Di Damiana Riverso – Da oggi il superticket non esiste più. Una misura giusta, resa possibile grazie alle tante mobilitazioni sociali e sindacali. Il superticket scompare dalle spese per gli italiani dopo nove lunghi anni. Era stato introdotto da Berlusconi e Tremonti nel 2011, e aggiungeva una quota al già tradizionale ticket per le spese specialistiche. In questi anni, il superticket era stato oggetto di molti attacchi: gli utenti, hanno cominciato a preferire le strutture private rispetto a quelle pubbliche proprio a causa del costo elevato che aggiunto alle liste di attesa molto lunghe ha contribuito a un calo dei consumi e preferire il mondo privato.
Per abolire il superticket il Governo ha stanziato ben 550 milioni di euro all’anno che serviranno alle Regioni a rimpiazzare gli introiti mancati dalla tassa. Il denaro assegnato verrà distribuito a seconda del numero della popolazione esistente e dell’età. “Ogni volta che una persona non si cura come dovrebbe per motivi economici siamo dinanzi a una sconfitta per tutti noi e a una violazione della Costituzione. La salute viene prima di tutto” – ha dichiarato il ministro della salute Roberto Speranza. Alcune regioni lo avevano già abolito o ridotto, ora non esiste più per tutti gli utenti italiani che continueranno a pagare circa 36 euro a ricetta. Continueranno a restare esenti i portatori di patologie, chi ha meno di 6 anni o più di 65 e vivono con un reddito annuo inferiori a 36mila euro. Per il normale ticket che porta circa 1,3 milioni di euro annui i vari governi hanno promesso una riforma mai avvenuta. Si tratterebbe di graduarlo in relazione al reddito prodotto dal nucleo familiare fiscale, rapportato alla composizione del nucleo stesso sulla base di una scala di equivalenza. Ma siamo ancora lontani.
Per abolire il superticket il Governo ha stanziato ben 550 milioni di euro all’anno che serviranno alle Regioni a rimpiazzare gli introiti mancati dalla tassa. Il denaro assegnato verrà distribuito a seconda del numero della popolazione esistente e dell’età. “Ogni volta che una persona non si cura come dovrebbe per motivi economici siamo dinanzi a una sconfitta per tutti noi e a una violazione della Costituzione. La salute viene prima di tutto” – ha dichiarato il ministro della salute Roberto Speranza. Alcune regioni lo avevano già abolito o ridotto, ora non esiste più per tutti gli utenti italiani che continueranno a pagare circa 36 euro a ricetta. Continueranno a restare esenti i portatori di patologie, chi ha meno di 6 anni o più di 65 e vivono con un reddito annuo inferiori a 36mila euro. Per il normale ticket che porta circa 1,3 milioni di euro annui i vari governi hanno promesso una riforma mai avvenuta. Si tratterebbe di graduarlo in relazione al reddito prodotto dal nucleo familiare fiscale, rapportato alla composizione del nucleo stesso sulla base di una scala di equivalenza. Ma siamo ancora lontani.
Una grande vittoria, per ora, soprattutto per le sigle sindacali che ora però premono per misure strutturali per potenziare il servizio sanitario nazionale già al collasso e messo a dura prova dalla pandemia di Covid 19 che ha colpito il nostro paese. Ciò che serve sono fondi e assunzioni, non solo per il particolare periodo storico e sanitario che stiamo vivendo ma per rispondere ai sempre maggiori bisogni di prevenzione e cure.