di Gabriella Passariello- La patata bollente per far fuori Filippo Gangitano, detto “U Picciotto”, perché era bassino, esile, il clan Barba-Lo Bianco l’aveva data nelle mani del cugino Andrea Mantella, con il quale avevano dei segreti da tenere chiusi nel cassetto: il duplice omicidio di Callipo-Tavella e l’assassinio di Michele Neri, commessi su mandato dello stesso clan ai quali sia Mantella, ora collaboratore di giustizia che Gangitano appartenevano. Il pentito chiamato in aula dalla Dda di Catanzaro nell’ambito di un troncone del processo Rinascita Scott che si sta svolgendo in Corte di Assise riferisce i tentativi per evitare la condanna a morte del Picciotto, le riunioni per trovare soluzioni alternative che si sono rivelate vane per un clan che doveva rispondere al crimine organizzato di San Luca. E Gangitano doveva essere ucciso perché omosessuale. “In quel momento storico mi trovavo in semilibertà nel chiosco di mia madre, dove per così dire lavoravo. Vengo convocato da Francesco Scrugli, mi ha detto di passare in un negozio dove all’interno c’era Enzo Barba che mi aspettava con Carmelo Lo Bianco. Vado lì e mi dicono che Gangitano doveva essere ucciso”. Il pentito ne chiede i motivi: “qui si sono lamentati che addirittura adesso è andato a convivere con il suo uomo”.
Degradato con la cacca o esiliato in Germania: i tentativi per salvare Gangitano
Degradato con la cacca o esiliato in Germania: i tentativi per salvare Gangitano
Mantella rimane sorpreso perché invece conosceva l’abitudine del cugino ad andare a donne e vista la parentela che li legava inizialmente tenta di mediare, pur cosciente di non poter disobbedire ad un ordine “perché io ai tempi ero un sottoposto di Carmelo Lo bianco e di Enzo Barba”, ma prende tempo rientrando a casa della madre e si congeda con un “Va be poi vediamo”. Al pm antimafia Annamaria Frustaci riferisce di un incontro in cui erano presenti Filippo Catania e Paolino Lo Bianco durante il quale entrambi si erano messi in testa di uccidere Gancitano, che aveva il grado di camorrista, la seconda dote della ‘ndrangheta e dell’escamotage, qualora ne fosse stata accertata la sua omosessualità, di mantenerlo in vita facendolo però passare per un uomo di merda attraverso un rituale. Sarebbe stato sufficiente prendere un secchio e tre o quattro camorristi di pari grado che dovevano farci la cacca dentro, che andava un po’ diluita e con un pennello gli dovevano passare “l’intruglio” addosso. In questo modo sarebbe stato degradato, spogliato nel suo essere uno ‘ndranghetista. “La degradazione avrebbe comportato un problema per la cosca. Se veniva isolato gli puntavano addirittura l’indice, che tutti si allontanavano, Vibo non è Milano, Vibo è un paesone, quindi l’avrebbero saputo anche i bambini”. Poi si trova una nuova soluzione più praticabile, non lo avrebbero fatto diventare un uomo di merda ma lo avrebbero esiliato in Germania dove Gangitano aveva due sorelle, una opzione indolore.
Il timore che il picciotto potesse cantarsela
Nel corso delle riunioni, che a detta del pentito si sarebbero tenute all’interno del chiosco dove la madre vendeva frutta, al piano di sopra in cui c’era un appartamentino dove nessun carabiniere si sarebbe accorto di loro, ci si rese conto che il problema non poteva essere risolto in questo modo, perché Gancitano se la sarebbe cantata”, pur avendo chiesto Mantella a Filippo Catania di intercedere con Carmelo Lo Banco, il capo “ma il problema non era lui… si poteva soprassedere. Il problema era Vincenzo Barba che voleva assolutamente la sua morte ”. Il rischio che però potesse diventare un collaboratore di giustizia una volta diventato un uomo di merda ed esiliato in Germania dove aveva due sorelle era alto e i segreti da nascondere erano tanti. Il clan sarebbe stato tutto rovinato “Gangitano era custode di tantissimi segreti, il triplice omicidio…” Mantella sapeva di essere vincolato da quell’ordine e viene contattato da Carmelo Lo Bianco alias Piccinni che era il suo capo e da Enzo Barba, alias U Musichiere o U Mussi e Scimmia, “perché il provvedimento dovevo prenderlo io, mi hanno buttato la patata bollente: e’ tuo cugino e te la devi vedere tu”.
La condanna a morte di Gangitano
Il collaboratore di giustizia ricorda perfettamente il comando impartito: “Andreuccio devi prendere provvedimenti, perché qui hanno mandato l’ambasciata da San Luca”, precisando alla Dda che loro, ‘ndranghetisti, con la locale aperta su Vibo dovevano dar conto al Tribunale di omertà, al crimine organizzato, che a quei tempi era San Luca nella persone di Antonio Pelle e del figlio Giuseppe. La voce che Gancitano fosse un frocio, un gay, ormai era circolata e la vicenda andava sistemata altrimenti il clan Lo Bianco- Barba sarebbe stato sanzionato, il crimine organizzato non gli avrebbe più dato l’autorizzazione di conferire delle doti a Vibo. L’unica via di uscita era far fuori Gangitano, decisione a cui si pervenne dopo quindici, venti giorni di trattativa. “Filippo Catania all’ultimo incontro mi disse non c’è niente più da fare devi provvedere tu, punto il discorso è morto”.