Romanzo Criminale contro il clan Patania, 12 condanne

Gambizzata a colpi di fucile davanti a un bar nel Vibonese, fratello condannato a 9 anni e 8 mesi

Un non luogo a procedere per morte del reo. La Corte di appello di Catanzaro ha, inoltre, ribaltato 4 assoluzioni in sentenza di condanna

di Gabriella Passariello

di Gabriella Passariello

Un non luogo a procedere per morte del reo, 8 condanne confermate e 4 assoluzioni ribaltate in condanna sono state sentenziate dalla Corte di appello di Catanzaro per i 13 imputati coinvolti nell’operazione “Romanzo criminale” contro il clan Patania di Stefanaconi,  accusati a vario titolo di associazione a delinquere di stampo mafioso, usura, estorsione, danneggiamento, porto, detenzione e cessione di armi anche da guerra con l’aggravante delle modalità mafiose. I giudici di secondo grado hanno sentenziato il non luogo a procedere per Cosimo Caglioti per intervenuta morte del reo, confermando le pene emesse dal Tribunale di Vibo Valentia il 12 marzo del 2017 a carico di Giuseppina Iacopetta, condannata a 14 anni; Saverio Patania a 15 anni; Salvatore Patania 15 anni; Giuseppe Patania 16 anni; Nazzareno Patania 12 anni; Andrea Patania, 9anni; Alessandro Bartalotta 10 anni di carcere e Caterina Caglioti 12 anni. La Corte ha ribaltato la sentenza di assoluzione in condanna per 5 imputati infliggendo a Bruno Patania 9 anni di carcere, Nicola Figliuzzi, 4 anni e sei mesi; Cristian Loielo 10 anni; Francesco Lopreiato, 10 anni di reclusione.

L’inchiesta antimafia aveva consentito di ricostruire i ruoli di quanti erano vicini al sodalizio, arrivando all’emissione di 11 provvedimenti di fermo emessi dalla Direzione distrettuale di Catanzaro nel mese di marzo 2014. Prima la ricostruzione degli omicidi, poi quella degli affiliati, grazie anche al prezioso contributo di diversi collaboratori di giustizia. In particolare la morte di Fortunato Patania, ucciso nel settembre del 2011 mentre giocava a carte, avrebbe scatenato la reazione rabbiosa della moglie, Giuseppina Iacopetta, la quale, secondo la dichiarazione di alcuni pentiti avrebbe dato mandato ai suoi figli “di fare in modo che il sangue dei rivali scorresse fin davanti la porta della sua abitazione”. Dopo la morte di Fortunato Patania sarebbe stata proprio Giuseppina Iacopetta, secondo l’accusa, a prendere le redini del clan insieme ai figli. A loro sarebbe spettato il potere di decidere il compimento delle azioni delittuose della cosca, gli omicidi di compiere,  così come il potere di dirimere controversie tra gli affiliati e di gestire il controllo del territorio.

Il collegio difensivo. Impegnati nel processo, tra gli altri, gli avvocati Salvatore Staiano, Enzo Galeota, Antonio Barilaro, Costantino Casuscelli, Antonio Larussa e Sergio Rotundo.

Redazione Calabria 7

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