Sequestrarono e mutilarono un anziano nel Reggino, tre condanne pesanti (NOMI)

Tutti i reati aggravati da modalità e finalità mafiose: i soldi chiesti per la liberazione servivano "per il mantenimento dei carcerati"
collaboratore reggino

Come aveva chiesto il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Walter Ignazitto, il gup Giovanna Sergi ha condannato a 20 anni di carcere ciascuno tre persone arrestate nel luglio 2022 per sequestro di persona, lesioni, rapina e tortura. Tutti reati aggravati dalle modalità e finalità mafiose.
In primo grado, con il rito abbreviato, quindi, sono stati giudicati colpevoli Renato Chirico Mediati, detto “Rocco”, di 56 anni, Mariano Domenico Corso, detto “Mario”, di 36, e Manuel Monorchio, di 37.
Secondo la Dda diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, tutti e tre gli imputati “con pluralità di violenze e gravi minacce, nonché agendo con crudeltà, cagionavano alla vittima acute sofferenze fisiche ed un evidente trauma psichico, sottoponendola ad un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”.

Chiesti 180mila euro per la liberazione

La vicenda risale all’11 luglio scorso e si sarebbe consumata nella zona nord della città, nella frazione Pettogallico. A far partire l’inchiesta è stata la denuncia della vittima che quel giorno è stata salvata dai carabinieri dopo che qualcuno ha sentito le sue urla provenienti da una stalla che si trova in un terreno di proprietà di Chirico Mediati. Lì Corso e Monorchio avrebbero minacciato “reiteratamente di morte” il soggetto, un ultrasettantenne, legandogli “mani e piedi con fascette di plastica e nastro adesivo, nonché con una catena metallica attaccata a un paranco appeso al tetto dell’immobile”.
Stando alla ricostruzione della squadra mobile, diretta da Alfonso Iadevaia, la vittima è stata imbavagliata con un foulard e con nastro adesivo per impedirle di chiedere aiuto. Gli indagati, “quale prezzo della liberazione”, volevano fare confessare all’anziano “la ritenuta sottrazione” di 180mila euro della quale pretendevano la restituzione. Soldi che sarebbero serviti “per il mantenimento dei carcerati”. Da qui l’aggravante mafiosa, riconosciuta anche dal gup, che si aggiunge a quella di aver adoperato sevizie e di aver agito con crudeltà nei confronti della persona sequestrata. Quest’ultima, infatti, è stata colpita con un’ascia con la quale gli indagati volevano tagliarle un dito. Tra le lesioni riportate dalla vittima, infatti, c’è la subamputazione di una falange. (ANSA)

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