Rinascita Scott, il verbale inedito del pentito che svela il piano per uccidere il boss Mancuso

Il collaboratore svela la Commissione di 'ndrangheta convocata per uccidere Damiano Vallelunga e gli attriti sorti tra le varie cosche calabresi
Rinascita-Scott boss Luigi Mancuso

di Gabriella Passariello- Dalle motivazioni che lo hanno spinto a collaborare con la giustizia, al potere dei Bellocco, al memoriale e al tentativo di far fuori il boss Luigi Mancuso. Agli atti del processo Rinascita Scott in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme è stato depositato il verbale di un pentito che apre nuovi scenari. Si tratta del collaboratore Vincenzo Albanese, condannato con rito abbreviato dal gup distrettuale di Catanzaro a due anni di reclusione il 25 febbraio scorso nell’ambito dell’inchiesta che ruota attorno a soldi dati nelle mani di un magistrato per ottenere in cambio la scarcerazione di alcuni capi e gregari del clan Bellocco (LEGGI).

Dalla gestione dei latitanti alla carica di “Padrino”

Dalla gestione dei latitanti alla carica di “Padrino”

Ha riferito al pm della Dda Antonio De Bernardo di aver conosciuto gli esponenti della famiglia Bellocco dal 1995 quando si fidanzò con la figlia di Rocco Bellocco che poi divenne sua moglie. E’ stato suo suocero ad introdurlo in ambienti criminali rosarnesi e a fargli conoscere gli uomini di vertice delle famiglie di ‘ndrangheta calabrese. Ha confessato di aver commesso diversi reati per la cosca, costruendo bunker, occupandosi della gestione dei latitanti, trafficando droga. Ha raccontato di aver ricevuto la carica di “Padrino” dallo zio Umberto Bellocco, l’unico a poterla concedere saltando le altre doti di ‘ndrangheta. “Quando mio zio Umberto Bellocco venne scarcerato nel 2014, voleva accentrare nuovamente a sé tutto il potere criminale e per tale motivo si scontrò con gli altri esponenti della ‘ndrangheta tra i quali Luigi Mancuso, ma anche i Pesce di Rosarno, attriti dovuti alla compravendita di droga passando dal porto di Gioia Tauro”. Un obiettivo fallito perché poi finì di nuovo in carcere: “la sensazione è che il suo arresto possa essere stato favorito dagli esponenti della stessa famiglia Bellocco, disorientata dalla politica criminale di zio Umberto, che contraddiceva e pretendeva di spazzare via 20 anni di accordi criminali tra le famiglie di ‘ndrangheta”.  E a questo punto  il pentito ha chiarito il motivo che lo ha spinto ad iniziare il 17 dicembre 2015 il suo percorso con la giustizia.

Sospettato di essere una fonte confidenziale e la paura di essere ucciso

“Volevo cambiare vita e temevo per la mia incolumità. In quel periodo avevo intuito di aver perso i favori dei Bellocco, avevo capito che la famiglia sospettava che io fossi una fonte confidenziale dei carabinieri, mi convinsi che i Bellocco potessero anche decidere di eliminarmi”. Spunta poi un manoscritto, composto da 22 facciate, firmato dalla stesso pentito, dal titolo “Andrea Mantella e Francesco Scrugli su Vibo Valentia, i due cognati”, che chiarisce di aver scritto nel corso dei 180 giorni dall’inizio della collaborazione, “perché dovendo trattare moltissimi argomenti con l’autorità giudiziaria di Reggio e non essendoci abbastanza tempo per farlo, mi appuntavo le cose da riferire”, pagine che poi consegnava agli inquirenti nel corso dei vari interrogatori.

Gli affari tra i Mancuso i Piromalli e i Molè

Sulla cosca Bonavota di Sant’Onofrio il collaboratore ha dichiarato che suo suocero Rocco Bellocco rappresenta la famiglia di ‘ndrangheta di riferimento nel Vibonese insieme alla cosca Anello di Filadelfia di cui pure i Bonavota erano alleati: “i Bellocco e queste due famiglie invece non legavano tanto con i Mancuso di Limbadi”. E’ stato il suocero a raccontargli il ruolo criminale di Vincenzo Bonavota nel Vibonese, colui che ha iniziato la faida che ha portato poi alla strage dell’Epifania. “Mio zio Umberto Bellocco al quale tutti i Bellocco, tutti i Bonavota erano letteralmente devoti ha concesso un’importante dote di ‘ndrangheta a Vincenzo Bonavota”. Ed è stato sempre Umberto Bellocco a presentargli gli esponenti della cosca Bonavota, riconosciuti al crimine di Polsi e in grado di aprire nuovi locali di ‘ndrangheta. Il pentito ha raccontato di aver conosciuto personalmente i fratelli Pasquale, Nicola, Domenico, Salvatore Bonavota, persone presentate come uomini di onore appartenenti alla ‘ndrangheta. Poi il discorso si sposta su Luigi Mancuso, capo dell’omonima cosca e sugli esponenti di vertice Giuseppe Mancuso, il figlio Domenico detto nikita e Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni. “Mio suocero mi disse che i Mancuso erano i referenti ‘ndranghetistici di tutto il Vibonese rispetto ai quali le altre famiglie, esclusi i Bonavota, non erano che satelliti. Erano stati i mandanti dell’omicidio Versace, alleato dei Bellocco, per tale motivo non vi erano buoni rapporti tra le due famiglie”. Riferisce di aver appreso sempre dal suocero Rocco Bellocco, che il riconoscimento al crimine di Polsi oltre ai Bonavota ce l’avevano anche i Mancuso e che i Bonavota e i Mancuso erano le famiglie di ‘ndrangheta più importanti del Vibonese in grado di aprire nuovi locali e farli riconoscere a Polsi. “Che io sappia, anche se i Mancuso hanno ottimi rapporti con le cosche di Gioia Tauro, Piromalli e Molè, sono riconosciuti direttamente da Polsi. In pratica le due famiglie del Vibonese che possono interloquire direttamente con Polsi sono i Bonavota e i Mancuso, mentre le altre in un modo o nell’altro hanno bisogno di un esponente riconosciuto che faccia da tramite”.

L’omicidio deliberato dalla Commissione di ‘ndrangheta

Il pentito ricorda un episodio avvenuto in sua presenza durante il banchetto nuziale tra Salvatore Mantella e la sorella di Mario De Rito: il suocero avvertì espressamente Damiano Vallelunga di stare attento, perché sapeva che sarebbe stato ucciso. E in quella circostanza Vallelunga rispose di non avere paura di nessuno. Il boss di Serra San Bruno è stato freddato nel novembre del 2009 a Riace nell’ambito della faida dei boschi e il pentito ha precisato che la sua morte era stata deliberata dalla commissione di ‘ndrangheta “altrimenti un esponente di quel rilievo non poteva essere ucciso”.  Le famiglie più importanti, secondo il collaboratore di giustizia, che facevano parte di questa Commissione sono i Bellocco-Pesce- Pelle “gambazza” Strangio, Alvaro di Sinopoli, Trimboli e Commisso, le famiglie di Africo: “Quindi, quando parlo della decisioni di Polsi o del riconoscimento da parte di Polsi o della Commissione mi riferisco all’insieme dei referenti più importanti delle famiglie del Reggino che ho appena elencato. E’ al confronto di questo organismo che i Bonavota e i Mancuso sono riconosciuti”. Le prerogative principali di questo organismo, in base al dichiarato del collaboratore, attengono essenzialmente all’autorizzazione ad aprire locali di ‘ndrangheta e al benestare per l’eliminazione fisica di capi clan come Damiano Vallelunga.

Il vano tentativo di uccidere il boss

Il collaboratore si spinge oltre, parlando del tentativo di far fuori il boss Luigi Mancuso, raccontando che lo zio Umberto Bellocco mandò lui e il cugino ad organizzare un incontro con il boss di Limbadi: “Mio zio voleva percepire a titolo di estorsione sui quantitativi di droga che passavano dal porto di Gioia Tauro. Ricordo che l’incontro venne organizzato recandoci da un vecchietto, favoreggiatore di Luigi Mancuso, il quale aveva dei terreni tra Rosarno e Limbadi, visto che entrambi i boss erano sottoposti alla sorveglianza speciale”. Luigi Mancuso, a detta del collaboratore, si rifiutò con dei pretesti di partecipare all’incontro provocando l’ira di Umberto Bellocco tanto da decise di uccidere proprio Luigi Mancuso, mandando un’ambasciata attraverso Vincenzo Albanese e suo cugino: dal porto di Gioia Tauro non doveva passare più nulla senza il suo volere. Tutti i rappresentanti della famiglia Bellocco erano d’accordo con lo zio  Umberto Bellocco “nel senso che secondo loro a livello di ‘ndrangheta lui aveva in teoria il potere di prendere queste decisioni, nonostante sul Porto di Gioia Tauro vi fosse anche l’influenza dei Pesce (che però erano assolutamente a lui sottomessi e che lui persino maltrattava) ed ovviamente dei Piromalli che peraltro erano alleati dei Mancuso”. In famiglia però ritenevano che questa nuova politica criminale dello zio Umberto fosse troppo azzardata, fondandosi su accordi consolidati che lo stesso voleva mettere in discussione. La vicenda poi non ebbe un seguito perché Umberto Bellocco venne arrestato poco dopo.

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