Rinascita Scott, Pittelli passa al contrattacco e querela Petrini e Saraco

 di Gabriella Passariello- Scattano le querele dell’ex parlamentare Giancarlo Pittelli, detenuto da nove mesi in carcere, travolto nell’inchiesta della Dda di Catanzaro Rinascita Scott contro le cosche del Vibonese nei confronti dell’ex presidente della Corte di appello del capoluogo calabrese Marco Petrini e dell’avvocato Francesco Saraco, coinvolti nell’ indagine della Procura antimafia di Salerno diretta dal procuratore capo Giuseppe Borrelli, nome in codice “Genesi”, che fa luce su un sistema corruttivo all’interno della Corte di appello e della Commissione tributaria di Catanzaro. Querele formalizzate in seguito alle dichiarazioni rese dal magistrato e da Saraco e contenute nei verbali depositati dai pm della distrettuale al gip Claudio Paris durante l’udienza preliminare Rinascita Scott in corso a Roma nell’aula bunker di Rebibbia. In particolare, gli avvocati Salvatore Staiano, Guido Contestabile ed Enzo Galeota chiedono alla magistratura di aprire un’inchiesta per valutare le eventuali ipotesi di reato che il magistrato avrebbe commesso nel corso degli interrogatori del 5 e del 25  febbraio scorso, riferendo sull’omicidio Gentile e sul caso Delfino.

 “Petrini mente e calunnia”

 “Petrini mente e calunnia”

Petrini ha riferito di conoscere il noto legale catanzarese, in quanto difensore di imputati in procedimenti da lui decisi come presidente del collegio di Corte di appello, dichiarando il falso, secondo i legali di Pittelli: di aver ricevuto la promessa della dazione di una somma di denaro di 2.500 euro in cambio dell’esito favorevole di un processo a carico di un imputato da lui difeso, condannato in primo grado, collocando l’episodio in epoca successiva alla sua cessazione dalla carica parlamentare. “La proposta corruttiva fattami personalmente dall’avvocato Giancarlo Pittelli avvenne nei locali della Corte di appello e risale al 2016”. Petrini parla alla Dda di Salerno dell’omicidio Gentile, ucciso nei pressi dei giardini di San Leonardo e che ha come imputato Nicholas Sia. “Ribadisco che io ero relatore e la somma promessami da Pittelli non mi fu poi consegnata. Poi parla del  procedimento di Rocco Delfino: “mi fu promesso denaro ugualmente da Pittelli, si trattava di un procedimento di prevenzione patrimoniale per il quale si chiedeva la revocazione di un provvedimento di confisca definitivo emesso dal Tribunale di Reggio Calabria . Ricordo che il processo fu trattato alla presenza dell’avvocato Pittelli e dello stesso Delfino, il giorno precedente l’arresto di entrambi da parte della Dda di Catanzaro il 19 dicembre dell’anno scorso. Per questa vicenda la decisione non è stata adottata per quel che mi risulta. La promessa della somma di denaro per revisionare il provvedimento di confisca patrimoniale di Delfino  mi fu fatta da Pittelli nel novembre 2019 in Corte di appello. Ciò lo ricordo perché era in corso di trattazione il processo penale a carico di Nicholas Sia per il quale, come ho detto, ho accettato la promessa di 2.500 euro dallo stesso avvocato Pittelli”. Per i legali Petrini mente e calunnia:l’ex parlamentare non avrebbe tentato di corrompere né Petrini, né altri: “basterà rilevare- si legge nella querela- che secondo il racconto del magistrato all’asserito patto corruttivo non sia seguito alcun pagamento e Petrini ben si guarda dal fornire alcun dato che possa confermare le sue calunniose fantasie giacchè ogni dettaglio, una volta sottoposto a verifica avrebbe dimostrato la totale estraneità del suo narrato”. La riduzione della pena operata dal Collegio presieduto da Petrini, incalzano i legali nella querela “è il frutto esclusivo di plurime pronunce di merito e di una sentenza del Supremo collegio, non è stata certamente determinata da un’inesistente accordo corruttivo”. Riguardo poi la vicenda Delfino, Petrini afferma il falso, a detta dei legali, “ e cioè che l’offerta corruttiva fu avanzata nel novembre 2019 in Corte d’appello, riconducendola alla trattazione del processo penale a carico di Sia . Ma quel processo fu discusso dinanzi al collegio presieduto da Petrini in una sola udienza il 26 novembre 2019, quando l’avvocato Pittelli essendo impegnato al Tribunale di Reggio chiese di discutere nella seconda parte della mattinata, giungendo in aula quando la Corte si era già insediata. Al termine dell’udienza Pittelli con altri legali lasciarono l’edificio della Corte scortati dalla Polizia penitenziaria per il tentativo di aggressione da loro subito da parte dei parenti del ragazzo ucciso. “Non fu quindi materialmente possibile che l’avvocato Pittelli abbia parlato con Petrini prima o dopo la trattazione del processo Sia”. Riguardo poi ai rapporti formalmente tesi tra Petrini e Pittelli è da escludere  “ogni tipo di rapporto diverso da quelli istituzionalmente dovuti, tant’è che il noto penalista trattenuto da altri impegni professionali (si trovava a Reggio),  tarda ad arrivare e irritato da tale ritardo, Petrini avvicinò il codifensore di Sia e con fare spazientito lo apostrofò dicendo di riferire all’ex parlamentare che ogni minuto di ritardo  che avesse accumulato da quel momento in poi lo avrebbe sottratto alla discussione dell’avvocato Pittelli”.

“I tre poteri di Pittelli? Calunnie di Saraco”

Per quanto riguarda poi le dichiarazioni di Saraco, “non parla per conoscenza diretta, riferisce solo quanto asseritamente ascoltato da terzi,  senza peraltro essere in grado di dire chi siano i magistrati in combutta con l’avvocato Pittelli”. Secondo quanto riportato in querela, Saraco riferisce fatti generici, calunniosi, descrivendo Pittelli come colui che aveva in mano il potere politico, massonico e ‘ndranghetistico, ma “si guarda bene da citare un solo fatto che possa confermare le sue esternazioni. Dichiara che Pittelli gli è stato descritto come un soggetto che ha iniziato la sua attività politica grazie ai voti della ‘ndrangheta”,però non è in grado di dire quali delle varie locali di ‘ndrangheta abbia appoggiato Pittelli per le sue elezioni”. Paradossalmente afferma “che l’avvocato Pittelli sia stato sostenuto dalla criminalità organizzata, ignorando nello stesso tempo chi è stato a farlo e quale forma organizzativa lo aveva appoggiato”.

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