazione antidroga che riguardava la zona di Vibo Marina, Pizzo e Longobardi. Tale operazione ci fu ma io non fui attinto dalla misura”. Il pentito fa risalire questo incontro al novembre del 2011. Moscato traccia quindi l’identikit della “talpa” dei Piscopisani:  giovane, tra i 35 e i 40 anni, con gli occhi chiari, altezza compresa tra i 170 e i 175 centimetri, corporatura magra. “Rosario Battaglia ebbe a riferirmi che questo carabiniere lo informava anche di eseguende perquisizioni e chiedeva a noi di fornirgli informazioni sulla disponibilità delle armi o droga di cosche avversarie per fare carriera ma noi non gliene abbiamo mai fornite”.

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