Il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha concluso la relazione, accolta dal Presidente della Repubblica, relativa allo scioglimento, avvenuto lo scorso dicembre, per infiltrazioni mafiose del Comune di Pizzo. Il provvedimento si era reso necessario dopo l’arresto di Gianluca Callipo, allora sindaco del Comune del Vibonese, a seguito dell’operazione “Rinascita-Scott”. In manette era finito anche Enrico Caria, vigile urbano.
“Le circostanze analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del Prefetto -si legge. hanno rivelato una serie di condizionamenti nell’amministrazione comunale di Pizzo, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilità dell’istituzione locale nonché il pregiudizio degli interessi della collettività, rendendo necessario l’intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità”. A Callipo, stando alla relazione, viene contestato il contributo concreto, anche se non ne faceva parte, “al rafforzamento, alla conservazione e alla realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa operante”. Lo scopo, infatti, “era quello di commettere delitti tra i quali la corruzione e la coercizione elettorale, acquisire appalti pubblici e privati, ostacolare il libero esercizio del voto”. L’ex primo cittadino, come si evince dalla relazione del ministro, è indagato per l’omissione di “compiere qualsiasi atto amministrativo che potesse dare effettiva e concreta esecuzione a ordinanze emesse dagli uffici amministrativi del Comune di Pizzo ma anche per aver con la sua condotta privilegiato i suoi interessi imprenditoriali”.
“Le circostanze analiticamente esaminate e dettagliatamente riferite nella relazione del Prefetto -si legge. hanno rivelato una serie di condizionamenti nell’amministrazione comunale di Pizzo, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali, che hanno determinato lo svilimento e la perdita di credibilità dell’istituzione locale nonché il pregiudizio degli interessi della collettività, rendendo necessario l’intervento dello Stato per assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità”. A Callipo, stando alla relazione, viene contestato il contributo concreto, anche se non ne faceva parte, “al rafforzamento, alla conservazione e alla realizzazione degli scopi dell’associazione mafiosa operante”. Lo scopo, infatti, “era quello di commettere delitti tra i quali la corruzione e la coercizione elettorale, acquisire appalti pubblici e privati, ostacolare il libero esercizio del voto”. L’ex primo cittadino, come si evince dalla relazione del ministro, è indagato per l’omissione di “compiere qualsiasi atto amministrativo che potesse dare effettiva e concreta esecuzione a ordinanze emesse dagli uffici amministrativi del Comune di Pizzo ma anche per aver con la sua condotta privilegiato i suoi interessi imprenditoriali”.
Redazione Calabria 7