di Gabriella Passariello- Amici, conoscenti e colleghi, favoriti fornendo loro notizie sullo stato delle pratiche e accelerando la trattazione di alcune cause. L’impianto accusatorio nei confronti dell’operatrice giudiziaria del Tribunale di Vibo Carmela Cariello imputata, con rito abbreviato, nel processo Rinascita Scott, si allarga in base alle ulteriori risultanze investigative acquisite e compendiate in una memoria integrativa depositata dai pubblici ministeri Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso. L’imputata è accusata di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione in atti giudiziari con l’aggravante della mafiosità, per aver fornito “uno stabile contributo” al clan Lo Bianco, punto di riferimento del sodalizio nel fornire informazioni e nell’anticipare o posticipare richieste di trattazione di cause. E i pm riferiscono al riguardo un episodio inedito risalente al 29 novembre 2019.
Le pratiche da velocizzare
Le pratiche da velocizzare
Carmela Cariello, detta Melina, in base a quanto riportato nella memoria integrativa, contatta un collega, dipendente del Tribunale di Vibo Valentia con la mansione di autista, che le confida di subire da giorni incessanti richieste da parte di una terza persona, chiedendole un favore: “che ‘bestemmia’ mi sta ammazzando, ieri sera, oggi pure… non posso più stare così… puoi vedere quel fatto”. Cariello consiglia il proprio collega su come comportarsi davanti a quelle richieste insistenti, riferendo che il proprio capo ufficio non stava più firmando le pratiche che lei stava preparando “eh eh si deve stare calmo sì, eh eh non è una cosa che possiamo, questa non mi sta facendo niente, gliene ho chieste un paio anche io, ma non ha fatto niente”. Subito dopo individua il numero di procedimento in trattazione e mentre stava per rassicurare il proprio interlocutore che l’avrebbe posto alla firma del magistrato, si accorge che quel provvedimento era scaduto giorno 11 novembre: “allora si tratta della milleseicentonovantasette, adesso gliela… no no questa, questa gli è scaduta l’undici novembre questa”. Immediatamente l’autista del Tribunale ribatte: “No tu hai detto che gliel’ hai buttata a quella di novembre per farla firmare, sì sono scaduti i trenta giorni” e la collega lo tranquillizza: “ Eh sono scaduti… questa dell’undici novembre, si si va bene adesso gliela faccio fare lunedì dai… adesso le non c’è”. Terminato quel discorso, l’autista del Tribunale formula un’altra richiesta all’operatrice giudiziaria: “senti qua me lo dici l’altro (…), quell’altro che sono passati i trenta giorni ad ottobre…”. Cariello effettua la ricerca, appurando che per tale pratica non erano ancora decorsi i termini di legge, che scadevano il successivo 6 dicembre “ok, vediamo quando gli è scaduto, no… questa scade il 6 dicembre”, esortando il proprio interlocutore: “quindi prima del 6 non parlare con questa ciao”. L’autista, prima di terminare la conversazione, specifica l’esistenza di un ulteriore fascicolo che gli interessa, ma del quale preferisce discuterne esclusivamente di persona “vedi che c’è un’altra, te lo racconto personalmente… poi te lo racconto personalmente questo”.
“Il campanello di allarme”
Per la Dda le modalità con le quali l’operatrice giudiziaria stabiliva le tempistiche per la gestione delle pratiche dell’ufficio appaiono non in linea con i principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, “poiché l’ordine cronologico di trattazione delle pratiche era fondato quasi esclusivamente su sollecitazioni esterne all’ufficio”. L’ultima affermazione, poi, proferita dall’autista si traduce per la Dda in un campanello di allarme, laddove, dopo aver trattato liberamente della velocizzazione di alcune pratiche senza alcuna forma di preoccupazione, precisa di voler discutere di un’ulteriore istanza con la collega, ma solo di persona, lasciando intendere come la propria richiesta “sarebbe stata caratterizzata da un’illiceità superiore rispetto alle altre già trattate”, temendo che le comunicazioni telefoniche potessero risultare poco sicure.
Quei favori ai Bonavota che inguaiano l’autista del Tribunale
Un aspetto questo, che ha portato i pm ad operare alcuni approfondimenti sulle carte di interesse dell’autista, ricercando quei nominati nei cui confronti il dipendente del Tribunale si stava attivando. Nominativi, in base alle ricerche effettuate, riconducibili a personaggi con precedenti per omicidio o per associazione a delinquere di tipo mafioso. In sostanza per i pubblici ministeri della distrettuale di Catanzaro sembrerebbe che le richieste veicolate dall’autista a Carmela Cariello fossero tese a favorire persone legate ai Bonavota, consorteria di ‘ndrangheta di Sant’Onofrio.