Sea Watch 3 bloccata a Reggio, “ignorata la sentenza della Corte di Giustizia Ue”

La denuncia dell’Ong: "L’Italia non può richiedere una certificazione non prevista dallo Stato di bandiera"
Sea Watch Reggio

Disposto il fermo amministrativo per la Sea Watch 3. Lo rende noto la ong tedesca: dopo oltre 13 ore di controlli a Reggio Calabria, dove era arrivata il 17 settembre con 427 migranti, le autorità hanno bloccato la nave “accusandoci, ancora una volta, di aver soccorso troppe persone”. Nei primi giorni di agosto era stato seguito un controllo programmato dello stato di approdo in cui sono state individuate lievi carenze. All’arrivo nel porto di Reggio Calabria l’organizzazione tedesca si aspettava un’ispezione di rettifica per le carenze; le autorità italiane hanno invece eseguito un Psc (Port State Control) esteso che è durato oltre 13 ore e il cui esito è stato il blocco della nave.

Le autorità italiane hanno concentrato le loro attenzioni sul numero di persone soccorse, mettendolo in relazione alla sicurezza della nave e sostenendo che rappresenti “un pericolo per le persone, le cose o l’ambiente”. La Sea Watch ricorda che Corte di Giustizia europea ha ribadito come il numero di persone soccorse “non possa essere il motivo del fermo di una nave. Non esiste alternativa a salvarle, non possono essere lasciate in mare ad annegare”.

Le autorità italiane hanno concentrato le loro attenzioni sul numero di persone soccorse, mettendolo in relazione alla sicurezza della nave e sostenendo che rappresenti “un pericolo per le persone, le cose o l’ambiente”. La Sea Watch ricorda che Corte di Giustizia europea ha ribadito come il numero di persone soccorse “non possa essere il motivo del fermo di una nave. Non esiste alternativa a salvarle, non possono essere lasciate in mare ad annegare”.

L’appello al Tar

In passato la Sea-Watch aveva presentato appello di fonte il Tar di Palermo che è stato poi inoltrato alla Corte di Giustizia europea. Il primo agosto 2022, la Corte di Giustizia europea ha dichiarato, afferma l’organizzazione non governativa, “che il salvataggio in mare è un dovere e che i controlli dello Stato di approdo non devono essere usati arbitrariamente contro le Ong”.

Nella sua sentenza, la Corte di Giustizia europea ha sottolineato che l’Italia “non può richiedere una certificazione che non è prevista dallo Stato di bandiera e che il numero di persone soccorse non è un motivo valido per la detenzione della nave. I controlli dello Stato di approdo possono continuare a essere effettuati, ma devono essere eseguiti nei tempi previsti o con un valido motivo”.

Commenta Johannes Bayer, membro del consiglio di amministrazione di Sea Watch: “Poco prima delle elezioni politiche, le autorità italiane stanno intensificando la criminalizzazione della migrazione e del soccorso civile in mare. Stanno ancora una volta cercando di impedirci di garantire il diritto alla vita e alla sicurezza delle persone in pericolo in mare. Nonostante i reiterati ostacoli, continueremo senza sosta il nostro lavoro di protezione e di assistenza delle persone in pericolo”.

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