Sanità, Codacons: Intramoenia fuori controllo dopo sequestro Gdf Catanzaro

Emergenza Covid

Sullo sfondo del sequestro operato dalla Guardia di Finanza di Catanzaro nei confronti di un dirigente medico dell’Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, si nasconde una delle voci più controverse del sistema sanitario nazionale. Ci riferiamo alle “Attività Libero-Professionale Intramuraria”, ALPI per gli addetti ai lavori. In buona sostanza è la possibilità offerta ai medici ospedalieri di esercitare la libera attività fuori dal normale luogo di lavoro ma utilizzando la struttura ambulatoriale e diagnostica pubblica. Per renderci conto della diffusione del fenomeno e, di riflesso, dell’inefficienza del sistema pubblico, basta considerare che nel più grande ospedale cittadino – si legge in una nota del Codacons – sono ben 165 i medici che hanno scelto di esercitare l’intramoenia.

Dal canto loro, i pazienti sono tenuti a pagare allo specialista una tariffa per il servizio usufruito mentre le prestazioni sono le stesse che il medico fornisce nell’ospedale, come se fosse in servizio. Questo sistema servirebbe, in teoria, a ridurre il fenomeno delle liste d’attesa consentendo l’accesso ad un canale sostenuto dal lavoro aggiuntivo dei medici che hanno scelto di svolgere l’attività di “intramoenia”, a costi calmierati e ad imposizione fiscale certa. E qui casca l’asino! Da una parte si è dilatato il significato di “intramoenia” dal latino “dentro le mura”, consentendo l’Alpi allargata, ovvero la possibilità di esercitare le prestazioni sanitarie direttamente negli studi privati. Dall’altra non è stato messo in opera quel sistema di controlli e verifiche di congruità – sostiene Francesco Di Lieto del Codacons – espressamente previsto dal legislatore. Il Codacons ipotizza un enorme danno erariale, laddove la vicenda balzata oggi agli onori delle cronache si rivelasse una “consuetudine”.

Dal canto loro, i pazienti sono tenuti a pagare allo specialista una tariffa per il servizio usufruito mentre le prestazioni sono le stesse che il medico fornisce nell’ospedale, come se fosse in servizio. Questo sistema servirebbe, in teoria, a ridurre il fenomeno delle liste d’attesa consentendo l’accesso ad un canale sostenuto dal lavoro aggiuntivo dei medici che hanno scelto di svolgere l’attività di “intramoenia”, a costi calmierati e ad imposizione fiscale certa. E qui casca l’asino! Da una parte si è dilatato il significato di “intramoenia” dal latino “dentro le mura”, consentendo l’Alpi allargata, ovvero la possibilità di esercitare le prestazioni sanitarie direttamente negli studi privati. Dall’altra non è stato messo in opera quel sistema di controlli e verifiche di congruità – sostiene Francesco Di Lieto del Codacons – espressamente previsto dal legislatore. Il Codacons ipotizza un enorme danno erariale, laddove la vicenda balzata oggi agli onori delle cronache si rivelasse una “consuetudine”.

Atteso che alcuni medici svolgendo attività intramuraria, percepiscono non solo degli emolumenti aggiuntivi (circa mille euro al mese) ma anche delle “agevolazioni”, sia per l’avanzamento della carriera sia ai fini del trattamento pensionistico. Mentre i pazienti non ottenendo ricevuta fiscale non possono detrarre nulla. Il Codacons, per questo motivo chiede all’Azienda Ospedaliera “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro, di chiarire quali attività di controllo siano state poste in essere per impedire quella che appare una vera e propria “truffa” ai danni dell’Azienda stessa con un evidente danno erariale. Anche perché – conclude la nota del Codacons – abbiamo avuto notizia che esista un’apposita struttura, all’interno dell’Azienda, deputata alla verifica ed alla congruità dell’attività posta in essere dai medici che svolgono attività “intramoenia”, che costa all’Azienda e, quindi, a tutti i Calabresi, centinaia di migliaia di euro l’anno.

Redazione Calabria 7

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