Rinascita Scott, la discesa all’inferno dell’ex promessa della Vibonese: dal sogno Salernitana al carcere

L’alcol, la droga, il tentato omicidio in Piazza Municipio e l’accoltellamento: la vita spericolata di Loris Palmisano raccontata al pm antimafia Annamaria Frustaci

di Mimmo Famularo – Un ragazzo come tanti altri con il sogno di diventare calciatore. Loris Palmisano quel sogno l’ha quasi trasformato in realtà ma, all’improvviso, il destino ha deciso di voltargli le spalle. Così dopo l’ascesa verso la prima squadra è iniziata la discesa all’inferno. Da calciatore a imputato nel maxiprocesso “Rinascita Scott” dove è accusato di associazione mafiosa, estorsione, detenzione e spaccio di droga. Oggi si trova in carcere e da detenuto ha risposto alle domande del pm antimafia Annamaria Frustaci nell’esame al quale l’ormai ex aspirante giocatore professionista cresciuto nella Vibonese ha deciso di sottoporsi nell’aula bunker di Lamezia Terme.

Il sogno infranto di Loris

Il sogno infranto di Loris

Originario di Seminara, è arrivato a Vibo quando aveva dodici anni e ha iniziato a frequentare la scuola calcio della Vibonese. Classe 1996, difensore centrale, la sua scalata è stata velocissima. Non ancora maggiorenne, si è ritrovato in prima squadra e ha anche debuttato in Serie D. Quello che doveva essere il punto di partenza si è trasformato tuttavia nel punto d’arrivo e la sua carriera si è bruscamente interrotta. A raccontare al pubblico ministero la sua vita precedente, quella da calciatore, è stato lo stesso Loris Palmisano (difeso dall’avvocato Diego Brancia): “Sì, ho avuto un periodo un po’ particolare della mia vita, non lo escludo, in cui ho cominciato a fare uso di alcol, stupefacenti, dovuti sia alla causa della morte di mia madre sia al fatto che io giocavo a calcio. Mentre io giocavo nella Vibonese erano venuti a vedermi degli osservatori di una squadra che è attualmente in Serie A, la Salernitana. Mi volevano prendere per portarmi con loro a Salerno, poi è successo  che la Vibonese per mandarmi aveva chiesto dei soldi alla società della Salernitana e la Salernitana gli aveva risposto dicendogli che loro già si assumevano tutte le spese economiche per mantenermi, perché giustamente dovevo andare lì, quindi mi pagavano il fitto, il mangiare, la scuola, mi pagavano tutto, no? Quindi non potevano dare altri soldi alla società della Vibonese. Allora la società della Vibonese per ripicca non mi mandò e non ha venduto il cartellino. Io ho continuato ancora a giocare con la Vibonese, ho avuto un infortunio al ginocchio che mi ha fatto stare fermo un paio di mesi. Da lì incominciai ad uscire la sera con gli amici, incominciai a bere, a fare uso di sostanze stupefacenti, ero arrabbiato per quello che era successo, poi mi ritornava in mente quello che io ho passato pure nella mia vita: la morte di mia madre, la morte di mio nonno, sono rimasto senza genitori, da solo, cioè cose abbastanza particolari. Purtroppo in quella circostanza ho avuto una debolezza, ecco”.

Dalla cronaca sportiva a quella giudiziaria

Da qui in poi la parabola di Loris Palmisano è diventata una caduta libera. Arrestato per detenzione di una pistola dopo una perquisizione domiciliare, il suo nome è finito per la prima volta su un casellario giudiziario e successivamente iscritto sui fascicoli di diversi procedimenti penali. Da incensurato a pregiudicato il passo è breve e così dal campo di calcio è passato alle aule di tribunale e al carcere con una condanna a tre anni di reclusione. Solo l’inizio di una vita purtroppo sempre più spericolata. Il suo nome cancellato dai taccuini delle cronache sportive finisce per riempire le pagine della cronaca nera. Nella notte del 10 luglio 2016 viene coinvolto e ferito in una sparatoria in piazza Municipio a Vibo per la quale è accusato di duplice tentato omicidio. Secondo quanto ricostruito dal pentito Bartolomeo Arena, una parola di troppo detta alla sua ragazza scatena una lite che sfocia in uno scontro a fuoco. Palmisano finisce in ospedale e per mettere pace interviene persino un uomo degli Alvaro di Sinopoli che media con i Lo Bianco. Così almeno racconta agli inquirenti Arena che si autoaccusa dell’accoltellamento che quasi costa la vita allo stesso Loris qualche mese più tardi. A colpirlo – secondo quanto dichiarato dal pentito – con nove fendenti sarebbe stato Francesco Antonio Pardea, ritenuto dalla Procura antimafia esponente di primo piano delle “nuove leve” della ‘ndrangheta di Vibo.

Accoltellato e vivo per miracolo

Al pm Annamaria Frustaci che in aula chiede delucidazioni sulla vicenda, Palmisano racconta di aver conosciuto una ragazza con la quale era andato a ballare alla discoteca “Atmosfera” di Catanzaro e di aver trascorso la notte insieme a casa a Vibo. “In mattinata – dice rispondendo alle domande del pubblico ministero – sono uscito per fare ritorno a casa mia quando ho preso la seconda rampa delle scale all’improvviso ho visto tre persone che mi hanno preso: uno da un braccio, l’altro dall’altro e un altro di dietro che mi ha dato queste coltellate”. Loris non fa i nomi dei suoi aggressori neanche in udienza e nega il coinvolgimento dello stesso Arena: “lo escludo categoricamente che lui ci fosse quella sera lì, cioè quella mattina lì”. Il pubblico ministero chiede allora notizie sul presunto coinvolgimento nell’azione di Francesco Antonio Pardea (che avrebbe avuto un interesse sentimentale sulla ragazza) e Palmisano risponde: “No, io l’ho appreso dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Arena dagli atti di Rinascita Scott (…). Io non avevo avuto in quel momento problemi con qualcuno, e l’unico pensiero che mi ero fatto era quello che magari questa ragazza era fidanzata con qualcuno, mi ha visto che io sono andato a casa di lei e si è ingelosito”. Vivo per miracolo, osserva Annamaria Frustaci che lo incalza. “Sono svenuto e dopo un po’ sono riuscito a svegliarmi, ad alzarmi, prendere la macchina e arrivare all’ospedale, non so nemmeno io – sottolinea Palmisano – come, perché ho riportato, otto o nove coltellate, di cui una mi ha bucato il polmone”. Il movente dell’accoltellamento resta un mistero: gelosia per aver trascorso la notte con una donna sbagliata o vendetta per il duplice tentato omicidio di piazza Municipio? Due inquietanti vicende sullo sfondo di “Rinascita Scott” che vede Loris Palmisano giocare nuovamente in difesa, non da calciatore ma da imputato. Stavolta per evitare di rimanere a lungo in carcere visto che per la Dda di Catanzaro sarebbe legato alla ‘ndrina dei “Pugliese-Cassarola” di Vibo e sarebbe anche autore di un’estorsione con l’aggravante mafiosa compiuta ai danni di un commerciante di abbigliamento vibonese.

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